AVVENIRE 06/12/2001
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Dal quartiere generale di Vienna sono state segnalate in tre mesi venti sparizioni di materiale fissile
«Sì, al-Qaeda cercava l'uranio»

L'Onu vigila sui traffici: vanno controllati anche gli scienziati

Vincenzo Spagnolo

VIENNA. «Ci sono indicazioni credibili che uomini di al-Qaeda abbiano tentato di acquistare materiali per fabbricare armi nucleari. Ma finora, secondo le informazioni in nostro possesso, si è trattato solo di tentativi». A Vienna, negli uffici Onu dove ha sede il Terrorism Prevention Branch - il dipartimento delle Nazioni Unite che si occupa di analisi e prevenzione dei fenomeni terroristici -, l'attività di intelligence è in pieno fervore. Si interpretano dati che arrivano da tutto il mondo, si formulano ipotesi.
Tra le più inquietanti, la possibilità che l'organizzazione di Benladen sia in possesso di armi atomiche. A precisa domanda però, il responsabile della speciale sezione, Alexander Schmid, si limita a commentare: «Al momento, non abbiamo prove credibili che Ossama Benladen o la sua organizzazione siano già entrati in possesso del materiale necessario per realizzare un ordigno nucleare».
L'allarme, comunque, resta alto. Anche perché l'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Iaea), nella sua banca dati, continua a registrare episodi sospetti di sparizione di materiale nucleare: in tutto, ben 550 dal 1993 a oggi. Uranio, plutonio, mercurio rosso: secondo gli esperti, nel supermarket criminale delle sostanze nucleari finisce di tutto. A volte si tratta di bufale, di materiale non adatto spacciato per tale. Altre volte no: nei primi tre mesi del 2001, ci sono stati almeno venti casi confermati di sparizione di sostanze radioattive in diversi Paesi, fra cui Germania, Romania, Sudafrica e Messico. Buona parte del materiale rintracciato negli ultimi anni, proverrebbe dai territori dell'ex blocco sovietico.
Una volta in possesso del materiale adatto, bisogna però saperlo combinare. Per questo «sarebbe opportuno tracciare gli spostamenti degli scienziati con competenze in materia. Così, se dovessero lasciare il proprio Paese d'origine per altre destinazioni, saremmo in grado di controllare che non esportino anche le proprie competenze».
Ma quali sforzi sono stati fatti per mettere in sicurezza depositi di armamenti e centrali nucleari presenti in aree a rischio? Secondo il Terrorism prevention branch, esistono situazioni da tenere sotto controllo, ma senza esagerati allarmismi: «Dagli anni Novanta, gli Stati Uniti hanno avviato un programma per proteggere materiale nucleare e altre sostanze presenti nelle aree critiche dell'ex blocco sovietico. E anche altri governi, come quello inglese, hanno in più occasioni fornito aiuto a repubbliche come la Georgia a esempio, per custodire quel tipo di materiale».
Da tenere d'occhio anche alcune regioni vicine all'Afghanistan: «La situazione in Kashmir è una di queste, perché sia India che Pakistan sono Stati con disponibilità di limitati arsenali nucleari». Più in generale, rilevano gli esperti Onu, occorre «incentivare la scelta di ridurre a livello mondiale gli arsenali di armi atomiche, oltre ad aumentare il numero di ispezioni ai depositi di armi compiute da personale militare e civile».
Intanto, recenti indagini delle polizie europee rivelano che i traffici vanno avanti. Finora però, segnalano da Vienna, «in nessun caso si è trattato di materiale di quantità o qualità sufficiente per la fabbricazione di un'arma atomica». Per realizzarne una, infatti, servono parecchi chili - fra i cinque e i venti - di materiale fissile di particolare purezza, ovviamente difficilissimo da trafugare e da trasportare in grandi quantità.
 
Vincenzo Spagnolo