ALTO ADIGE 09/01/2002
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IL CASO
TORNA L'INCUBO
DEL «NUCLEARE»

di Maurizio Dapor

Il Kashmir è un territorio che India e Pakistan si contendono sin dal 1947. La popolazione è in gran parte musulmana, con forti presenze di indù e buddhisti. Allorché l'esercito pakistano tentò di penetrarvi, il governatore di allora, il Maharaja Hari Singh, firmò l'annessione all'India consentendo SEGUE A PAGINA 45 ai soldati indiani di respingere i pakistani. L'Onu stabilì poi una linea di controllo che lasciava i territori del nord ai pakistani e il resto del Kashmir in mano indiana. Seguirono altre guerre tra India e Pakistan nel Kashmir: nel 1965, nel 1971 e nel 1999. A queste guerre si aggiunge una rivolta secessionista che, a partire dal 1989, ha provocato la morte di oltre 30 mila persone. Oggi la tensione tra India e Pakistan per il controllo del Kashmir è ulteriormente cresciuta: e, giova ricordarlo, India e Pakistan sono nazioni dotate entrambe di consistenti arsenali nucleari.
M.V. Ramana, fisico, è tra i fondatori della Coalizione Indiana per la Pace ed il Disarmo Nucleare. Con A. H. Nayyar, anch'egli fisico e cofondatore della Coalizione Pakistana per la Pace, Ramana ha recentemente pubblicato un'interessante analisi dei programmi nucleari di India e Pakistan. I due scienziati osservano innanzitutto quanto sia opportuno essere a conoscenza della storia e dello sviluppo degli arsenali nucleari dei due Paesi.
I programmi nucleari di India e Pakistan sono iniziati quasi immediatamente dopo che quei Paesi avevano ottenuto l'indipendenza. L'India costituì l'Indian Atomic Energy Commision nel 1948 con l'obiettivo di produrre energia ma con la consapevolezza che, se fosse stato necessario, le tecnologie nucleari e le conoscenze acquisite in quel settore sarebbero state utilizzate anche per altri scopi. Negli anni Sessanta, a seguito delle guerre con la Cina, alcuni esponenti politici indiani iniziarono a dichiarare esplicitamente l'opportunità che l'India si dotasse di un arsenale nucleare. Anche autorevoli scienziati, tra cui Homi Bhabha, appoggiarono apertamente quella proposta finché, nel 1964, il primo ministro indiano concesse all'Indian Atomic Energy Commision, guidata proprio da Bhabha, di studiare la tecnologia che serviva per costruire una bomba atomica. Il primo esperimento atomico indiano venne effettuato nel 1974, allorché venne fatto esplodere un ordigno al plutonio con una potenza di poco inferiore a quella della bomba di Hiroshima. Negli anni Ottanta Indira Ghandi avviò inoltre un programma per la produzione di missili balistici. I risultati di quel programma sono i missili indiani a lungo raggio che oggi possono viaggiare su distanze dell'ordine dei duemila chilometri.
Il programma nucleare pachistano nacque invece con l'istituzione dell'Atomic Energy Commision nel 1954. Lo sviluppo di armi nucleari iniziò tuttavia più tardi, a seguito della sconfitta subita dal Pakistan nella guerra con l'India del 1971, allorché nacque un movimento d'opinione favorevole alla costruzione della bomba atomica pachistana. Oggi si ritiene che il Pakistan sia riuscito a costruire da venti a quaranta bombe contenenti uranio arricchito e che ne produca ogni anno da quattro a sei. Inoltre sembra sia in grado di realizzare, a partire dal 1998, due bombe al plutonio ogni anno. Non si può inoltre escludere la possibilità che le tecnologie nucleari sviluppate in Pakistan possano venir vendute ad altri Paesi islamici. Sebbene le autorità pakistane abbiano sempre asserito di tenere sotto controllo gli armamenti nucleari del loro paese, ci sono molte ragioni per dubitare di simili affermazioni.
La prima di tali ragioni è rappresentata dalla semplice constatazione che è molto probabile la presenza, tra i militari e gli scienziati che lavorano al programma nucleare, di simpatizzanti dell'integralismo dei fondamentalisti islamici. Un'altra ragione, assai più grave, riguarda il processo con cui il programma nucleare pakistano è stato portato avanti: esso si è sviluppato in un clima che ha sistematicamente favorito acquisti illegali, palesi trasgressioni delle più elementari norme di sicurezza e deliberate violazioni degli accordi internazionali. L'intero programma è pertanto cresciuto incoraggiando contatti con personaggi equivoci ed in assenza di un serio controllo da parte delle autorità e delle istituzioni. Questo clima potrebbe aver favorito la vendita di importanti informazioni da parte di tecnici che desideravano trarre notevoli vantaggi e profitti economici dalle conoscenze acquisite. Nel corso di un controllo da parte dell'Onu è stato, ad esempio, rinvenuto un documento dei servizi segreti iracheni nel quale il Pakistan offriva assistenza tecnica all'Irak per la realizzazione di armi nucleari. E, va aggiunto, il problema della sicurezza delle tecnologie e degli arsenali nucleari riguarda, naturalmente, anche l'India.
Le inquietanti dimensioni degli arsenali atomici di India e Pakistan e lo stato di tensione del Kashmir trasformano dunque quella regione in una delle più probabili zone in cui un conflitto nucleare potrebbe concretamente aver luogo. A parere di Ramana e Nayyar la consistenza degli armamenti atomici di India e Pakistan si deve all'inadeguatezza della politica di non proliferazione occidentale che, sanzionando l'offerta di armi nucleari, non si è mai seriamente preoccupata di scoraggiare piuttosto la domanda. Se già prima dell'11 settembre c'erano le condizioni per un conflitto nucleare tra India e Pakistan è assai chiaro che oggi, dopo le accuse indiane al Pakistan di addestrare i terroristi islamici kashmiri, il sostegno del Pakistan alla guerra contro i Taleban e la soppressione delle sanzioni americane, le probabilità di un ricorso alle armi nucleari per il controllo del Kashmir sono considerevolmente aumentate.
Un rischio che incombe su tutto il pianeta.