I Carabinieri
intercettano 4 corrieri a Sarajevo con un kit per produrre un’arma nucleare
Un’«atomica»
sul mercato nero
Il materiale
proverrebbe dai depositi dell’ex Armata jugoslava
SARAJEVO - Quattro
croati di Bosnia sono stati arrestati ieri dai carabinieri della Sfor e
dalla polizia bosniaca, a Kiseljiak, a nord di Sarajevo, dopo che avevano
cercato di vendere materiale che, secondo fonti nella capitale bosniaca,
potrebbe essere utilizzato per fabbricare un ordigno radioattivo. A quanto
si è appreso, i quattro uomini stavano cercando di contattare possibili
acquirenti di sostanze radioattive adatte alla costruzione di ordigni nucleari.
Grazie a una segnalazione di intelligence, all’appuntamento per il contatto
si sono presentati questa mattina reparti dell’antiterrorismo bosniaci
e un gruppo di carabinieri della Msu (le Unità multinazionali specializzate)
della forza di pace della Nato (Sfor) in Bosnia. Secondo indiscrezioni
della polizia bosniaca i quattro trafficanti avrebbero consegnato diversi
involucri di piombo contenenti sostanze radiattive ed esplodenti. I contenitori,
di forma rotonda e alti tra i 25 e i 30 centimetri, avevano impresso il
marchio della Jna, ovvero l’ex esercito federale jugoslavo. In base alla
descrizione fatta da fonti locali il materiale sarebbe «esplosivo
ceramico che, implodendo, provoca un’altissima temperatura in grado di
far esplodere le sostanze radioattive contenute». I quattro uomini
sono stati condotti in una caserma della polizia bosniaca a Sarajevo e
sono rimasti sotto interrogatorio per alcune ore. La polizia di Kiseljiak,
una zona abitata in prevalenza da croato bosniaci, ha perquisito la casa
di Vladimir Cvjetkovic che sarebbe uno dei quattro arrestati. Il portavoce
della Sfor, Zaryl Morrell, ha dichiarato che «alcune unità
sono coinvolte in un’operazione che è ancora in corso, di supporto
alla polizia della federazione croato musulmana» ma non ha voluto
fornire alcun ulteriore dettaglio. Il portavoce dell’Iptf (la polizia delle
Nazioni Unite), Stefo Lehmann ha detto da parte sua che «il materiale
potrebbe essere un ordigno esplosivo molto pericoloso». Da Sarajevo
sono stati chiamati alcuni tecnici in materia nucleare, che domani dovranno
aprire gli involucri di piombo ed esaminarne il contenuto. L’operazione,
la prima del genere in Bosnia di cui si sia avuta notizia, è ovviamente
coperta dal massimo riserbo e le informazioni filtrano con grande difficoltà.
Secondo uno dei massimi esperti in questioni militari, Sasa Radic, serbo,
in Bosnia esistevano industrie militari in grado di produrre materiale
radiaottivo per la Jna (Jugoslavian national army), l’esercito popolare
della disciolta Jugoslavia. A detta di Radic, però, si trattava
di elementi non adatti alla costruzione di bombe nucleari vere e proprie,
anche perché la quantità di materiale radioattivo disponibile
era piuttosto scarsa. Fonti dell’esercito serbo, che hanno chiesto di restare
anonime, ricordano che durante il conflitto bosniaco (1992-1995), molte
basi militari furono abbandonate e conquistate dall’una e dall’altra fazione,
ed è quindi possibile che contenitori facenti parte delle dotazioni
del Jna siano stati sequestrati o rubati, anche da bande della criminalità
organizzata, per poi essere stati utilizzati in vari modi , puntando soprattutto
al tristemente ricco e sempre attivo «mercato del terrore».