GQ - DICEMBRE

INTERVISTA a NINO ARCONTE - EX GLADIATORE

 I SIGNORI DEGLI ANELLI

Cosa accomuna bin laden, hitler, mussolini, gheddafi, saddam hussein, Khomeini e i neonazisti americani?

Forse un gioiello da portare al dito, simbolo feroce di una setta sanguinaria di cui potrebbero far parte.
 
 

Lo racconta a GQ un agente dei servizi italiani, che ricostruisce la storia di un potere occulto il cui obiettivo è un nuovo terrore mondiale.
 

Droga, terrore antrace, petrolio, bomba atomica, soldi, gas nervino, potere. Razza, fanatismo religioso, guerra santa. Adolf Hitler, Benito Mussolini,  Mu¹ammar Gheddafi, Saddam Hussein, l¹ayatollah Khomeini, il suo successore alla guida spirituale dell¹Iran Ali Khamenei. Osama Bin Laden. E i neonazi americani. Sono i capitoli, stringati, ma zeppi di notizie inquietanti, del dossier che Nino Arconte, l¹agente G71-VO-155-M (vedere GQ n. 14 e 26), consegnò nel 1986 ai servizi segreti italiani e nel 1998, aggiornato, alla
Cia e all¹Fbi.

La copertina di quel rapporto ha un titolo: ³La setta Arian o Arii². E se quello che il dossier racconta fosse la verità, vorrebbe dire che avremmo una risposta clamorosa all'interrogativo che tutto il mondo si è posto osservando Bin Laden durante uno dei suoi minacciosi proclami televisivi. Ovvero: cosa rappresenta quell'anello così ostentatamente esibito dal leader di Al Qaeda? Il cerchio con la pietra scura sull¹anulare destro, uguale a quello che Khomeini portava nel mignolo della stessa mano, potrebbe significare che ora è Osama il capo della setta.
 
E che comunque c¹è stato un passaggio di consegne religioso, politico, militare. L¹ipotesi che percorre la lunga indagine, iniziata nella Persia dello Scià Reza Pahlevi tra Natale 1975 e Capodanno 1976, terminata in Marocco nel 1985, approfondita in Italia durante tutti gli anni Novanta, è questa: Hitler, il Mussolini dell¹ultimo periodo, Gheddafi, Saddam Hussein, l¹Ayatollah Khomeini, Khamenei e Bin Laden sono aderenti di spicco della setta Arian.

Fantapolitica? O una spiegazione che permette di leggere la realtà da un inedito e sorprendente punto di vista? Riporta il dossier: «È una setta estremista ed eretica, gnostica, esoterica e iniziatica all¹interno di un¹altra setta sciita ismailita, eretica e fuori dal Corano, che considerava l¹Aga Khan il suo capo». Scopo della setta: «La presa del potere con ogni mezzo: terrorismo, paura e guerra. E facendo leva su qualsiasi demagogia: fanatismo razziale, estremismo religioso soprattutto». Minimi comun denominatori: «L¹antisemitismo, l¹uso e il traffico di droga». Quella che potrebbe sembrare una leggenda metropolitana è oggi all¹attenzione di tutti i servizi segreti occidentali, Mossad compreso.

Nella guerra segreta e invisibile ci sarebbe anche questo: una setta che ha radici lontane e che, nonostante nel 1200 ne fosse stata dichiarata la distruzione,  non ha mai smesso di seminare il terrore.

GQ, in esclusiva, vi racconta cosa La setta dei signori I primi contatti con la setta Arian l¹agente segreto G71 li ha avuti nel 1975 in Persia. Il documento in mano alla Cia spiega che tutto parte dalla vendita di armi e navi allo Scià da parte dell¹Italia. «Il governo italiano voleva verificare la solvibilità del regime persiano, che aveva commissionato missili alla Oto Melara e cacciatorpedinieri, di cui alcuni già consegnati, alla Marina Militare. Valore totale: alcune migliaia di miliardi».

Il problema nasceva dal fatto che continui disordini stavano minando la stabilità politica del Paese. «Chiesero l¹intervento dei servizi segreti italiani», racconta a GQ  l¹agente, «perché il legame era molto stretto: la Savak, la terribile polizia dello Scià, era addestrata da istruttori del Sid. Così come gli ufficiali della Marina militare persiana erano istruiti da noi alla Maddalena». Una organizzazione terroristica continuava a mettere bombe e a fare attentati. G-71, rientrando dallo Yemen del sud, andò in Persia aiutato da studenti e studentesse persiani che vivevano in Italia: «Collaboravano con i servizi in cambio di soldi e di un passaporto italiano.

Con la scusa di andare a trovare i genitori mi portarono a spasso per tutto il Paese: Abadan (tra il Tigri e l¹Eufrate, dove scoppiò la guerra Iran-Iraq), Bandar-Majar, Bandar-Abbas, le rovine di Alamut sulle montagne che scendono verso il Mar Caspio, la città sacra di Qon, a sud di Teheran, alcuni villaggi al confine con l¹Afghanistan». Già quattro anni prima della rivoluzione khomeinista il rapporto parla di una terribile e sanguinaria setta: «Reza Pahlevi ha perso il potere. Governa soltanto Teheran e lo fa
con la forza. Usando la Savak. Lo odiano tutti. Le campagne sono ormai in mano a una setta religiosa estremista che si batte contro lo Scià  seminando il terrore. La gente ha molta paura di questa setta. Chi si oppone viene sgozzato. Fanno vere e proprie stragi. In campagna è ricomparso il chador. È una setta sciita ismailita, fuori dal Corano, eretica, gnostica, esoterica e iniziatica. Per entrare a farne parte bisogna essere prima indottrinati e poi ricevere la ³conoscenza² dai capi. Il potere politico e religioso è unificato (proprio come per i Mullah, Ndr). La chiamano setta degli Arii, cioè, in lingua antica, signori, signoria. Gli Arii sono degli eletti, sono superiori, hanno il dono della conoscenza e sono destinati a dominare. La situazione è a metà tra le teorie della superiorità della razza e una sorta di condizione particolare dello spirito. Il capo è l¹Ayatollah Khomeini, di cui invocano il rientro dall¹esilio parigino. La setta ha seguaci in Iraq, nello Yemen e ad Abu Dhabi. I capi incaricati di fare proselitismo sono trenta».

Come Hitler

Dunque, un lavoro di intelligence sul bilancio di uno Stato ³amico² è diventato la base per l¹indagine su una setta sanguinaria che ha come  finalità quella di «portare al potere una vera e propria organizzazione criminale che oggi gestisce il traffico mondiale della droga. E che si finanzia con quei proventi. Uno dei capi è Saddam Hussein, che ha fondato il partito Bath e la religione Bath (come l¹antica setta dei Bathiniti).
Saddam, che non tocca nessuno per paura dei virus e delle contaminazioni, racconta di essere la reincarnazione di ssurbanipal, re assiro babilonese, conquistatore di Gerusalemme, la città di Davide. Un altro leader della setta è Gheddafi, il cui vero nome è Muhammar Al Khadaffy». Lo scopo finale, sostiene la versione aggiornata del rapporto, «è quello di contare come forza riconosciuta ufficialmente.

Ma continuando a essere una setta criminale. Una setta che ha e ha sempre avuto la sua Gerusalemme in una fortezza sulle montagne tra l¹Afghanistan e l¹Iran. La fortezza da dove sono partiti gli adepti che hanno ispirato direttamente la nascita del partito nazional-socialista». Molte informazioni l¹agente G 71 le ebbe in carcere a Tet One, in Marocco, durante l¹operazione Akbar Maghreb. Nella versione più completa del dossier, che consegnò ai servizi segreti italiani nel 1986, è citata anche una fonte: «Buolima, uno studente, mi ha raccontato che la setta Arii oggi (siamo a metà anni ¹80, Ndr) si finanzia con il traffico di  hashish, esattamente come facevano nel Medioevo gli hashashin.

Si tratta della qualità di hashish ³libanese rosso², che arriva dalla valle della Bekaa e dai campi profughi palestinesi. Milioni di dollari arrivano inoltre  dall¹oppio dell¹Afghanistan. Un vecchio di ottant¹anni in carcere mi ha parlato di una setta, la stessa. Vuole combattere contro gli infedeli, liberare Gerusalemme, cacciare gli israeliani. Mi ha parlato di Islam e di guerra santa. Il merito di questa setta sarebbe quello, secondo il vecchio, di insegnare ai giovani che se diventano martiri raggiungono il paradiso delle Urì, le odalische di Allah: ne avranno 73 a testa. Presto, mi ha spiegato il vecchio, estenderanno la guerra contro gli infedeli nella stessa  terra degli infedeli. Boulima mi ha confermato questo racconto, aggiungendo che all¹università di Fes avevano studiato le radici storiche della setta e che, nonostante fosse stata dichiarata distrutta nel 1200, c¹è ancora lei  dietro i martiri, le sassaiole, gli uomini bomba e i kamikaze». La versione  del dossier in mano all¹intelligence americana, oltre a confermare che «Gheddafi, Saddam Hussein, Bin Laden, come già Hitler e Mussolini, fanno uso di hashish e oppiacei», rivela retroscena sconosciuti su alcuni appartenenti  alla setta. Particolari che spiegano connessioni, quasi parentele, tra capi di Stato e terroristi islamici. A cominciare da Gheddafi. «Non è vero», dice  G71, «che Gheddafi non ha niente a che fare con i terroristi di Bin Laden: è  stato lui l¹anno scorso a dire che aveva dato 50 milioni di dollari all¹organizzazione terroristica integralista filippina Abu- Sayaf per la liberazione degli ostaggi occidentali, che fece portare a Tripoli senza chiedere nulla in cambio». Si legge nel dossier: «Bin Laden è uno dei  cofinanziatori di Abu Sayaf ed è anche cognato di Mohammed Jalal-Khalifa (arrestato in Arabia Saudita subito dopo gli attentati dell¹11 settembre,  Ndr), uno dei leader di Abu Sayaf. Il dittatore libico, invece, è stato
padrino per la circoncisione del figlio di Abdujarak Abubakar Janjalani,  compagno d¹armi di Bin Laden in Afghanistan negli anni Œ80 contro l¹Unione  Sovietica e fondatore di Abu-Sayaff. Janjalani è stato ucciso nel 1998 dalla polizia filippina. Il suo posto alla guida dei terroristi filippini l¹ha preso il figlio. Che si chiama, guarda caso, Al Khadaffy». Il rapporto racconta la cerimonia in cui Al Khadaffy-Gheddafi ha fatto da padrino ad Al  Khadaffy junior: «Hanno passato il prepuzio nella farina. Poi sono state  fatte tante parti. Di solito il padrino viene deciso dalla sorte: è il commensale che trova la parte con il prepuzio. Questa volta l¹hanno data direttamente a Gheddafi».

Tutto questo, e altro ancora, Nino Arconte, G71, lo ha spiegato alla Cia il 27, 28, 29 maggio 1998. Oggi, per la prima volta, Arconte dice anche quel che pensa, dall¹alto della sua lunga frequentazione islamica. «È come se la mafia volesse prendere il controllo degli Stati: sparirebbero i diritti più  elementari. Quello che professano i talebani non c¹è nel Corano.

Il Corano è libertà.

Ricordate cosa è successo in Afghanistan poco prima delle due torri? I talebani diedero l¹ordine di cucire sugli afghani di religione indù dei pezzi di stoffa gialla. Solo per distinguerli dai musulmani. Come i nazisti con gli ebrei. Il collegamento tra Bin Laden e i neonazisti americani non è, quindi, solo economico, come ho scritto nel dossier. È pazzesco che i servizi segreti occidentali non siano arrivati prima a fare queste connessioni». Come dire, non vorrei che sia troppo tardi.

Perché, se sono vere le conclusioni del dossier, c¹è davvero da avere paura. «Il fine ultimo della setta non è tanto dominare il mondo, ma dominare la loro parte di mondo per inserirsi tra le superpotenze al tavolo di qualsiasi trattativa. Restando, però, una grande organizzazione criminale che gestisce il traffico mondiale della droga. In pratica, l¹intento sarebbe quello di ricreare l¹ex impero Selgiuchide: Libia, Egitto, Libano, Siria, Giudea, Iraq, Iran, Afghanistan e tutte le aree del golfo». Vorrebbe dire diventare padroni dell¹energia mondiale. Con il traffico della droga.

Marco Gregoretti