IL Giornale di Brescia 10/04/2002
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AMBIENTE Le centrali costruite prima del referendum hanno gli stessi problemi di quelle attive

Le scorie dell’Italia non nuclearizzata
Resta irrisolta la questione di creare un deposito sotterraneo grande come un condominio
 
    Quindici anni dopo il referendum che ha sancito il no all’uso dell’energia nucleare, il nostro Paese si ritrova a fare i conti con le scorie radioattive. Sono 19 i punti di stoccaggio, per la maggior parte concentrati nei dintorni di Roma e nella provincia vicentina, dove sono conservati i rifiuti prodotti dai reattori a fissione. Nel complesso si tratta di 23mila metri cubi di scorie radioattive accumulate a partire dal 1959, quando entrò in funzione il primo reattore di ricerca situato a Ispra in provincia di Varese. L’anno clou della produzione nucleare in Italia fu il 1966, quando questa fonte di energia garantiva quattro miliardi di chilowattora di elettricità. All’epoca funzionavano le centrali di Trino Vercellese, del Garigliano e di Latina. Solo alla fine degli anni Settanta iniziava la vita operativa della centrale di Corso e la costruzione della prima delle due unità dell’impianto di Montalto di Castro. Il referendum e il drammatico incidente alla centrale di Chernobyl del 1986 determinò la rinuncia al piano energetico basato sul nucleare e la chiusura progressiva degli impianti in funzione nel nostro Paese entro il 1990. Pur detenendo una quantità di scorie radioattive di gran lunga inferiore a quella degli altri Paesi europei in cui si produce energia nucleare, l’Italia non è stata in grado finora di garantire in via definitiva la messa in sicurezza di questo tipo di rifiuti. Beninteso, i siti di stoccaggio disseminati sul territorio nazionale non costituiscono motivo di pericolo per la popolazione, ma si vuole individuare un punto in cui fare confluire tutto il materiale radioattivo, sia le vecchie scorie che i prodotti di smantellamento delle centrali. L’ipotesi di scegliere una zona che potrebbe essere nelle Murge, ovvero tra Puglia e Basilicata, o in Maremma, viene contestata perché densamente popolate e comunque ad alto pregio ambientale in quanto comprenderebbero centri come Saturnia o il lago di Bolsena. Il deposito idoneo a garantire assoluta sicurezza, dunque al riparo da qualsiasi brutta sorpresa che possa provocare fuoriuscita di materiale radioattivo, dovrà contenere oltretutto anche le pastiglie di cobalto provenienti dai reparti ospedalieri di medicina nucleare. Secondo i dati diffusi dall’Agenzia per l’Ambiente, le scorie da stoccare ammontano a 5mila metri cubi di rifiuti a bassa radioattività, 16mila a media radioattività e duemila con un valore più elevato. In più ce ne sono settemila metri cubi che devono essere restituiti da un impianto di trattamento situato in Gran Bretagna, opportunamente cementati o vetrificati e infine sigillati. La task force dell’Enea incaricata di individuare il sito unico di stoccaggio ha completato la mappatura del territorio, dichiarando che la scelta andrebbe fatta tra 214 posti. Le loro superfici sommate corrispondono allo 0,5% del suolo italiano. Se si ammette che il luogo deve essere lontano da zone abitate, il numero dei centri potenzialmente idonei si restringe ulteriormente. Il problema della localizzazione dei materiali radioattivi non è solo tecnico, ma anche e soprattutto di opportunità. Sempre l’Agenzia per l’Ambiente ha reso noto che il processo di smantellamento degli impianti richiederà non meno di un quarto di secolo. Non pesa tanto la quantità dei rifiuti, quanto piuttosto il castello di procedure e il ritardo accumulato nella scelta del deposito finale. Per avere un’idea del tipo di sito che dovrà custodire i rifiuti radioattivi, servirà l’equivalente di un edificio (sotterraneo) di dieci piani con una base posta di una superficie ampia come un campo di calcio. La totale dismissione delle centrali nucleari produrrà qualcosa come centomila mc. di materiale. A parte ci sono 300 tonnellate di combustibile nucleare. L’Italia ha detto no al nucleare ma la sola volontà popolare non è bastata a rimuovere il problema dei residui.
Eugenio Sorrentino