Avvenire 15/12/2001
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Secondo New Delhi a colpire sono stati due gruppi estremisti del Kashmir, che però negano responsabilità
Attacco kamikaze, l'India accusa il Pakistan
Si acuisce la tensione tra i due Paesi: chiesto a Islamabad l'arresto dei leader separatisti
Riccardo Cascioli
Il giorno dopo il tragico assalto kamikaze
al Parlamento di Nuova Delhi, costato 12 morti e decine di feriti, il governo
indiano prepara la risposta. E il destinatario non è in discussione:
«Abbiamo l'evidenza tecnica - ha detto ieri il ministro degli Esteri
Jaswant Singh - che questo è il lavoro di organizzazioni terroristiche
che hanno le basi in Pakistan». E ha fatto anche i nomi: Lashkar-e-Taiba
(LeT) e Jaish-e-Mohammad, due gruppi estremisti che combattono per la separazione
del Kashmir dall'India.
Per questo il governo indiano, con un
cliché già sperimentato da Israele contro i palestinesi,
ha intanto chiesto a islamabad tre cose: bloccare le attività in
Pakistan di queste due organizzazioni; arrestarne i leader; congelarne
i fondi. Non solo,un portavoce del ministero degli Esteri ha anche aggiunto:
«Il Pakistan afferma d'essere contro il terorrismo, e ci attendiamo
che si attenga a quanto sostiene». Ovvia dunque, anche nelle parole,
l'intenzione di collocare la reazione all'interno della lotta internazionale
contro il terrorismo.
Peraltro il portavoce di Lashkar-e-Taiba,
Yahya Mujahid, ha subito risposto affermando che le accuse dell'India sono
«senza fondamento» e ha invece accusato i servizi segreti indiani
di aver orchestrato l'attacco. Preoccupata più che minacciosa la
risposta pachistana, affidata al portavoce delle Forze armate, generale
Rashid Qureshi: «L'India sta facendo tutti gli sforzi per creare
tensione con il Pakistan, ma pagherà caramente se si imbarcherà
in qualche avventura».
A dire il vero un anonimo ufficiale della
polizia di New Delhi ha detto che i terroristi del commando, tutti uccisi,
potrebbero essere venuti anche dall'Afghanistan: «Sulla base delle
loro caratteristiche fisiche e del colore della pelle -ha spiegato - riteniamo
che fossero del Kashmir, o la parte sotto il controllo indiano o quella
sotto il controllo del Pakistan, oppure dell'Afghanistan».
Ma per il governo indiano non cambia molto
e l'indicazione dei responsabili lascia pochi dubbi sulle prossime mosse.
Anche qui ci si può aspettare che l'India tragga insegnamento dal
comportamento del governo Sharon nei Terriotri occupati. Ovvero ci saranno
operazioni anti-terrorismo nella regione del Kashmir con l'obiettivo di
eliminare le basi dei terorristi e i campi di addestramento, cosa che porterà
a peggiorare ulteriormente i rapporti con il Pakistan, già a un
punto critico per gli sviluppi della guerra in Afghanistan. A dimostrazione
è uscita ieri un'intervista al presidente pachistano Musharraf sul
settimanale asiatico Far Eastern Economic Review, rilasciata prima dell'assalto
al Parlamento indiano, in cui il leader pachistano accusa l'India di muoversi
in Afghanistan con un solo obiettivo: «Come fare qualcosa contro
il Pakistan, qualcosa che danneggia la nostra causa».
Sicuramente dopo l'attentato a New Delhi
di giovedì, la posizione di Musharraf - sempre più somigliante
a quella di Arafat in Medio Oriente - si è ulteriormente indebolita.
I vertici militari pachistani già da giorni stanno rumoreggiando
perché ormai appare evidente che è ben poca cosa la contropartita
offerta dagli americani a Islamabad per il sostegno alla lotta contro gli
ex alleati taleban. Dagli Usa sono arrivati sì aiuti economici,
ma certamente non quelli militari sperati, anzi si stanno facendo sempre
più stretti i rapporti militari tra Washington e New Delhi. Inevitabile
perciò che a una offensiva indiana in Kashmir il Pakistan risponderà
dando maggiore sostegno ai gruppi separatisti, così che l'assalto
al Parlamento potrebbe essere solo l'inizio di una crisi che potrebbe minacciare
la regione.
Riccardo Cascioli