Brividi radioattivi
Pubblicato su Brescia Set  25.06.98 anno IV  n. 25

Cesio 137. Ogni volta che leggo sui giornali il nome di questa sostanza radioattiva un sottile brivido mi corre lungo la schiena. Infatti, perché evocarla se non per riferire che in qualche parte del pianeta, soprattutto in quella industrializzata, cosiddetta avanzata, è stata fusa qualche sorgente radioattiva o, peggio, è successo un disastro nucleare? Questa volta la nube radioattiva arriva da ovest, a causa della fusione di rottame radioattivo in Spagna, in quel di Algesiras, cittadina di fronte al Marocco a migliaia di chilometri di distanza dall'Italia. Se penso ai lavoratori ed alla popolazione coinvolta - quanta? e a che livello? - ed alla contaminazione del territorio spagnolo mi prende lo sconforto dell'addetto alla prevenzione, che ancora una volta non riesce a capacitarsi di come possano ripetersi fatti simili, fermo restando che abbiamo tutte le conoscenze necessarie e le risorse per evitarle o comunque contenerle al massimo livello. A quando l'Europa ecosostenibile? Per fortuna per quanto ci riguarda, da quanto dichiarato dal Direttore dell'Agenzia Nazionale per la Protezione dell'Ambiente (ANPA) e dal Ministro dell'ambiente Ronchi (non senza qualche ritardo di troppo), in Italia è arrivata solo una quantità irrisoria di particolato radioattivo, "tale da non comportare alcun pericolo". Fermo restando che a forza di sommare piccole quantità a piccole quantità non si sa dove si va a finire: quel che è certo è che il Cesio disperso nell'ambiente entra nella catena alimentare attraverso vegetali ed acqua, e a qualunque aumento di radiazioni corrisponde, nel tempo, un aumento di tumori.
Proprio questa ultima considerazione mi ha riportato alla memoria il problemino ancora aperto del Cesio 137  da anni depositato dai soliti ecofurbi nella ex cava Piccinelli in quel di Buffalora (v. Bresciaset n. 13 del 27 marzo 1998). Soprattutto perché si tratta di una cava in cui i rifiuti tossico nocivi e, almeno in parte, radioattivi sono immersi nell'acqua e quindi, alla lunga (ma un bel po' di anni sono già passati), possono contaminare la falda acquifera ed entrare nella nostra catena alimentare, o dei nostri figli. Non a caso nel gennaio 1994 l'allora Assessore all'ecologia del Comune di Brescia, su proposta della U.S.S.L., aveva ordinato alla proprietà di bonificare il sito entro cinque giorni! Adesso si sta ulteriormente valutando il problema con carotaggi, analisi delle acque ecc: a quando la bonifica?
Ma l'episodio spagnolo - anche se non ce n'era bisogno dopo quanto successo all'Alfa Acciai di Brescia nel maggio '97 (fusione di una sorgente di Cesio ed una di Cobalto) - ci offre lo spunto anche per riflettere ulteriormente sul pericolo radioattivo che corre la nostra provincia in considerazione della elevata concentrazione di fonderie ed acciaierie che fondono rottame e sulle misure messe in atto per evitarlo. A seguito dell'incidente dell'Alfa Acciai e in surroga di uno specifico  Decreto Ministeriale  sulle modalità di controllo dei rottami, che come al solito arriverà dopo anni di attesa lunga e infinita, l'Assessore regionale alla sanità ha emanato una ordinanza nel luglio 1997 che ordina a tutte le imprese che trattano e/o fondono rottami metallici a qualsiasi titolo di controllare scrupolosamente con una adeguata strumentazione tutto il rottame in ingresso. Da pochi mesi sono poi state emanate linee guida sui comportamenti da tenere in caso di riscontro di carichi con materiali radioattivi. Tutto a posto allora? Prima di tutto abbiamo visto che i fumi non hanno frontiere e l'ordinanza vale solo in Lombardia, mentre, stando in Italia, di acciaierie elettriche e di fonderie ve ne sono anche in altre regioni, a partire da Piemonte, Veneto, Friuli, Emilia Romagna e Toscana. Credo inoltre che nessuno oggi in Lombardia sappia documentare come si comportano tutte le imprese coinvolte, se attuano e in che modo i controlli previsti e se segnalano sempre alle autorità competenti il ritrovamento di materiali radioattivi. Ritrovare e segnalare materiale radioattivo comporta quasi sempre dei costi non indifferenti. La mia sensazione è che solo chi è stato scottato o coinvolto in qualche misura abbia l'esatta percezione della gravità del pericolo, anche riguardo alla sopravvivenza dell'impresa stessa, mentre nel resto delle imprese, pur a fronte di rilevanti investimenti in apparecchiature fisse e mobili,  vi sia ancora molto da fare in termini di formazione del personale, a partire da quello addetto ai controlli ma non solo, e di procedure da seguire nei vari controlli a cascata da effettuare seguendo le varie fasi lavorative. La gravità degli effetti dei ripetuti episodi di radiocontaminazione obbligano tutti i soggetti in gioco, a partire dagli imprenditori ma anche i lavoratori, i loro rappresentanti e le istituzioni deputate al controllo, ad alzare al massimo il livello di attenzione e a mettere in atto in ogni azienda rigorose e costanti procedure operative tali da non lasciare nulla al caso: sarebbe davvero imperdonabile.
 

Cimiteri nucleari
Pubblicato su Brescia Set  09.07.98 anno IV  n. 27

A proposito dei brividi radioattivi causati dall'episodio spagnolo di fusione di materiale radioattivo, sul quale peraltro le Autorità di quel paese, alla faccia della glasnost, forniscono informazioni col contagocce, si è tenuto a Brescia martedì 23 c.m. un convegno organizzato dall'Associazione Industriale Bresciana (A.I.B.) e dall'Azienda Sanitaria Locale (A.S.L.) di Brescia sul tema: "La radioattività nei rottami metallici, conseguenze e soluzioni". Molti gli elementi degni di nota sia sul piano scientifico sia su quello divulgativo, a partire dalla disamina dell'incidente all'Alfa acciai e di altri accaduti in altre parti del mondo. La necessità di garantire il futuro delle proprie aziende, perché di questo si tratta!, oltre che un dovere nei confronti dei lavoratori e della popolazione più in generale, ha spinto le maggiori imprese bresciane che riciclano rottami, Alfa acciai in testa, e l'A.I.B. a correre ai ripari ed a impadronirsi di metodi e tecniche all'avanguardia per scovare anche nel più remoto angolo di rottame sorgenti o materiali radioattivi, più o meno schermati da involucri o dal rottame stesso. La posta in gioco è talmente alta che i rappresentanti dell'A.I.B. hanno richiamato a più riprese tutti i soggetti in campo, imprenditori per primi, ad alzare l'attenzione e la guardia ai massimi livelli, fino a polemizzare con l'intervento del rappresentante  del Sindacato Nazionale dei Commercianti di Rottami (Assofermet) perché ritenuto troppo tranquillizzante. James Yusko del Dipartimento di Protezione Ambientale della Pennsylvania, U.S.A., ha illustrato alcuni dei 53 casi di fusione accidentale di sorgenti radioattive da lui stesso censiti, i più recenti sono accaduti in maggio e giugno 1998! Il 70% degli eventi hanno riguardato industrie che producono ferro e acciaio e i  radionuclidi più presenti sono stati il Cesio 137 (48%) e il Cobalto 60 (27%), gli stessi in gioco all'Alfa acciai. I casi  presentati hanno messo in rilievo l'enorme gamma e varietà di sorgenti radioattive entrate nel ciclo produttivo nei modi più strani ed impensati (parafulmini, misuratori di livello e di spessore, rivelatori di fumo, sorgenti medicali ecc). Anche se finora, per quanto se ne può sapere, si sono avuti effetti trascurabili sia sui lavoratori che sull'ambiente e sulla popolazione (almeno fino al recente episodio spagnolo) a fronte di enormi costi per la decontaminazione degli impianti, Yusko ha segnalato che, soprattutto nei casi in cui si sono dovuti ritirare dal mercato i prodotti (zappe, pentole in acciaio inox, attrezzature sportive ecc.) o è stata coinvolta direttamente la popolazione (abitanti di 1500 alloggi costruiti con tondino radioattivo prodotto in Taiwan ed esportato in U.S.A., la cui scoperta è avvenuta parecchi anni dopo la costruzione) si è assistito ad un elevato impatto sull'opinione pubblica, un vero e proprio incubo, ed una perdita di fiducia nelle Agenzie governative di controllo. Egli ha concluso osservando che non basta misurare, testare, fare manutenzione, conoscere il più a fondo possibile ogni evento, perché si tratta di una vera e propria sfida contro sorgenti che possono essere "irrilevabili", e quindi occorre monitorare prima e dopo la fusione sia i prodotti che le scorie ed i fumi. I tecnici dell'A.S.L. di Brescia hanno ricordato che dal 1990 si sono susseguiti diversi episodi di radiocontaminazione di diverso livello di gravità nella nostra provincia, sette i principali (Cesio 137, Cobalto 60 ed Americio 241), e illustrato le modalità ed il tipo di indagini messe in atto per valutare l'evento Alfa acciai, dalle quali è emerso che, fortunatamente, la esposizione a radiazioni ionizzanti da parte dei lavoratori è stata trascurabile e altrettanto l'impatto sull'ambiente esterno e sulla popolazione. Tutto l'acciaio contaminato è stato rintracciato e messo in sicurezza insieme alle polveri dell'impianto di depurazione ed abbattimento fumi. A proposito dei costi per un'azienda che abbia fuso accidentalmente sorgenti radioattive, la direzione aziendale dell'Alfa acciai ha dichiarato che, nonostante non vi siano stati danni a terzi, ha sostenuto un costo di oltre 10 miliardi di lire (65 giorni di mancata produzione dell'impianto coinvolto e di quelli a valle, pulizia impianti e temporaneo stoccaggio dei materiali contaminati), oltre ad aver fatto ricorso alla cassa integrazione per circa 200 lavoratori al giorno  per complessive 50.000 ore. Sempre in tema di costi aziendali, Jeff Boyle, della direzione aziendale della ditta Newport Steel degli U.S.A., ha dichiarato che ognuno dei 2 eventi accaduti nella sua acciaieria nel 1992 e 1993, fusione di sorgenti di Cesio 137, è costato 1.200.000 $ per la pulizia/decontaminazione, 1.200.000 $ per la mancata produzione e 2.500.000 $ per lo smaltimento del materiale contaminato. Quest'ultimo aspetto inquieta le nostre imprese, ma anche i lavoratori e la popolazione circostante nonché le autorità che devono disporre bonifiche di discariche abusive di materiale radioattivo (v. ad esempio la ex cava Piccinelli in quel di Buffalora), perché nel nostro paese non vi è tuttora la possibilità di conferire ad impianti autorizzati i materiali contaminati, con il risultato di dover stoccare presso le aziende interessate da incidenti di tale natura tonnellate e tonnellate di materiali radioattivi, veri e propri cimiteri nucleari, in attesa di una loro futura collocazione in siti idonei.
 
 

Cimiteri nucleari 2
Pubblicato su Brescia Set  23.07.98 anno IV  n. 29

Sempre nel corso del convegno organizzato il 23 giugno scorso dall'Azienda Sanitaria Locale (A.S.L.) di Brescia e dall'Associazione Industriale Bresciana (A.I.B.), la dr.ssa Anversa del Servizio Prevenzione Sanitaria dell'Assessorato alla Sanità della Regione Lombardia ha illustrato i provvedimenti presi dalla Regione nel 1997, subito dopo il "caso Alfa", per evitare il ripetersi di altri eventi simili, magari meno "fortunati". Questo perché, nonostante da anni vi fosse la consapevolezza nei tecnici e negli addetti ai lavori più avveduti della vulnerabilità delle nostre numerose e importanti fonderie ed acciaierie, nulla di sistematico era stato messo in campo dalle varie aziende, confidando come al solito nella buona e grande stella italica. Il tutto motivato dalla complessità e difficoltà della problematica, nonché dalla necessità di attendere l'emanazione di uno specifico Decreto interministeriale sulle condizioni di applicazione dell'art. 157 del Decreto Legislativo 230 del 1995, che recepisce alcune direttive comunitarie  EURATOM e prevede ormai da anni l'obbligo della sorveglianza radiometrica sui rottami metallici di qualsiasi provenienza destinati alla fusione.
L'incidente Alfa ha fatto sì che, visti i possibili risvolti negativi per i lavoratori, per l'ambiente esterno e per la popolazione, oltre che per il futuro stesso delle aziende, nel mese di giugno dell'anno scorso la Regione Lombardia rompesse ogni indugio e adottasse un provvedimento contingibile ed urgente della durata di un anno, ordinanza del Presidente della Giunta Regionale n. 57671 del 20/6/1997,  che concretizzasse l'obbligo della sorveglianza radiometrica da parte di ogni azienda che lavora con rottami a qualsiasi titolo. Per quanto riguarda le imprese che riciclano i materiali ferrosi e non ferrosi (fonderie ed acciaierie), l'ordinanza rende obbligatori una serie di controlli:
1)  misure di irraggiamento all'esterno di ogni "contenitore" usato per il trasporto del rottame prima di essere scaricato in azienda;
2)  ispezione visiva dei rottami al momento dello scarico del materiale. A tale proposito il personale deve essere adeguatamente formato ed addestrato a riconoscere possibili sorgenti e materiali radioattivi;
3)  misure radiometriche dopo la fusione su tutti i provini all'atto della produzione;
4)  misure radiometriche delle scorie e delle polveri derivanti dagli impianti di abbattimento fumi;
5)  installazione di sistemi per monitorare costantemente la radioattività delle aree più a rischio e di quelle dove stazionano normalmente i lavoratori.
Ogni azienda è stata lasciata libera di adottare i sistemi ritenuti più opportuni, anche in base ad una specifica valutazione del rischio, fermo restando l'efficacia ed efficienza dei controlli e la loro costante registrazione.
Dopo una prima reazione non del tutto favorevole da parte delle associazioni industriali - anche perché vi sono dei costi non indifferenti per l'acquisto della strumentazione e per il personale da adibire ed adeguatamente addestrare, comunque incommensurabilmente inferiori a quelli che hanno dovuto sostenere le imprese che hanno fuso accidentalmente sorgenti radioattive, senza considerare i "costi umani ed ambientali"  in alcun modo contabilizzabili - le aziende interessate al provvedimento, con il supporto delle stesse associazioni, hanno studiato e messo a punto le soluzioni operative più adeguate alle varie tipologie di attività ed alle relative dimensioni. La maggior parte delle imprese si è dotata di un sistema di controlli in ingresso dei rottami metallici, utilizzando sistemi di misura fissi o portatili a seconda delle situazioni.
In particolare l'A.I.B. ha commissionato studi ed operato strettamente con il Dipartimento di Ingegneria Nucleare del Politecnico di Milano per effettuare ricerche applicate sulla rilevazione di sorgenti gamma in carichi differenti di rottame, sulla sensibilità dei monitori portatili impiegati per il controllo radiometrico dei carichi di rottame e per definire un protocollo di prova per i portali strumentati destinati al controllo radiometrico dei carichi di rottame all'ingresso degli impianti di utilizzo.
Dal canto suo, la Regione, sempre in collaborazione con le associazioni industriali interessate, ha definito ed approvato il 6 aprile 98 una direttiva applicativa dell'ordinanza volta a risolvere una serie di problemi emersi in prima applicazione ed a indicare corrette procedure per l'effettuazione dei controlli ed i comportamenti da tenere in caso di ritrovamento di materiali o sorgenti radioattivi.
Il risultato è stato che in meno di un anno di applicazione della ordinanza sono stati rilevati dalle aziende più di 100 carichi di rottami metallici radiocontaminati, quasi tutti in provincia di Brescia e distribuiti su una decina di aziende o poco più. Sarà perché il rottame delle altre aziende è migliore o perché misurano poco e male? Questo la dr.ssa Anversa non ce l'ha detto, ma non c'è dubbio che la seconda ipotesi è quantomeno inquietante e da escludere attraverso una precisa opera di verifica.
I ritrovamenti hanno riguardato rottami la cui provenienza è quasi sempre nazionale o comunitaria, trasportati prevalentemente su gomma (80%) e quasi tutti di materiale ferroso (84%). Nel 55% dei casi era materiale metallico radiocontaminato (tubi, piastrine, dischi, trucioli, incrostazioni, pezzi vari), nel 17% dei casi erano vere e proprie sorgenti radioattive e nel 18% dei casi si trattava di quadranti di strumenti, parafulmini radioattivi e rivelatori di fumo.
Questi risultati significativi, che ci dimostrano quanto fossero necessari i controlli oltre a farci riflettere su cosa può essere successo in passato, uniti al fatto che il Decreto interministeriale è ancora in fase di stesura, hanno reso necessario prolungare di un anno l'ordinanza del 1997 fino al 30/6/99 con un nuovo atto del Presidente della Giunta Regionale, n. 61494 del 5/6/98.