Avvernire 01/12/2001
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L'impianto
di Vinca ha prodotto decine di chili di materiale arricchito
L'avventura
atomica serba cominciò all'epoca di Tito
Nostro Servizio
VIENNA. (M.B.) Sospetti sull'esistenza
di un arsenale nucleare serbo esistono da anni. Ma muovono più da
ipotesi che da riscontri oggettivi. È vero comunque che già
dall'epoca di Josip Broz Tito la Jugoslavia ha sviluppato un programma
nucleare. Soprattutto nel centro di Vinca, poco lontano da Belgrado. Il
centro era finito sotto osservazione dopo il 5 ottobre del 1958, per un
guasto all'impianto ad acqua pesante che aveva provocato la morte di un
operatore. Si ritiene, comunque, che nel periodo precedente all'incidente
si possa essere prodotta una quantità di plutonio sufficiente a
costruire un ordigno nucleare.
L'impianto di ricerca è chiuso
ormai dal 1984, anche se per anni 60 chili di uranio arricchito e altamente
arricchito sono stati stoccati nell'Istituto Vinca. Nel '70 la Jugoslavia
ha sottoscritto il Trattato di non proliferazione mentre nel '97, dopo
una serie di ispezioni, l'Agenzia internazionale per l'energia atomica
(Aiea) si era detta «preoccupata» per lo stato di conservazione
del materiale. Secondo un rapporto della Federazione americani degli scienziati
(Fas) non ci sono però prove evidenti che questo materiale sia stato
convertito in armi, benché sia è più che sufficiente
per la fabbricazione di bombe tradizionali e "dirty bomb".
Ma proprio le "bombe sporche" e la loro
relativa facilità di fabbricazione preoccupa gli esperti di terrorismo,
che da mesi hanno tracciato i tre scenari "classici" della minaccia nucleare:
oltre alla "dirty bomb" (materiale radioattivo abbinato a esplosivo tradizionale
per moltiplicarne gli effetti radioattivi), a preoccupare è il possibile
attacco a strutture nucleari come centrali o centri di ricerca con aerei-kamikaze
o camion carichi di esplosivo; terzo scenario è invece l'utilizzo
diretto di ordigni sfuggiti al controllo di governi, come nel caso dell'ex
Unione Sovietica.
Mentre è diventato sempre più
difficile tenere sotto controllo la circolazione clandestina di materiale
nucleare. Interessantissimo è a questo proposito un rapporto pubblicato
un mese fa dalla Fas. Tra i dati analizzati balza agli occhi la testimonianza
fornita davanti alla Corte federale di New York da Jamal al-Fadi, legato
all'organizzazione di Benladen: l'agente ha affermato di aver organizzato
nel 1993 un incontro con un comandante sudanese a Khartum per negoziare
l'acquisto di un cilindro di uranio arricchito. Oppure, sul materiale proveniente
dall'ex Urss, si ricorda il sequestro a Praga, il 22 dicembre del '94,
di quasi tre chili di uranio trattato. Non va poi dimenticato che l'Aiea,
anche nel rapporto diffuso proprio ieri da Vienna, ha denunciato ben 175
casi di traffico di materiale nucleare dal '93 a oggi e 201 casi di commercio
clandestino di materiale radioattivo proveniente da processi medici o industriali.
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