Avvenire Martedi 11 Dicembre 2001
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«Nella penitenza esprimiamo il nostro dolore per la sventura ma anche la condivisione con i bisognosi e l'impegno
per la giustizia»

«La nostra arma? Il digiuno»

Il Papa all'Angelus: ecco le ragioni del gesto di venerdì

Lorenzo Rosoli

«Auspico vivamente che il comune atteggiamento di religiosa penitenza accresca la comprensione reciproca tra cristiani e musulmani, chiamati più che mai, nell'epoca attuale, ad essere insieme costruttori di giustizia e di pace». Nell'Angelus di domenica Giovanni Paolo II ha rilanciato l'invito al digiuno di venerdì 14 dicembre «per implorare da Dio una pace stabile, fondata sulla giustizia». Un'iniziativa rivolta ai cattolici. Ma che «ha incontrato l'adesione - testimonia il Papa - anche da parte di fedeli di altre religioni, in particolare di ebrei e musulmani, come pure di tante persone di buona volontà».
Gli attentati dell'11 settembre negli Usa, l'ombra del terrorismo globale, i venti di guerra che soffiano forti sul pianeta, la reazione internazionale, le operazioni militari in Afghanistan, le vittime innocenti, gli orfani, i profughi... E poi la violenza che riesplode in Terra Santa, i mille focolai dimenticati nei cinque continenti, sullo sfondo quello "scontro delle civiltà" che alcuni paventano e combattono, altri auspicano e alimentano: «Nell'attuale complessa situazione internazionale, l'umanità è chiamata a mobilitare le sue migliori energie perché l'amore prevalga sull'odio, la pace sulla guerra, la verità sulla menzogna, il perdono sulla guerra», scandisce il Papa. Ma il credente sa che le sole forze umane non bastano a vincere il male. «La pace o la violenza germogliano dal cuore dell'uomo, sul quale Dio solo ha potere. Convinti di ciò, i credenti adottano da sempre contro i più gravi pericoli le armi del digiuno e della preghiera, accompagnandoli con opere di carità concreta», spiega Wojtyla.
Era il 18 novembre quando il Papa, sempre alla preghiera dell'Angelus, lanciava il primo invito al digiuno del 14 dicembre e alla preghiera per la pace del 24 gennaio ad Assisi, insieme ai rappresentanti delle altre religioni del mondo. Da allora non perde occasione per rilanciare l'iniziativa e precisarne spirito e stile. Come ha fatto l'altro ieri all'Angelus. «Il digiuno esprime dolore per una grave sventura, ma pure la volontà di assumerne in qualche misura la responsabilità, confessando i propri peccati ed impegnandosi a convertire il cuore e le azioni a una maggiore giustizia verso Dio e verso il prossimo. Digiunando - continua Wojtyla - si riconosce con fiduciosa umiltà che un autentico rinnovamento personale e sociale non può che venire da Dio, dal quale tutti radicalmente dipendiamo. Il digiuno consente poi di condividere il pane quotidiano con chi ne è privo, al di fuori di ogni pietismo o ingannevole assistenzialismo».
Uno degli aspetti già sottolineati il 18 novembre: «Ciò di cui ci si priva nel digiuno - disse Wojtyla - potrà essere messo a disposizione dei poveri, in particolare di chi soffre in questo momento le conseguenze del terrorismo e della guerra». A tal fine il Pontificio Consiglio «Cor Unum» ha aperto un conto corrente straordinario presso la Banca di Roma (c/c n. 101010 Pro Digiuno 14 dicembre, codice Abi 3002, codice Cab 5008, intestato a Cor Unum) e uno presso le Poste Italiane (c/c n. 603035, intestato al Pontificio Consiglio «Cor Unum», Città del Vaticano). A Natale Wojtyla annuncerà la destinazione delle offerte.
Domenica Giovanni Paolo II ha nuovamente auspicato che «l'intero Popolo di Dio» - dunque anche bambini e anziani, secondo le loro possibilità - possa compiere il digiuno di venerdì «in spirito di fede, di umiltà e di mitezza» e ha ringraziato i vescovi che in ogni diocesi stanno preparando le giornate del 14 dicembre e del 24 gennaio - senza dimenticare il 1° gennaio, Giornata mondiale della pace, sul tema Non c'è pace senza giustizia, non c'è giustizia senza perdono -. Questo digiuno cade in tempo d'Avvento. Ma venerdì è anche la fine del Ramadan. Da qui l'auspicio che «il comune atteggiamento di religiosa penitenza» accresca la comprensione fra cristiani e islamici perché, insieme, siano «costruttori di giustizia e di pace». Sabato, inoltre, il Papa aveva affidato all'Immacolata l'umanità minacciata dalla guerra. Un'invocazione ripresa all'Angelus: «La Vergine Maria che abbiamo solennemente celebrato e che anche i musulmani venerano con devota ammirazione, ci assista e ottenga per il mondo intero la pace».
 
Lorenzo Rosoli