IL PICCOLO DI TRIESTE - 1 APRILE 2001

Amici della terra e Osservatorio ambientale denunciano anche radioattività
negli ospedali e nelle discariche

Sotto la minaccia dei treni nucleari
Potrebbero imbarcarsi nel nostro porto verso l’Africa le scorie delle centrali
 

Materiali radioattivi si celano negli ospedali cittadini e nelle discariche sul Carso, rottami contaminati si trovano nei Tir che passano il valico di Fernetti e in quelli che sbarcano in porto e rischiano di finire negli altoforni delle ferriere del Nord Italia, compresa quella di Servola. Ma, quel che è peggio, è che Trieste rischia di diventare una tappa fondamentale sulla rotta di smaltimento delle scorie provenienti da tutte le centrali nucleari d’Europa.
I convogli della morte, sul tipo di quello che in mezzo a una grossa contestazione ha attraversato in questi giorni la Germania, potrebbero giungere presto fino al nostro porto per imbarcare le scorie europee e forse americane sulle navi che le porteranno in Guinea per essere infine abbandonate nei deserti africani. Tutto questo perchè il più grande sito di stoccaggio europeo dei rifiuti radioattivi saranno le ex miniere d’argento croate di Majdan, quasi sul confine con la Bosnia. E da qui i porti più comodi sulle rotte africane sono quelli di Trieste e di Capodistria, ormai per molti versi integrati.
Il quadro di una città che rischia di finire avviluppata in una vera e propria piovra radioattiva è stato tracciato ieri dagli Amici della Terra che con queste note apocalittiche hanno avviato un patto di collaborazione con l’Osservatorio etico-ambientale sorto recentemente per monitorare in particolare gli effetti dei proiettili all’uranio impoverito e che ha in Jacopo Fo uno dei massimi sostenitori. Nella visione d’assieme, non va oltretutto dimenticato che Trieste è in qualche modo sotto tiro delle più vicine centrali nucleari dell’Est: oltre a quella di Krsko, in Slovenia, quella di Paks in Ungheria e quelle di Cernobyl, Rovno e Khmelnitsky in Ucraina.
Ma la minaccia viene anche dal mare con l’ingresso proprio per la prima volta in forma ufficiale in un porto del Nord Adriatico di un sommergibile nucleare. Domani infatti, come riferiamo a parte, lo statunitense Norfolk attraccherà nel porto di Capodistria e gli ambientalisti minacciano di alzare il livello dello scontro con un vero e proprio assalto degli attivisti di Greenpeace.
Per tornare a Majdan, c’è da dire che il 13 marzo i rappresentanti della compagnia francese per la tecnologia nucleare «Framatom», la più importante corporazione europea in questo campo, recentemente fusasi con la tedesca «Siemens», sono stati ricevuti a Zagabria dal capo dello Stato, Stipe Mesic, con il quale hanno tra l’altro discusso dello smaltimento dei rifiuti di Krsko, ma non solo. E’ concreta l’ipotesi che la Croazia, paese povero sensibile al fascino dei franchi, possa diventare la pattumiera nucleare d’Europa. In quella sede sarebbe stato stato ipotizzato un passaggio anche attraverso il Friuli-Venezia Giulia delle scorie francesi verso Majdan, ma Trieste, secondo notizie diffuse poi dagli ambientalisti croati, si troverà sulla rotta delle scorie in particolare nel tragitto successivo, da Majdan verso l’Africa.
Resta da vedere se il discorso nucleare enterà nelle trattative per l’associazione dei paesi dell’Est all’Unione europea. Recentemente al valico di Fernetti sono stati intercettati addirittura pezzi di lamiere contaminate della centrale di Cernobyl. E ieri Roberto Giurastante degli Amici della Terra e Roberto De Bortoli dell’Osservatorio etico ambientale hanno denunciato anche l’assenza di radiometristi ai valichi italo-sloveni. I rilevamenti non vengono fatti o, se sono fatti, sia ai confini che nelle acciaierie verrebbero eseguiti a campione. Il che non esclude che rottami contaminati possano finire negli altiforni e sprigionare nubi radioattive com’è accaduto qualche anno fa ad Algeciras, in Spagna.
Ma situazioni pericolose, secondo gli ambientalisti, vi sarebbero anche in provincia. De Bortoli, riprendendo anche un’interrogazione parlamentare della Lega Nord, ha sostenuto che all’ospedale Maggiore esiste un’apparecchiatura che, seppur non usata, contiene 30 chili di uranio impoverito. Circostanza, tuttavia, che viene smentita dagli ambienti ospedalieri. Assicurano che tutte le schermature sono ottenute con piombo e tutti gli isotopi pericolosi sono stati eliminati da parecchi anni.
Nel corso di un monitoraggio sul Carso, infine, gli Amici della Terra hanno localizzato una discarica nei pressi di Santa Croce dove i contatori Geiger hanno evidenziato un livello di radioattività fino all’80 per cento superiore all’area circostante. «Forse sono stati buttati dentro fusti con materiale radioattivo - ha commentato Giurastante - stiamo facendo tutti gli accertamenti necessari per scoprirlo.»

Silvio Maranzana

Segnalata l’assenza di «radiometristi» ai valichi e allo scalo. Il «giallo» su un’apparecchiatura dismessa al Maggiore. Sul Carso un deposito a rischio