Spulciando nella
cronaca di quei giorni
L’incubo Chernobyl
sedici anni fa scatenò la «grande paura»
di Carlo Barbieri
Era un martedì, il 29 aprile del
1986, quando le agenzie diffusero le prime notizie relative ad un grave
incidente al reattore 4 della centrale termonucleare di Chernobyl, nella
regione di Kiev. In realtà l’esplosione dell’impianto ucraino risaliva
addirittura a sabato 26 aprile ma il mondo era all’oscuro di tutto. La
nube radioattiva sprigionatasi dalla fusione del nocciolo del reattore
raggiunse l’arco alpino il 2 maggio quando ormai si era diffuso il panico
in Scandinavia, e nell’Europa centro-orientale. Bassano aveva appena vissuto
un piccolo momento di celebrità, sotto i riflettori di Rai2, grazie
ad una trasmissione condotta dall’allora ventottenne Fabrizio Frizzi.
La città si preparava a vivere una tiepida primavera, a raccogliere
asparagi e ad accogliere i turisti del ponte del primo maggio. A breve
si attendeva l’arrivo della 20a tappa del Giro d’Italia (Pejo-Bassano)
mentre la vigilia dello spareggio con il Chievo per un passaporto per la
C2, alzava la febbre del tifo giallorosso. L’Onu aveva proclamato il 1986,
anno internazionale della pace. L’era della perestrojka di Gorbaciov muoveva
i primi passi in quell’aprile del 1986. I trattati Usa-Urss avviavano il
disarmo nucleare. Il mondo, tuttavia, era scosso da ripetuti attacchi terroristici
ed era percorso da venti di guerra. A Fiumicino e a Vienna, pochi mesi
prima, terroristi armati di granate fecero 14 morti e 110 feriti. Il 2
aprile, quattro persone furono risucchiate nel vuoto in seguito ad una
esplosione sul volo della TWA Roma-Atene. Il 15 aprile, una formazione
di 56 aerei tra bombardieri e cacciabombardieri statunitensi attaccarono
la Libia. A Bassano l’Istituto tecnico "E.Fermi" costituiva l’associazione
"Pace, giustizia, sviluppo e solidarietà" che raccolse 19 mila firme
per la denuclearizzazione della città e indisse una manifestazione
per la pace sabato 3 maggio, in piazza Terraglio. All’iniziativa aderirono
le parrocchie e alcuni rappresentanti delle forze politiche e delle istituzioni
locali. Bassano aveva inoltre partecipato alla conferenza dei sindaci delle
città d’Europa per la pace, svoltasi a Como dal 25 al 27 aprile.
L’incubo dell’invisibile contaminazione nucleare s’impossessò dell’opinione
pubblica bassanese, posta dinnanzi al primo allarme atomico. I vigili del
fuoco, l’ospedale e il pronto soccorso furono tempestati di chiamate e
nelle farmacie si impennarono le richieste di iodio. Il provvedimento precauzionale
dell’allora ministro della sanità Degan, che vietava il consumo
di verdure fresche a foglia e di latte fresco per i bambini al di sotto
dei 10 anni e per le donne in gravidanza, gettava nel caos l’intero sistema
agricolo e lattiero-caseario. I dettaglianti chiedevano alla Centrale del
latte di non distribuire più prodotto fresco (80 q al giorno). Gli
allevatori dovettero firmare un documento nel quale assicuravano che il
fieno dato ai bovini da latte era secco. Al mercato ortofrutticolo (240
q di merce trattata ogni giorno, il 30 per cento della quale era prodotto
fresco in foglia), giunse l’ordinanza del sindaco che vietava la vendita
della verdura incriminata quando i dettaglianti avevano già acquistato
la merce. I vigili urbani che notificavano il divieto furono quasi aggrediti
da venditori e acquirenti nel mercato settimanale di sabato 3 maggio. Fu
il boom per piselli e patate (più 100 per cento il loro costo) mentre
l’asparago crollò a 8.000 lire al kg, vittima del caos: se è
sottoterra non è pericoloso o sì? I bassanesi impararono
la dieta a base di iodio per impedire a quello radioattivo di fissarsi
alla tiroide: pesce, spinaci surgelati, banane, uova, mele.
Il ritiro della merce invenduta al mercato ortofrutticolo e destinata alla
discarica in quartiere Prè scatenò la rabbia dei coltivatori.
I mezzi della Sis sprovvisti dell’autorizzazione scritta che dal novembre
precedente era di competenza della Provincia, non caricarono la verdura
e poco ci mancò che gli agricoltori scaricassero tutto sulla statale.
Su richiesta dell’Ulss bassanese, il sindaco Basso vietò anche l’uso
dell’acqua piovana e i problemi si fecero subito sentire sul Grappa. Non
fu un periodo particolarmente felice per la città e il vicentino.
Nel Bassanese si susseguirono numerosi incidenti stradali con conseguenze
gravissime. Il più drammatico fu quello che domenica 27 aprile vide
morire a S.Eulalia due ventenni di Bassano mentre altri due coetanei rimasero
feriti in modo grave. Se nel Bacchiglione il cromo distrusse 50 q di fauna
ittica, nel Bassanese i carabinieri sigillarono per 5 giorni una conceria
che scaricava nel Brenta e migliaia di trote morirono nel canale dell’Enel
prosciugato a S.Vito mentre a Rosà seimila persone rimasero senz’acqua
per un insufficiente approvvigionamento dell’acquedotto. A Crosara invece,
non si seppe più dove seppellire i defunti perché la falda
acquifera era risalita, con conseguenze ben immaginabili. E se un rogo
di vaste proporzioni aveva incenerito a inizio mese 100 ettari di bosco
sul Sasso Rosso, delle macerie bruciate del vecchio cinema Olimpia, a Bassano,
nessuno seppe più che farne. Il mercato del pesce, sino ad allora
per due giorni la settimana in piazza Terraglio, dopo le proteste degli
abitanti fu ridotto alla sola giornata del giovedì. Inizieranno
di lì a poco i lavori del terzo ponte mentre alla Torre civica furono
destinati 220 milioni di lire per un restauro che doveva trasformarla in
museo della storia cittadina(!). Domenica 4 maggio, nel Vicentino si registrò
nell’aria una presenza di iodio 10 volte superiore al normale. Poi, poco
per volta, il lento ritorno alla normalità con la liberalizzazione,
il 17 maggio, della vendita di latte e verdure.
E Chernobyl entrò nella storia. "Mai l’uomo dimostrò la sua
potenza e la sua fragilità", ebbe a dire Giovanni Paolo II.
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