Espresso On line  - 29 novembre 2001

…Non hanno faccia, non hanno storia...


Sono divise, maschere di un cinema non sempre a lieto fine, sospese nel vuoto, in bilico su scale e cornicioni, a strisciare dentro inferni che bollono a 300 gradi, inalando gas, acidi e veleni. Che dormono, quando dormono, nelle caserme, in divisa, senza stivali, svegliati in piena notte da un allarme acusticamente più brutale di una stecca di Pavarotti e, un minuto dopo, già lanciati in missione. Si, il grande cuore dei pompieri. Non solo zuccherosa spazzatura. Ma il muscolo che infarta, in loro più che in chiunque altro. Lo dicono le ricerche di laboratorio, un cuore che aumenta di 47 battiti al minuto dopo l’allarme, cresce di altri 30 sull’autopompa in corsa, fino a toccare i 150-180 battiti durante l’operazione. Che può essere qualunque cosa. La delirante fantasia del disordine.

 Una rondine zoppa da salvare, tossici suicidi, l’ubriaco che si addormenta con la cicca accesa, fughe di gas, televisori che esplodono ascensori bloccati, bambini incastrati nelle inferriate, pitoni da catturare, cadaveri da estrarre, da tunnel o lamiere. E quando finisci col camion nella scarpata per spegnere un incendio, ti trovi non più idoneo, licenziato, senza pensione. E’ capitato a Flavio Frezza di Tolmezzo, 35 anni, ex vigile del fuoco dal 95’.

E’ un mondo che va verso la specializzazione estrema, ma noi restiamo dei manovali generici a cui si chiede di sapere fare tutto. Ci mandano allo sbaraglio. Non abbiamo mezzi, risorse, autonomia, però quando l’Italia chiama il pompiere deve correre e corre. Il nostro è un caso di mobbing collettivo…, dice Mario Biondi, vigile del fuoco da 25 anni. Devono improvvisarsi idraulici, falegnami, etologi, botanici, assistenti sociali e psicologi.
 Qualche volta padri in una favola del terrore.

Come Nando Broglio, che parlò un giorno e una notte ad Alfredino Rampi, che scivolava in fondo al pozzo di Vernicino, per tenerlo sveglio, per raccontargli la favola che quel rumore infernale, la trivella che bucava, era un Mazzinga buono che stava scendendo giù per salvarlo e che poi sarebbe salito sui loro camion rosso fiammanti con la divisa da pompiere. Riconoscimenti? Trasferito per eccesso di zelo e sospetto esibizionismo da telecamere. L’emergenza è costante. Per non parlare degli eventi calamitosi, che sono l’acqua d’inverno, il fuoco l’estate, gli incidenti sempre.

<La nostra è una struttura al collasso>, dice Enrico La Pietra del coordinamento nazionale, anche lui passato a Vernicino, due mani ustionate in servizio e mai indennizzate. <attrezzature modeste, vecchia tecnologia, sedi fatiscenti. E un organico in difetto di 20 mila unità>.

Adesso ci si mette anche l’emergenza antrace. Una circolare del ministero assegna ai vigili del fuoco il compito di prelevare e trasportare materiali sospetti. <Nessuno di noi è in grado di distinguere polvere di borotalco da spore di antrace. Non abbiamo informazioni, né attrezzature adeguate. L’allarmismo sulla carta è pari alla leggerezza nei fatti. Esiste un piano di sicurezza ma nessuno sa bene come attuarlo. In queste condizioni, il disastro sarebbe totale in caso di attacco biochimico>, dice Gianluca Nettuno, giovane pompiere che, a 31 anni, ha già visto tutto l’orrore possibile, ma l’immagine che più lo ha turbato resta il suicida pescato infondo a un lago della Val d’Aosta, elegantissimo, in giacca e cravatta, le suole bucate.

<Vediamo ogni giorno di tutto, scene strazianti, corpi mutilati e carbonizzati. I nostri colleghi francesi hanno uno psicologo di sostegno, noi siamo lasciati soli>