Alto Adige 11/12/2001
http://www.altoadige.kataweb.it/altoadige/arch_11/bz/commenti/firme/ab11e.htm
L'ANALISI
NOI E BIN LADEN
TRE MESI DOPO
di Lucio Caracciolo
Tre mesi dopo, la guerra al terrorismo
è ancora nella sua fase iniziale. Una valutazione del suo grado
di successo è resa difficile dal fatto che si tratta di un conflitto
senza precedenti. Non c'è da conquistare una capitale nemica, da
sconfiggere uno Stato o un gruppo di Stati.
Si tratta invece di mettere in condizione
di non nuocere un SEGUE A PAGINA 4 SEGUE DALLA PRIMA
nemico insidioso e informale. In definitiva,
il successo potrà essere provvisoriamente dichiarato, almeno da
parte americana, se nei prossimi anni nessuno riuscirà a ripetere
un attacco analogo a quello contro Washington e New York, magari usando
armi di distruzione di massa.
La caduta del regime talibano è
un buon risultato. Ottenuto più rapidamente di quanto molti temessero.
Eppure gli stessi americani non si lasciano andare a entusiasmi e insistono
invece sulle difficoltà di una lunga guerra. Giacché un parziale
successo potrà essere annunciato - dal punto di vista della lotta
al terrorismo - solo con la cattura o l'uccisione di Bin Laden e dei suoi
maggiori associati. E anche in questo caso, sappiamo che al-Qaida è
capace di autoriprodursi per vie orizzontali, dato che è basata
su strutture largamente autosufficienti. Senza considerare le molte organizzazioni
parallele cui questo gruppo è legato.
I media enfatizzano gli aspetti militari
della guerra. La conquista delle città afghane ha senz'altro ridotto
lo spazio di manovra e la capacità offensiva di Bin Laden. Ma le
varie fazioni mujaheddin sono divise e si stanno già combattendo
fra loro - talvolta armi alla mano. E poi la guerriglia degli arabi-afghani
nelle montagne potrebbe rivelarsi una seria minaccia per gli anti-talibani
e per i soldati americani e occidentali che li supportano. In ogni caso
l'aspetto militare è il più visibile, ma non il più
importante nel conflitto contro i terroristi.
Conviene invece concentrarsi su due aspetti
meno spettacolari, eppure sostanziali. Il primo è l'azione di intelligence
e di polizia per disarticolare e/o infiltrare le reti del terrore. Molti
attentati sono stati sventati in questi mesi, e molti lo saranno. Per definizione
però i servizi segreti non possono pubblicizzare i loro successi,
se non eventualmente a molto tempo di distanza. Di qui un pregiudizio negativo
che li rende «colpevoli» degli attentati subìti, ma
non assegna loro alcun merito per quelli evitati. Ma la collaborazione
fra servizi alleati - oltre che con quelli russi, cinesi e di molti paesi
arabi - funziona come non mai. Un segno di quanto il mondo si senta minacciato
dalla destabilizzazione terroristica.
Il secondo aspetto è decisivo.
La nostra vittoria sarà, in ultima istanza, restare noi stessi.
E' la tenuta del fronte interno la vera unità di misura dell'andamento
della guerra. C'è ancora molta paura in giro per il mondo, soprattutto
in America e in Israele. Ma le democrazie occidentali hanno reagito con
sufficiente sangue freddo - o se preferite con sufficiente cinismo. Se
non ci faremo ossessionare dalla psicosi terroristica, se non stravolgeremo
le nostre leggi e le nostre abitudini, se sapremo sopportare altre perdite
civili con fermezza e con pazienza, i progetti di Bin Laden sono destinati
a fallire. Altrimenti, anche liquidando al-Qaida, avremo subìto
una sconfitta in termini di civiltà. E la qualità della nostra
vita associata ne soffrirà alquanto.