La Gazzetta di Parma
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Tanti rischi per i soldati italiani
Rumsfeld conferma: «In Afghanistan missione pericolosa». Partenza dopo Natale
 
BRUXELLES - I 600 militari italiani della forza di pace Onu in Afghanistan, passeranno il Natale a casa. E forse anche Capodanno. Parola di ministro della Difesa.
Per primi, in settimana - ha spiegato il ministro Martino - partiranno gli inglesi, che hanno la leadership della forza di pace. Poi una «piccola avanguardia» degli altri, tra cui una task force di militari italiani. Quando? «Alla fine di dicembre o ai primi di gennaio; sicuramente dopo Natale. Il grosso, a seguire».

Martino ha parlato ieri di Afghanistan in due importanti colloqui bilaterali, a margine della riunione semestrale dei ministri della Difesa Nato, a Bruxelles: con il segretario Usa alla Difesa, Donald Rumsfeld, e con il suo collega inglese, Geoffrey Hoon. E proprio da Rumsfeld il ministro italiano ha avuto conferma dei rischi di attentati terroristici che nei giorni scorsi aveva paventato: «E' vero - gli ha detto il segretario alla Difesa - si tratta di una missione ad alto rischio. Non è una parata militare».

Ma gli Stati Uniti, pur non essendo direttamente coinvolti nella forza di pace, daranno lo stesso il loro contributo, soprattutto per quanto riguarda l'eventuale attività di ricerca e soccorso di militari in difficoltà in territorio afghano.

«Se ci dovessero essere problemi, gli Usa farebbero la loro parte» - ha detto Martino.

Dal ministro della Gran Bretagna, il Paese che guiderà la forza di pace, Martino ha voluto sapere «quanto è ampia l'accettazione di questo contingente da parte del popolo afghano. Mi ha risposto che, entro certi numeri, tutti sono d'accordo, ma ad una condizione: che si tratti di una forza per così dire stazionaria, non itinerante sul territorio».

Gli incontri che ieri si sono succeduti a Bruxelles - bilaterali, allargati, plenari - non sono serviti a sciogliere i tanti interrogativi sulla composizione della forza di pace. Il ministro della Difesa spagnolo ha parlato di una prima fase a cinque: oltre alla Spagna e all'Italia, parteciperanno Gran Bretagna, Olanda e Germania. Altre fonti indicano, invece, una partecipazione, anche nelle battute iniziali, molto più vasta. Il contingente multinazionale, comunque, assumerà probabilmente la sua forma definitiva già venerdì prossimo, con il Military technical agreement che seguirà la risoluzione delle Nazioni Unite, prevista per giovedì. Entro la settimana, i primi militari britannici saranno sul posto; seguiranno altri piccoli gruppi - italiani compresi - e, il grosso della forza, a gennaio.

Ma quanti saranno? Martino ha spiegato che all'inizio si parlava di 3.000-5.000 uomini, «ma alla fine credo che saremo più vicini ai 3.000, perchè gli afghani troppi non ne vogliono». Nel pomeriggio, il ministro ha partecipato ad una riunione tra i 12-14 Paesi «interessati», ma i colloqui non cambieranno le cose per quanto riguarda l'Italia.

«Il contingente - ha affermato Martino - sarà di circa 600 unità, ed è difficile che si possa scendere di molto senza compromettere la sicurezza degli altri. Il numero, quindi, è quasi obbligato».

Sulla sua composizione, ancora niente di definitivo, anche se il ministro della Difesa ha indicato, per la prima volta, una serie di reparti che sicuramente ci saranno: i carabinieri del reggimento Tuscania, i parà del Col Moschin, il Genio, unità logistiche. Ma l'elenco è, evidentemente, incompleto. L'Italia, ormai è chiaro, metterà in campo un «battle group» del tutto autosufficiente ed autonomo, anche per quanto riguarda la sicurezza delle proprie unità: oltre ai militari indicati dal ministro, ci saranno, dunque, anche sminatori e reparti per la bonifica nucleare, batteriologica e chimica. Ma non mancheranno mezzi ruotati protetti e velivoli, come i temibili elicotteri «Mangusta», adatti a fornire copertura in un territorio non ancora del tutto pacificato. Del resto, lo stesso ministro Martino, davanti ai suoi colleghi dell'Alleanza, ha sottolineato i rischi della missione e, con i giornalisti, ha ammesso che avrebbe preferito che l'iniziativa in Afghanistan fosse stata in mano alla Nato: «è una delle cose - ha affermato - che mi sarebbe piaciuto fosse andata diversamente».

Intanto, anche se l'invio dei militari è imminente, l'attività tecnica di pianificazione prosegue a ritmi serrati: «ci sono una serie di riunioni, a vari livelli» - conferma il capo di Stato maggiore della Difesa, Rolando Mosca Moschini, che era con Martino a Bruxelles. «Ci sentiamo, studiamo, valutiamo». E Londra è la sede privilegiata di questi vertici.

Vincenzo Sinapi