Cesio
137. Ogni volta che leggo sui giornali il nome di questa sostanza radioattiva
un sottile brivido mi corre lungo la schiena. Infatti, perché evocarla
se non per riferire che in qualche parte del pianeta, soprattutto in quella
industrializzata, cosiddetta avanzata, è stata fusa qualche sorgente
radioattiva o, peggio, è successo un disastro nucleare? Questa volta
la nube radioattiva arriva da ovest, a causa della fusione di rottame radioattivo
in Spagna, in quel di Algesiras, cittadina di fronte al Marocco a migliaia
di chilometri di distanza dall'Italia. Se penso ai lavoratori ed alla popolazione
coinvolta - quanta? e a che livello? - ed alla contaminazione del territorio
spagnolo mi prende lo sconforto dell'addetto alla prevenzione, che ancora
una volta non riesce a capacitarsi di come possano ripetersi fatti simili,
fermo restando che abbiamo tutte le conoscenze necessarie e le risorse
per evitarle o comunque contenerle al massimo livello. A quando l'Europa
ecosostenibile? Per fortuna per quanto ci riguarda, da quanto dichiarato
dal Direttore dell'Agenzia Nazionale per la Protezione dell'Ambiente (ANPA)
e dal Ministro dell'ambiente Ronchi (non senza qualche ritardo di troppo),
in Italia è arrivata solo una quantità irrisoria di particolato
radioattivo, "tale da non comportare alcun pericolo". Fermo restando che
a forza di sommare piccole quantità a piccole quantità non
si sa dove si va a finire: quel che è certo è che il Cesio
disperso nell'ambiente entra nella catena alimentare attraverso vegetali
ed acqua, e a qualunque aumento di radiazioni corrisponde, nel tempo, un
aumento di tumori.
Proprio
questa ultima considerazione mi ha riportato alla memoria il problemino
ancora aperto del Cesio 137 da anni depositato dai soliti ecofurbi
nella ex cava Piccinelli in quel di Buffalora (v. Bresciaset n. 13 del
27 marzo 1998). Soprattutto perché si tratta di una cava in cui
i rifiuti tossico nocivi e, almeno in parte, radioattivi sono immersi nell'acqua
e quindi, alla lunga (ma un bel po' di anni sono già passati), possono
contaminare la falda acquifera ed entrare nella nostra catena alimentare,
o dei nostri figli. Non a caso nel gennaio 1994 l'allora Assessore all'ecologia
del Comune di Brescia, su proposta della U.S.S.L., aveva ordinato alla
proprietà di bonificare il sito entro cinque giorni! Adesso si sta
ulteriormente valutando il problema con carotaggi, analisi delle acque
ecc: a quando la bonifica?
Ma
l'episodio spagnolo - anche se non ce n'era bisogno dopo quanto successo
all'Alfa Acciai di Brescia nel maggio '97 (fusione di una sorgente di Cesio
ed una di Cobalto) - ci offre lo spunto anche per riflettere ulteriormente
sul pericolo radioattivo che corre la nostra provincia in considerazione
della elevata concentrazione di fonderie ed acciaierie che fondono rottame
e sulle misure messe in atto per evitarlo. A seguito dell'incidente dell'Alfa
Acciai e in surroga di uno specifico Decreto Ministeriale sulle
modalità di controllo dei rottami, che come al solito arriverà
dopo anni di attesa lunga e infinita, l'Assessore regionale alla sanità
ha emanato una ordinanza nel luglio 1997 che ordina a tutte le imprese
che trattano e/o fondono rottami metallici a qualsiasi titolo di controllare
scrupolosamente con una adeguata strumentazione tutto il rottame in ingresso.
Da pochi mesi sono poi state emanate linee guida sui comportamenti da tenere
in caso di riscontro di carichi con materiali radioattivi. Tutto a posto
allora? Prima di tutto abbiamo visto che i fumi non hanno frontiere e l'ordinanza
vale solo in Lombardia, mentre, stando in Italia, di acciaierie elettriche
e di fonderie ve ne sono anche in altre regioni, a partire da Piemonte,
Veneto, Friuli, Emilia Romagna e Toscana. Credo inoltre che nessuno oggi
in Lombardia sappia documentare come si comportano tutte le imprese coinvolte,
se attuano e in che modo i controlli previsti e se segnalano sempre alle
autorità competenti il ritrovamento di materiali radioattivi. Ritrovare
e segnalare materiale radioattivo comporta quasi sempre dei costi non indifferenti.
La mia sensazione è che solo chi è stato scottato o coinvolto
in qualche misura abbia l'esatta percezione della gravità del pericolo,
anche riguardo alla sopravvivenza dell'impresa stessa, mentre nel resto
delle imprese, pur a fronte di rilevanti investimenti in apparecchiature
fisse e mobili, vi sia ancora molto da fare in termini di formazione
del personale, a partire da quello addetto ai controlli ma non solo, e
di procedure da seguire nei vari controlli a cascata da effettuare seguendo
le varie fasi lavorative. La gravità degli effetti dei ripetuti
episodi di radiocontaminazione obbligano tutti i soggetti in gioco, a partire
dagli imprenditori ma anche i lavoratori, i loro rappresentanti e le istituzioni
deputate al controllo, ad alzare al massimo il livello di attenzione e
a mettere in atto in ogni azienda rigorose e costanti procedure operative
tali da non lasciare nulla al caso: sarebbe davvero imperdonabile.
Cimiteri
nucleari
Pubblicato
su Brescia Set 09.07.98 anno IV n. 27
A
proposito dei brividi radioattivi causati dall'episodio spagnolo di fusione
di materiale radioattivo, sul quale peraltro le Autorità di quel
paese, alla faccia della glasnost, forniscono informazioni col contagocce,
si è tenuto a Brescia martedì 23 c.m. un convegno organizzato
dall'Associazione Industriale Bresciana (A.I.B.) e dall'Azienda Sanitaria
Locale (A.S.L.) di Brescia sul tema: "La radioattività nei rottami
metallici, conseguenze e soluzioni". Molti gli elementi degni di nota sia
sul piano scientifico sia su quello divulgativo, a partire dalla disamina
dell'incidente all'Alfa acciai e di altri accaduti in altre parti del mondo.
La necessità di garantire il futuro delle proprie aziende, perché
di questo si tratta!, oltre che un dovere nei confronti dei lavoratori
e della popolazione più in generale, ha spinto le maggiori imprese
bresciane che riciclano rottami, Alfa acciai in testa, e l'A.I.B. a correre
ai ripari ed a impadronirsi di metodi e tecniche all'avanguardia per scovare
anche nel più remoto angolo di rottame sorgenti o materiali radioattivi,
più o meno schermati da involucri o dal rottame stesso. La posta
in gioco è talmente alta che i rappresentanti dell'A.I.B. hanno
richiamato a più riprese tutti i soggetti in campo, imprenditori
per primi, ad alzare l'attenzione e la guardia ai massimi livelli, fino
a polemizzare con l'intervento del rappresentante del Sindacato Nazionale
dei Commercianti di Rottami (Assofermet) perché ritenuto troppo
tranquillizzante. James Yusko del Dipartimento di Protezione Ambientale
della Pennsylvania, U.S.A., ha illustrato alcuni dei 53 casi di fusione
accidentale di sorgenti radioattive da lui stesso censiti, i più
recenti sono accaduti in maggio e giugno 1998! Il 70% degli eventi hanno
riguardato industrie che producono ferro e acciaio e i radionuclidi
più presenti sono stati il Cesio 137 (48%) e il Cobalto 60 (27%),
gli stessi in gioco all'Alfa acciai. I casi presentati hanno messo
in rilievo l'enorme gamma e varietà di sorgenti radioattive entrate
nel ciclo produttivo nei modi più strani ed impensati (parafulmini,
misuratori di livello e di spessore, rivelatori di fumo, sorgenti medicali
ecc). Anche se finora, per quanto se ne può sapere, si sono avuti
effetti trascurabili sia sui lavoratori che sull'ambiente e sulla popolazione
(almeno fino al recente episodio spagnolo) a fronte di enormi costi per
la decontaminazione degli impianti, Yusko ha segnalato che, soprattutto
nei casi in cui si sono dovuti ritirare dal mercato i prodotti (zappe,
pentole in acciaio inox, attrezzature sportive ecc.) o è stata coinvolta
direttamente la popolazione (abitanti di 1500 alloggi costruiti con tondino
radioattivo prodotto in Taiwan ed esportato in U.S.A., la cui scoperta
è avvenuta parecchi anni dopo la costruzione) si è assistito
ad un elevato impatto sull'opinione pubblica, un vero e proprio incubo,
ed una perdita di fiducia nelle Agenzie governative di controllo. Egli
ha concluso osservando che non basta misurare, testare, fare manutenzione,
conoscere il più a fondo possibile ogni evento, perché si
tratta di una vera e propria sfida contro sorgenti che possono essere "irrilevabili",
e quindi occorre monitorare prima e dopo la fusione sia i prodotti che
le scorie ed i fumi. I tecnici dell'A.S.L. di Brescia hanno ricordato che
dal 1990 si sono susseguiti diversi episodi di radiocontaminazione di diverso
livello di gravità nella nostra provincia, sette i principali (Cesio
137, Cobalto 60 ed Americio 241), e illustrato le modalità ed il
tipo di indagini messe in atto per valutare l'evento Alfa acciai, dalle
quali è emerso che, fortunatamente, la esposizione a radiazioni
ionizzanti da parte dei lavoratori è stata trascurabile e altrettanto
l'impatto sull'ambiente esterno e sulla popolazione. Tutto l'acciaio contaminato
è stato rintracciato e messo in sicurezza insieme alle polveri dell'impianto
di depurazione ed abbattimento fumi. A proposito dei costi per un'azienda
che abbia fuso accidentalmente sorgenti radioattive, la direzione aziendale
dell'Alfa acciai ha dichiarato che, nonostante non vi siano stati danni
a terzi, ha sostenuto un costo di oltre 10 miliardi di lire (65 giorni
di mancata produzione dell'impianto coinvolto e di quelli a valle, pulizia
impianti e temporaneo stoccaggio dei materiali contaminati), oltre ad aver
fatto ricorso alla cassa integrazione per circa 200 lavoratori al giorno
per complessive 50.000 ore. Sempre in tema di costi aziendali, Jeff Boyle,
della direzione aziendale della ditta Newport Steel degli U.S.A., ha dichiarato
che ognuno dei 2 eventi accaduti nella sua acciaieria nel 1992 e 1993,
fusione di sorgenti di Cesio 137, è costato 1.200.000 $ per la pulizia/decontaminazione,
1.200.000 $ per la mancata produzione e 2.500.000 $ per lo smaltimento
del materiale contaminato. Quest'ultimo aspetto inquieta le nostre imprese,
ma anche i lavoratori e la popolazione circostante nonché le autorità
che devono disporre bonifiche di discariche abusive di materiale radioattivo
(v. ad esempio la ex cava Piccinelli in quel di Buffalora), perché
nel nostro paese non vi è tuttora la possibilità di conferire
ad impianti autorizzati i materiali contaminati, con il risultato di dover
stoccare presso le aziende interessate da incidenti di tale natura tonnellate
e tonnellate di materiali radioattivi, veri e propri cimiteri nucleari,
in attesa di una loro futura collocazione in siti idonei.
Cimiteri
nucleari 2
Pubblicato
su Brescia Set 23.07.98 anno IV n. 29
Sempre
nel corso del convegno organizzato il 23 giugno scorso dall'Azienda Sanitaria
Locale (A.S.L.) di Brescia e dall'Associazione Industriale Bresciana (A.I.B.),
la dr.ssa Anversa del Servizio Prevenzione Sanitaria dell'Assessorato alla
Sanità della Regione Lombardia ha illustrato i provvedimenti presi
dalla Regione nel 1997, subito dopo il "caso Alfa", per evitare il ripetersi
di altri eventi simili, magari meno "fortunati". Questo perché,
nonostante da anni vi fosse la consapevolezza nei tecnici e negli addetti
ai lavori più avveduti della vulnerabilità delle nostre numerose
e importanti fonderie ed acciaierie, nulla di sistematico era stato messo
in campo dalle varie aziende, confidando come al solito nella buona e grande
stella italica. Il tutto motivato dalla complessità e difficoltà
della problematica, nonché dalla necessità di attendere l'emanazione
di uno specifico Decreto interministeriale sulle condizioni di applicazione
dell'art. 157 del Decreto Legislativo 230 del 1995, che recepisce alcune
direttive comunitarie EURATOM e prevede ormai da anni l'obbligo della
sorveglianza radiometrica sui rottami metallici di qualsiasi provenienza
destinati alla fusione.
L'incidente
Alfa ha fatto sì che, visti i possibili risvolti negativi per i
lavoratori, per l'ambiente esterno e per la popolazione, oltre che per
il futuro stesso delle aziende, nel mese di giugno dell'anno scorso la
Regione Lombardia rompesse ogni indugio e adottasse un provvedimento contingibile
ed urgente della durata di un anno, ordinanza del Presidente della Giunta
Regionale n. 57671 del 20/6/1997, che concretizzasse l'obbligo della
sorveglianza radiometrica da parte di ogni azienda che lavora con rottami
a qualsiasi titolo. Per quanto riguarda le imprese che riciclano i materiali
ferrosi e non ferrosi (fonderie ed acciaierie), l'ordinanza rende obbligatori
una serie di controlli:
1)
misure di irraggiamento all'esterno di ogni "contenitore" usato per il
trasporto del rottame prima di essere scaricato in azienda;
2)
ispezione visiva dei rottami al momento dello scarico del materiale. A
tale proposito il personale deve essere adeguatamente formato ed addestrato
a riconoscere possibili sorgenti e materiali radioattivi;
3)
misure radiometriche dopo la fusione su tutti i provini all'atto della
produzione;
4)
misure radiometriche delle scorie e delle polveri derivanti dagli impianti
di abbattimento fumi;
5)
installazione di sistemi per monitorare costantemente la radioattività
delle aree più a rischio e di quelle dove stazionano normalmente
i lavoratori.
Ogni
azienda è stata lasciata libera di adottare i sistemi ritenuti più
opportuni, anche in base ad una specifica valutazione del rischio, fermo
restando l'efficacia ed efficienza dei controlli e la loro costante registrazione.
Dopo
una prima reazione non del tutto favorevole da parte delle associazioni
industriali - anche perché vi sono dei costi non indifferenti per
l'acquisto della strumentazione e per il personale da adibire ed adeguatamente
addestrare, comunque incommensurabilmente inferiori a quelli che hanno
dovuto sostenere le imprese che hanno fuso accidentalmente sorgenti radioattive,
senza considerare i "costi umani ed ambientali" in alcun modo contabilizzabili
- le aziende interessate al provvedimento, con il supporto delle stesse
associazioni, hanno studiato e messo a punto le soluzioni operative più
adeguate alle varie tipologie di attività ed alle relative dimensioni.
La maggior parte delle imprese si è dotata di un sistema di controlli
in ingresso dei rottami metallici, utilizzando sistemi di misura fissi
o portatili a seconda delle situazioni.
In
particolare l'A.I.B. ha commissionato studi ed operato strettamente con
il Dipartimento di Ingegneria Nucleare del Politecnico di Milano per effettuare
ricerche applicate sulla rilevazione di sorgenti gamma in carichi differenti
di rottame, sulla sensibilità dei monitori portatili impiegati per
il controllo radiometrico dei carichi di rottame e per definire un protocollo
di prova per i portali strumentati destinati al controllo radiometrico
dei carichi di rottame all'ingresso degli impianti di utilizzo.
Dal
canto suo, la Regione, sempre in collaborazione con le associazioni industriali
interessate, ha definito ed approvato il 6 aprile 98 una direttiva applicativa
dell'ordinanza volta a risolvere una serie di problemi emersi in prima
applicazione ed a indicare corrette procedure per l'effettuazione dei controlli
ed i comportamenti da tenere in caso di ritrovamento di materiali o sorgenti
radioattivi.
Il
risultato è stato che in meno di un anno di applicazione della ordinanza
sono stati rilevati dalle aziende più di 100 carichi di rottami
metallici radiocontaminati, quasi tutti in provincia di Brescia e distribuiti
su una decina di aziende o poco più. Sarà perché il
rottame delle altre aziende è migliore o perché misurano
poco e male? Questo la dr.ssa Anversa non ce l'ha detto, ma non c'è
dubbio che la seconda ipotesi è quantomeno inquietante e da escludere
attraverso una precisa opera di verifica.
I
ritrovamenti hanno riguardato rottami la cui provenienza è quasi
sempre nazionale o comunitaria, trasportati prevalentemente su gomma (80%)
e quasi tutti di materiale ferroso (84%). Nel 55% dei casi era materiale
metallico radiocontaminato (tubi, piastrine, dischi, trucioli, incrostazioni,
pezzi vari), nel 17% dei casi erano vere e proprie sorgenti radioattive
e nel 18% dei casi si trattava di quadranti di strumenti, parafulmini radioattivi
e rivelatori di fumo.
Questi
risultati significativi, che ci dimostrano quanto fossero necessari i controlli
oltre a farci riflettere su cosa può essere successo in passato,
uniti al fatto che il Decreto interministeriale è ancora in fase
di stesura, hanno reso necessario prolungare di un anno l'ordinanza del
1997 fino al 30/6/99 con un nuovo atto del Presidente della Giunta Regionale,
n. 61494 del 5/6/98.