Rischi batteriologici e rischi nucleari: conseguenze
per la sicurezza mondiale
27-28 giugno 1997 - Como - Villa Olmo
http://www.mi.infn.it/~landnet/rapp27june97ita.txt
 

Riflessioni e Rapporto Finale

Prof. Maurizio Martellini,
Dip. di Fisica dell'Università di Milano,
Segretario Generale del Landau Network-Centro Volta (LNCV)
Dr.ssa Margherita Canepa,
Centro di Cultura Scientifica "A. Volta", Como

Il Forum "Rischi batteriologici e rischi nucleari: conseguenze per la sicurezza mondiale"
è stato organizzato dal Landau Network-Centro Volta (LNCV) con il supporto
dell'UNESCO Venice Office, del Ministero degli Affari Esteri, dell'ENEA e della
Regione Lombardia. Sono stati  approfonditi gli aspetti connessi con la conversione militare
degli apparati nucleari e biologici prodotti in cinquant'anni di guerra fredda,
nonché i problemi ambientali e gli effetti biologici e umani a seguito di
radiocontaminazione nucleare.
Il Forum rappresenta la più recente di una serie di iniziative avviate nell'ambito della
conversione  del settore militare al settore civile con l'Ufficio UNESCO.
Gli argomenti trattati costituiranno materia di dibattito per la futura
Scuola Internazionale UNESCO "Science for Peace" che avrà sede presso
il Centro di Cultura Scientifica "A. Volta".
 

1) Problemi ambientali
Si prevede che la popolazione, nei paesi in via di sviluppo, crescerà entro il 2050 a un ritmo
di 80 milioni di individui all'anno; in Africa, in particolare, raddoppierà entro il 2025
e triplicherà nel 2050. A fronte di un simile incremento demografico crescerà anche la domanda
globale di energia che, secondo le previsioni della International Energy Agency,
aumenterà  dal 34% al 46% nei prossimi 15 anni.
Il  fabbisogno energetico sarà coperto da combustibili fossili con una crescita media annua
intorno all'1,6% e raggiungerà nel 2010 il valore di 3000 Megatonnellate equivalenti (Mte)
di carbone (nel 1993 il consumo era di 2300 Mte).
Questo implicherà un aumento delle emissioni di CO2 in atmosfera tra il 36% e il 50%
a seconda che vengano attuate rispettivamente tecnologie di ottimizzazione dei rendimenti
energetici oppure politiche tariffarie.
Il contributo maggiore di emissioni di CO2 deriva dai paesi in via di sviluppo
e da quelli in cui si sta verificando una transizione socio-economica come
i paesi dell'ex Unione Sovietica. Si sottolinea che il consumo di energia in Russia
è tre volte superiore a quello dei paesi cosiddetti "sviluppati".
Quindi sia la tutela ambientale sia l'aspetto economico, connessi con l'incremento demografico,
impongono l'adozione di politiche di efficienza e risparmio energetico in grado di salvaguardare
il pianeta da un disastro ecologico che potrebbe assumere dimensioni incontrollabili.
Il Forum ha in particolare ribadito:
l'applicazione di tecnologie che rispettino le raccomandazioni finalizzate al
risparmio energetico
la riduzione delle emissioni in atmosfera attraverso l'uso di fonti energetiche non fossili
una politica di educazione dell'utente mirata al risparmio energetico
Uno studio di previsione in questo senso ha mostrato che, se nella Federazione Russa
venissero applicate le raccomandazioni volte all'efficienza energetica, si realizzerebbe
un  aumento del prodotto interno lordo pari allo 0,03% per ogni 1% di energia risparmiata.
Questo valore aggiunto potrebbe allora essere investito o per la dismissione delle centrali
atomiche o per garantire uno standard di sicurezza adeguato delle stesse.
 

2) Dismissione dell'apparato nucleare civile
Attualmente non esiste una normativa in materia di riconversione degli impianti nucleari
civili per produzione di energia elettrica (NPP) che descriva le fasi sino al
cosiddetto "Prato Verde", cioè lo stadio finale di dismissione delle NPP.
Inoltre manca una normativa nazionale e regionale sull'immagazzinamento dei combustibili esausti.
L'esperienza maturata fino ad oggi per trasformare la NPP in un "Prato Verde" è solo
sporadica - un solo caso in Germania e qualche esperienza su piccoli reattori di ricerca -
e i costi sono elevatissimi. Nella sola Federazione Russa, entro il 2020,
almeno 28 unità con una capacità totale di 20.242 MW elettrici dovranno essere chiuse;
attualmente sono state chiuse solo 4 unità.
I principi che devono regolare la dismissione di un apparato nucleare sia militare sia
civile devono essere essenzialmente:
il rispetto totale della sicurezza umana e della salvaguardia ambientale
il raggiungimento del più alto livello possibile di riconversione a scopi civili dei siti.
Il tempo necessario per dismettere una NPP fino allo stadio di "Prato Verde" è valutabile in
diverse decine di anni e, allo stato attuale, non ci sono nel mondo risorse
economiche specifiche allo scopo. Il Forum ha anzi evidenziato la mancanza di un vero
piano economico (identificazione delle fonti, valutazione costi/benefici ecc...) per la
dismissione delle NPP.
L'opzione preferita dai russi (ed espressa dal Prof. A. Abagyan,
Presidente dell'Agenzia di Controllo delle NPP) è di sostituire una NPP obsoleta con
una più sicura. Infatti il piano energetico della Russia  prevede di seguire la politica
energetica  nucleare per almeno altri 10 anni.
Tuttavia questa posizione della Federazione Russa è difficilmente condivisibile dagli europei
a causa della forte opposizione dei movimenti ambientalisti.
L'ing. G. Gherardi, Direttore della Divisione Energia dell'ENEA di Bologna e
coorganizzatore del Forum, ha altresì osservato come il problema prioritario nella fase di
smantellamento delle NPP sia la costruzione di depositi per materiali radiocontaminati e
combustibili esausti, garantiti per almeno 20-30 anni (tempo di decadimento necessario per
ridurre la radioattività dei materiali di 60 - 100 volte).
Il problema della decontaminazione delle strutture resta cruciale.
Dal Forum è infine emerso che le strategie di dismissione dell'apparato nucleare
devono riguardare tutti i "tipi" di reattori nucleari: quelli per la produzione di
energia elettrica (NPP), quelli per la ricerca, nonché gli impianti di arricchimento di
materiali nucleari e i sottomarini nucleari.
 

3) DISMISSIONE DELL'APPARATO NUCLEARE MILITARE: I Sotto-marini nucleari
Dal 1966 a oggi più di 150 sottomarini sono stati disattivati in Russia
(in America ne sono stati dismessi 170). Entro il 2000 nella sola Russia dovrebbero essere
smantellati altri 170-180 sottomarini nucleari. Oggi, secondo i ritmi attuali,
a causa della carenza di personale e delle scarse risorse finanziarie,
ne vengono dismessi 6 all'anno.
La dismissione di un sottomarino nucleare richiede la massima attenzione per evitare il
rischio sia di contaminazione sia di proliferazione.
La vita media di un sottomarino nucleare è intorno a 25 anni.
Due categorie di sottomarini russi destinate oggi alla dismissione sono la
Novembre-645 e la Alpha - attive rispettivamente dal 1963 e dal 1969 -
che utilizzano come combustibile uranio altamente arricchito fino al 90%,
soglia vicina al materiale nucleare "bombabile" (sufficiente a costruire la bomba atomica).
E' evidente il rischio di proliferazione nucleare nel caso in cui questo materiale venga
trafugato*.
Nel caso dei sottomarini nucleari i problemi tecnici principali sono:
trattamento delle strutture metalliche altamente radiocontaminate in scarti a radioattività
più bassa
immagazzinamento per lunghi periodi di tempo di ingombranti sezioni dei sottomarini che
includono il reattore nucleare. La scelta dei siti geologici è particolarmente difficile
perchè in questo caso si tratta di immagazzinare non blocchi vetrificati di combustibili
spenti altamente radioattivi, ma intere sezioni del sottomarino che potrebbero generare
radiocontaminazione per infiltrazioni di acqua.
Il Prof. A. Sarkisov, responsabile del Gruppo di Lavoro sulla dismissione dei sottomarini
della flotta nucleare dell'ex Unione Sovietica, ha sottolineato la drammaticità della
situazione: allo stato attuale l'immagazzinamento del reattore nulceare e dei combustibili
si realizza a bordo del sottomarino stesso, che rimane ancorato nei bacini di carenaggio.
Il numero dei sottomarini in queste condizioni supera il centinaio.
Il Prof. D.J. Bradley ha osservato che l'ammontare totale di radioattività associata agli
scarti radioattivi americani ed ex sovietici dell'apparato nucleare è dell'ordine di
1,7 miliardi di Curie. Questo valore, che pure rappresenta solo lo 0,4% della
radioattività totale naturale negli oceani, è in assoluto elevatissimo poiché
concentrato in aree geografiche molto ristrette, con gravi pericoli per l'ambiente e
la salute umana.
Il Forum ha rappresentato anche un punto di incontro e di progettazione futura con l'ENEA e
l'Ansaldo  per la preparazione di un programma di cooperazione internazionale nell'ambito
dell'Unione Europea allo scopo di individuare le tecnologie più appropriate e più rapide
per la dismissione dei sottomarini russi. Le tecnologie così individuate potrebbero essere
usate anche per la dismissione degli apparati nucleari civili.
In particolare l'Italia potrebbe contribuire con studi di fattibilità per
procedimenti di fusione dei metalli contaminati e del successivo trattamento in scarti
a basso contenuto radioattivo da realizzarsi direttamente in loco.
 

4) Chernobyl: effetti di radiocontaminazione
Un altro aspetto del Forum ha riguardato gli effetti cancerogeni associati all'incidente
nucleare di Chernobyl in Ucraina. Le forme di tumore rilevate riguardano la tiroide,
la mammella, il cervello e il sangue (leucemia cronica).
Si parla di 2.300.000 persone a rischio, di cui 317.000 bambini.
Come ha precisato il Dott. D. Gluzman, responsabile del Laboratorio di Oncologia
dell'Accademia delle Scienze Ucraina, non è possibile ottenere una statistica precisa
poichè fino al 1994 è mancata una diagnostica di base.
E' possibile tuttavia estrapolare alcuni dati: si è calcolato che negli anni dal '92 al '94
l'aumento di cancro alla tiroide nei bambini è stato in media di 40 casi su 100.000.
Più precisamente nel 1995 vivevano nelle 12 regioni dell'Ucraina più contaminate dalla
nube radioattiva di Chernobyl 3.319.021 bambini.
Nel Paese il numero assoluto di tumori maligni in bambini di età fino a 15 anni
rilevato nel 1995 è stato di 358 casi (cioè 10,7/100.000 abitanti) con una più elevata
incidenza nelle regioni maggiormente contaminate.
E' stato calcolato che dopo l'incidente i casi di leucemia nei bambini sono
passati da 4,4/100.000 a 5,3/100.000.
Un altro dato emerso dallo studio del Dott. Gluzman riguarda il tumore al cervello.
Si prevede entro il 2.000 un aumento di casi del 40-45% nei maschi e del 15-17% nelle femmine.
Il LNCV ha presentato al Forum i primi risultati di una recente analisi
dendrocronologica compiuta su sezioni di alberi dell'area comasca condotta dal
Laboratorio dell'ENEA di Bologna. E' stato messo in evidenza un aumento della concentrazione
di radiocarbonio di circa 2,5% in corrispondenza del 1986, anno dell'incidente di Chernobyl.
Il Forum ha evidenziato la necessità di predisporre un "libro bianco" sulla distribuzione
temporale nell'ambiente e nella catena alimentare di radionuclidi provenienti da incidenti
nucleari come quello di Chernobyl. E' stato altresì suggerito di allestire una banca
citologica allo scopo di verificare, sulla base di campioni "controllo",
gli effetti causati dalla radiocontaminazione.

5) Armi biologiche
Durante il Forum è stato affrontato per la prima volta il problema delle armi batteriologiche
ed è emerso un quadro per ora molto approssimativo della situazione.
Nel 1972 è stata firmata la convenzione per l'eliminazione delle armi biologiche ma,
dei paesi firmatari, almeno 25-30 hanno disatteso gli impegni assunti.
Il Dott. K. Berns, presidente dell'Associazione Americana per la Microbiologia,
ha sottolineato la difficoltà di indagine e di intervento dovuta alla natura
essenzialmente ambivalente degli agenti utilizzati per la costruzione delle armi batteriologiche.
Infatti  la maggior parte degli agenti utilizzati a scopo bellico coincide con
quelli utilizzati per il progresso scientifico e per uso farmaceutico.
Nel corso del dibattito sono state formulate le seguenti proposte:
definire normative atte a ostacolare la proliferazione di armi biologiche
acquisire una maggiore possibilità di accesso alle aziende farmaceutiche
allestire un catalogo internazionale degli agenti biologici bivalenti,
cioè di aggressione e per uso civile
catalogare le strumentazioni e le attrezzature di laboratorio necessarie alla
produzione di agenti per la realizzazione di bombe biologiche
(per esempio fermentatori e attrezzature per aerosol)
avviare una azione capillare di controllo dei laboratori dotati di strumentazione e
attrezzature di cui al punto d)
sviluppare sistemi per il rilevamento di agenti biologici
definire normative internazionali per il controllo delle infezioni nei grandi movimenti di massa
La sessione si è conclusa con la raccomandazione di creare, nell'ambito del
programma di attività della Scuola Internazionale UNESCO "Science for Peace",
un gruppo di lavoro scientifico allo scopo di studiare le conseguenze dell'uso improprio
delle scienze biologiche.
 

 
Nel Forum del 12-13 giugno sul contrabbando nucleare, organizzato dall'LNCV,
è emerso che i magazzini più a rischio dal punto di vista della sicurezza sono
i depositi della flotta navale nucleare russa.
Un caso particolarmente rilevante fu il trafugamento di 4,5 Kg di Uranio altamente
arricchito dal deposito della base navale di Murmansk nel giugno del '94
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Nota bene: E se fosse stato impiegato per lacostruzione di qualche ordigno nucleare tattico da impiegare in una guerra non convenzionale?