Dal quartiere
generale di Vienna sono state segnalate in tre mesi venti sparizioni di
materiale fissile
«Sì,
al-Qaeda cercava l'uranio»
L'Onu vigila sui traffici: vanno controllati anche gli scienziati
Vincenzo Spagnolo
VIENNA. «Ci sono indicazioni credibili
che uomini di al-Qaeda abbiano tentato di acquistare materiali per fabbricare
armi nucleari. Ma finora, secondo le informazioni in nostro possesso, si
è trattato solo di tentativi». A Vienna, negli uffici Onu
dove ha sede il Terrorism Prevention Branch - il dipartimento delle Nazioni
Unite che si occupa di analisi e prevenzione dei fenomeni terroristici
-, l'attività di intelligence è in pieno fervore. Si interpretano
dati che arrivano da tutto il mondo, si formulano ipotesi.
Tra le più inquietanti, la possibilità
che l'organizzazione di Benladen sia in possesso di armi atomiche. A precisa
domanda però, il responsabile della speciale sezione, Alexander
Schmid, si limita a commentare: «Al momento, non abbiamo prove credibili
che Ossama Benladen o la sua organizzazione siano già entrati in
possesso del materiale necessario per realizzare un ordigno nucleare».
L'allarme, comunque, resta alto. Anche
perché l'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Iaea), nella
sua banca dati, continua a registrare episodi sospetti di sparizione di
materiale nucleare: in tutto, ben 550 dal 1993 a oggi. Uranio, plutonio,
mercurio rosso: secondo gli esperti, nel supermarket criminale delle sostanze
nucleari finisce di tutto. A volte si tratta di bufale, di materiale non
adatto spacciato per tale. Altre volte no: nei primi tre mesi del 2001,
ci sono stati almeno venti casi confermati di sparizione di sostanze radioattive
in diversi Paesi, fra cui Germania, Romania, Sudafrica e Messico. Buona
parte del materiale rintracciato negli ultimi anni, proverrebbe dai territori
dell'ex blocco sovietico.
Una volta in possesso del materiale adatto,
bisogna però saperlo combinare. Per questo «sarebbe opportuno
tracciare gli spostamenti degli scienziati con competenze in materia. Così,
se dovessero lasciare il proprio Paese d'origine per altre destinazioni,
saremmo in grado di controllare che non esportino anche le proprie competenze».
Ma quali sforzi sono stati fatti per mettere
in sicurezza depositi di armamenti e centrali nucleari presenti in aree
a rischio? Secondo il Terrorism prevention branch, esistono situazioni
da tenere sotto controllo, ma senza esagerati allarmismi: «Dagli
anni Novanta, gli Stati Uniti hanno avviato un programma per proteggere
materiale nucleare e altre sostanze presenti nelle aree critiche dell'ex
blocco sovietico. E anche altri governi, come quello inglese, hanno in
più occasioni fornito aiuto a repubbliche come la Georgia a esempio,
per custodire quel tipo di materiale».
Da tenere d'occhio anche alcune regioni
vicine all'Afghanistan: «La situazione in Kashmir è una di
queste, perché sia India che Pakistan sono Stati con disponibilità
di limitati arsenali nucleari». Più in generale, rilevano
gli esperti Onu, occorre «incentivare la scelta di ridurre a livello
mondiale gli arsenali di armi atomiche, oltre ad aumentare il numero di
ispezioni ai depositi di armi compiute da personale militare e civile».
Intanto, recenti indagini delle polizie
europee rivelano che i traffici vanno avanti. Finora però, segnalano
da Vienna, «in nessun caso si è trattato di materiale di quantità
o qualità sufficiente per la fabbricazione di un'arma atomica».
Per realizzarne una, infatti, servono parecchi chili - fra i cinque e i
venti - di materiale fissile di particolare purezza, ovviamente difficilissimo
da trafugare e da trasportare in grandi quantità.
Vincenzo Spagnolo