GDM 01/12/2001

 http://www.gdmland.it/QUOTIDIANO/0112/IN_PRIMO_PIANO/NZ03/A02.asp

LA SCHEDA/ Cosa c'è dietro il traffico nucleare
La mafia bosniaco-croata
è legata ai radicali islamici
 

La scoperta di traffici di materiale radioattivo in Bosnia porta nuovamente alla ribalta il piccolo paese balcanico nel quale sono stati già accertati forti legami con il terrorismo internazionale in particolare con la Gia (Gruppi Islamici armati) algerina che fa attivamente parte della rete di Al Quaida. Il sequestro operato dall'MSU (Multinational Specialized Unit) dai nostri Carabinieri che operano in Bosnia sotto il comando dello Sfor non è, però, direttamente legato ai movimenti radicali islamici, ma alla mafia croato bosniaca. I fusti di materiale radioattivo sono, infatti, stati trovati a Kiseljiak un paesino a trenta chilometri da Sarajevo a forte maggioranza croata che durante la guerra civile è stato una delle roccaforti dell'HVO ovvero dell'esercito croato bosniaco. Già durante il conflitto Kiselijak era base del traffico di armi che arrivava dalla Croazia, ma, riferiscono nostre fonti, vi erano molti contatti anche con i militari in Serbia tanto che nell'ospedale locale venivano spesso curati soldati serbi feriti. I contatti con ambienti militari di Belgrado potrebbero spiegare la presenza dei fusti radioattivi sui quali è stampigliata la sigla dell'ex esercito jugoslavo ovvero JNA (Jugoslavenska Narodna Armija).
«Una delle ipotesi legate al recente sequestro - riferisce Gianandrea Gaiani direttore della rivista Analisi e Difesa (www.analisidifesa.it) - è proprio che dopo la caduta del regime di Milosevic (il quale specialmente negli ultimi anni aveva cercato di approvvigionarsi di armi chimiche e materiale radioattivo) si sia aperto un florido mercato di queste pericolose sostanze oggi richieste sul mercato. Alcuni ambienti militari in Serbia sono legati tra l'altro alla mafia locale che opera come longa manus nei Balcani di quella russa. Già durante l'ultima guerra nella ex Jugoslavia si crearono, infatti, contatti per il rifornimento di armi con diversi paesi tra i quali Russia e Ucraina». Ed è ben noto che i paesi della ex Unione Sovietica sono tra quelli più a rischio nel commercio di sostanze radioattive. Un intreccio di mafie legate da molteplici interessi sarebbe, quindi, la fonte del materiale ritrovato a Kiseljiak, ma ciò che preoccupa di più è che il sequestro sia avvenuto proprio in Bosnia. La mafia bosniaco croata è, infatti, saldamente legata ai movimenti islamici radicali che potrebbero aver richiesto materiale radioattivo da adoperare in attentati terroristici. «Vi sono due possibilità - continua Gaiani - se il materiale sequestrato fosse ad alta concentrazione potrebbe servire per creare ordigni nucleari, ma ciò presuppone che chi lo acquista abbia le tecnologie e le competenze specifiche per assemblare e preparare la bomba. Più verosimilmente, siamo però solo nel campo delle ipotesi, le sostanze radioattive sarebbero utili per creare «dirty bomb». Si tratta di bombe convenzionali ad alto potenziale con intorno materiale radioattivo il quale dopo l'esplosione si sparge e contamina tutta la zona circostante. Dal punto di vista militare l'effetto è ridicolo, ma le conseguenze potrebbero essere terribili se, per esempio, venisse fatta esplodere di fronte al Campidoglio a Roma oppure a Whashington davanti alla Casa Bianca. Avrebbe un impatto anche emotivo e sull'opinione pubblica fortissimo».
Secondo fonti di intelligence Osama bin Laden lo scorso anno avrebbe stanziato 300 milioni di dollari per l'acquisizione di materiale radioattivo e creare così una bomba atomica. Fondi con ogni probabilità ancora disponibili e utili specialmente adesso che Al Quaeda è in difficoltà stretto nella morsa della coalizione guidata dagli Stati Uniti.
L'operazione dei nostri Carabinieri porta a riflettere anche sul ruolo che l'Italia, dopo il disimpegno americano può svolgere nei Balcani. I nostri militari in Bosnia, Kosovo e Albania si trovano, infatti, già adesso in prima linea nella "guerra contro il terrore".
 
 

Nicolò Carnimeo