Giornale di Brescia 01/12/2001
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I Carabinieri intercettano 4 corrieri a Sarajevo con un kit per produrre un’arma nucleare
Un’«atomica» sul mercato nero
Il materiale proverrebbe dai depositi dell’ex Armata jugoslava
 
    SARAJEVO - Quattro croati di Bosnia sono stati arrestati ieri dai carabinieri della Sfor e dalla polizia bosniaca, a Kiseljiak, a nord di Sarajevo, dopo che avevano cercato di vendere materiale che, secondo fonti nella capitale bosniaca, potrebbe essere utilizzato per fabbricare un ordigno radioattivo. A quanto si è appreso, i quattro uomini stavano cercando di contattare possibili acquirenti di sostanze radioattive adatte alla costruzione di ordigni nucleari. Grazie a una segnalazione di intelligence, all’appuntamento per il contatto si sono presentati questa mattina reparti dell’antiterrorismo bosniaci e un gruppo di carabinieri della Msu (le Unità multinazionali specializzate) della forza di pace della Nato (Sfor) in Bosnia. Secondo indiscrezioni della polizia bosniaca i quattro trafficanti avrebbero consegnato diversi involucri di piombo contenenti sostanze radiattive ed esplodenti. I contenitori, di forma rotonda e alti tra i 25 e i 30 centimetri, avevano impresso il marchio della Jna, ovvero l’ex esercito federale jugoslavo. In base alla descrizione fatta da fonti locali il materiale sarebbe «esplosivo ceramico che, implodendo, provoca un’altissima temperatura in grado di far esplodere le sostanze radioattive contenute». I quattro uomini sono stati condotti in una caserma della polizia bosniaca a Sarajevo e sono rimasti sotto interrogatorio per alcune ore. La polizia di Kiseljiak, una zona abitata in prevalenza da croato bosniaci, ha perquisito la casa di Vladimir Cvjetkovic che sarebbe uno dei quattro arrestati. Il portavoce della Sfor, Zaryl Morrell, ha dichiarato che «alcune unità sono coinvolte in un’operazione che è ancora in corso, di supporto alla polizia della federazione croato musulmana» ma non ha voluto fornire alcun ulteriore dettaglio. Il portavoce dell’Iptf (la polizia delle Nazioni Unite), Stefo Lehmann ha detto da parte sua che «il materiale potrebbe essere un ordigno esplosivo molto pericoloso». Da Sarajevo sono stati chiamati alcuni tecnici in materia nucleare, che domani dovranno aprire gli involucri di piombo ed esaminarne il contenuto. L’operazione, la prima del genere in Bosnia di cui si sia avuta notizia, è ovviamente coperta dal massimo riserbo e le informazioni filtrano con grande difficoltà. Secondo uno dei massimi esperti in questioni militari, Sasa Radic, serbo, in Bosnia esistevano industrie militari in grado di produrre materiale radiaottivo per la Jna (Jugoslavian national army), l’esercito popolare della disciolta Jugoslavia. A detta di Radic, però, si trattava di elementi non adatti alla costruzione di bombe nucleari vere e proprie, anche perché la quantità di materiale radioattivo disponibile era piuttosto scarsa. Fonti dell’esercito serbo, che hanno chiesto di restare anonime, ricordano che durante il conflitto bosniaco (1992-1995), molte basi militari furono abbandonate e conquistate dall’una e dall’altra fazione, ed è quindi possibile che contenitori facenti parte delle dotazioni del Jna siano stati sequestrati o rubati, anche da bande della criminalità organizzata, per poi essere stati utilizzati in vari modi , puntando soprattutto al tristemente ricco e sempre attivo «mercato del terrore».