Brescia Oggi 01/12/2001
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Traffico nucleare
bloccato in Bosnia
Scoperti quattro
croati che tentavano di vendere materiale radioattivo. Al Qaida: altri
controlli in Lombardia
Fase di stallo e litigi alla conferenza
tra le delegazioni afghane a Bonn Gli Usa:
ora sappiamo dov’è bin Laden. Rumsfeld:
Talebani finiti
Inquietanti sviluppi nella lotta al terrorismo,
mentre anche in Lombardia continuano i controlli su sospetti affiliati
ad Al Qaida: quattro croati di Bosnia sono stati arrestati ieri dai carabinieri
italiani della Sfor e dalla polizia bosniaca dopo che avevano cercato di
vendere materiale che potrebbe essere utilizzato per fabbricare un ordigno
radioattivo. I quattro stavano cercando di contattare possibili acquirenti
di sostanze radioattive adatte alla costruzione di ordigni nucleari. Grazie
a una segnalazione di intelligence, all'appuntamento per il contatto si
sono presentati reparti dell'antiterrorismo bosniaci e un gruppo di carabinieri.
Secondo indiscrezioni della polizia bosniaca i trafficanti avrebbero consegnato
diversi involucri di piombo contenenti sostanze radiattive ed esplodenti.
Sul fronte afghano, intanto, gli Stati
Uniti non sferrano ancora il colpo finale contro Kandahar, ultimo presidio
dei Talebani, e intensificano invece le operazioni per la ricerca di Osama
bin Laden fra le montagne dell' Afghanistan sud-orientale. Il vicepresidente
degli Stati Uniti Cheney dichiara che il capo di Al Qaida è nascosto
«probabilmente» nelle grotte di Tora Bora, circa 60 km a sudovest
di Jalalabad, e ribadisce che verrà catturato e processato. Il Pentagono
lo sta localizzando grazie alle indicazioni del capo dell' intelligence
talebana, la cui defezione è stata confermata. Secondo il ministro
Rumsfeld i Talebani «non sono più una forza vitale».
Frattanto, la conferenza di Bonn sembra arenarsi su un contrasto fra i
sostenitori dell'ex re Zahir e il leader politico dell'Alleanza del nord,
Rabbani, che fa sapere che per garantire la sicurezza basterà una
forza multinazionale composta da non più di 200 uomini. (alle pagine
2 e 3)
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«Vendevano materiale radioattivo»
A Sarajevo i carabinieri della Sfor
arrestano 4 croati e bloccano un traffico di ordigni
Sarajevo. Quattro croati di Bosnia sono
stati arrestati ieri dai carabinieri della Sfor e dalla polizia bosniaca,
a Kiseljiak, a nord di Sarajevo, dopo che avevano cercato di vendere materiale
che, secondo fonti nella capitale bosniaca, potrebbe essere utilizzato
per fabbricare un ordigno radioattivo. A quanto si è appreso, i
quattro uomini stavano cercando di contattare possibili acquirenti di sostanze
radioattive adatte alla costruzione di ordigni nucleari.
Grazie a una segnalazione di intelligence,
all’appuntamento per il contatto si sono presentati questa mattina reparti
dell'antiterrorismo bosniaci e un gruppo di carabinieri della Msu, le unità
multinazionali specializzate, della Sforl la forza di pace della Nato in
Bosnia.
Secondo indiscrezioni della polizia bosniaca
i quattro trafficanti avrebbero consegnato diversi involucri di piombo
contenenti sostanze radiattive ed esplodenti. I contenitori, di forma rotonda
e alti tra i 25 e i 30 centimetri, avevano impresso il marchio della «Jna»,
l’ex esercito federale jugoslavo. In base alla descrizione fatta da fonti
locali il materiale sarebbe «esplosivo ceramico che, implodendo,
provoca un’altissima temperatura in grado di far esplodere le sostanze
radioattive contenute».
I quattro uomini sono stati condotti in
una caserma della polizia bosniaca a Sarajevo e sono sotto interrogatorio
da alcune ore.
La polizia di Kiseljiak, una zona abitata
in prevalenza da croato bosniaci, ha perquisito la casa di Vladimir Cvjetkovic
che sarebbe uno dei quattro arrestati. Il portavoce della Sfor, Zaryl Morrell,
ha dichiarato che «alcune unità sono coinvolte in un’operazione
che è ancora in corso, di supporto alla polizia della federazione
croato musulmana» ma non ha voluto fornire alcun ulteriore dettaglio.
Il portavoce dell’Iptf, la polizia delle
Nazioni Unite, Stefo Lehmann ha detto da parte sua che «il materiale
potrebbe essere un ordigno esplosivo pericoloso».
Da Sarajevo sono stati chiamati alcuni
tecnici in materia nucleare, che domani dovranno aprire gli involucri di
piombo ed esaminarne il contenuto.
L’operazione, la prima del genere in Bosnia
di cui si sia avuta notizia, è coperta dal massimo riserbo e le
informazioni filtrano con grande difficoltà.
Secondo uno dei massimi esperti in questioni
militari, Sasa Radic, serbo, in Bosnia esistevano industrie militari in
grado di produrre materiale radiaottivo per la «Jna», l’esercito
popolare della disciolta Jugoslavia. A detta di Radic però, si trattava
di elementi non adatti alla costruzione di bombe nucleari vere e proprie,
anche perchè la quantità disponibile era piuttosto scarsa.
Fonti dell’esercito serbo, che hanno chiesto
di restare anonime, ricordano che durante il conflitto bosniaco (92-95),
molte basi militari furono abbandonate e conquistate dall’una e dall’altra
fazione, ed è quindi possibile che contenitori del «Jna»
siano stati sequestrati o rubati per poi essere stati ultilizzati in vari
modi.