Amici della terra
e Osservatorio ambientale denunciano anche radioattività
negli ospedali
e nelle discariche
Sotto
la minaccia dei treni nucleari
Potrebbero imbarcarsi
nel nostro porto verso l’Africa le scorie delle centrali
Materiali radioattivi si
celano negli ospedali cittadini e nelle discariche sul Carso, rottami contaminati
si trovano nei Tir che passano il valico di Fernetti e in quelli che sbarcano
in porto e rischiano di finire negli altoforni delle ferriere del Nord
Italia, compresa quella di Servola. Ma, quel che è peggio, è
che Trieste rischia di diventare una tappa fondamentale sulla rotta di
smaltimento delle scorie provenienti da tutte le centrali nucleari d’Europa.
I convogli della morte,
sul tipo di quello che in mezzo a una grossa contestazione ha attraversato
in questi giorni la Germania, potrebbero giungere presto fino al nostro
porto per imbarcare le scorie europee e forse americane sulle navi che
le porteranno in Guinea per essere infine abbandonate nei deserti africani.
Tutto questo perchè il più grande sito di stoccaggio europeo
dei rifiuti radioattivi saranno le ex miniere d’argento croate di Majdan,
quasi sul confine con la Bosnia. E da qui i porti più comodi sulle
rotte africane sono quelli di Trieste e di Capodistria, ormai per molti
versi integrati.
Il quadro di una città
che rischia di finire avviluppata in una vera e propria piovra radioattiva
è stato tracciato ieri dagli Amici della Terra che con queste note
apocalittiche hanno avviato un patto di collaborazione con l’Osservatorio
etico-ambientale sorto recentemente per monitorare in particolare gli effetti
dei proiettili all’uranio impoverito e che ha in Jacopo Fo uno dei massimi
sostenitori. Nella visione d’assieme, non va oltretutto dimenticato che
Trieste è in qualche modo sotto tiro delle più vicine centrali
nucleari dell’Est: oltre a quella di Krsko, in Slovenia, quella di Paks
in Ungheria e quelle di Cernobyl, Rovno e Khmelnitsky in Ucraina.
Ma la minaccia viene anche
dal mare con l’ingresso proprio per la prima volta in forma ufficiale in
un porto del Nord Adriatico di un sommergibile nucleare. Domani infatti,
come riferiamo a parte, lo statunitense Norfolk attraccherà nel
porto di Capodistria e gli ambientalisti minacciano di alzare il livello
dello scontro con un vero e proprio assalto degli attivisti di Greenpeace.
Per tornare a Majdan, c’è
da dire che il 13 marzo i rappresentanti della compagnia francese per la
tecnologia nucleare «Framatom», la più importante corporazione
europea in questo campo, recentemente fusasi con la tedesca «Siemens»,
sono stati ricevuti a Zagabria dal capo dello Stato, Stipe Mesic, con il
quale hanno tra l’altro discusso dello smaltimento dei rifiuti di Krsko,
ma non solo. E’ concreta l’ipotesi che la Croazia, paese povero sensibile
al fascino dei franchi, possa diventare la pattumiera nucleare d’Europa.
In quella sede sarebbe stato stato ipotizzato un passaggio anche attraverso
il Friuli-Venezia Giulia delle scorie francesi verso Majdan, ma Trieste,
secondo notizie diffuse poi dagli ambientalisti croati, si troverà
sulla rotta delle scorie in particolare nel tragitto successivo, da Majdan
verso l’Africa.
Resta da vedere se il discorso
nucleare enterà nelle trattative per l’associazione dei paesi dell’Est
all’Unione europea. Recentemente al valico di Fernetti sono stati intercettati
addirittura pezzi di lamiere contaminate della centrale di Cernobyl. E
ieri Roberto Giurastante degli Amici della Terra e Roberto De Bortoli dell’Osservatorio
etico ambientale hanno denunciato anche l’assenza di radiometristi ai valichi
italo-sloveni. I rilevamenti non vengono fatti o, se sono fatti, sia ai
confini che nelle acciaierie verrebbero eseguiti a campione. Il che non
esclude che rottami contaminati possano finire negli altiforni e sprigionare
nubi radioattive com’è accaduto qualche anno fa ad Algeciras, in
Spagna.
Ma situazioni pericolose,
secondo gli ambientalisti, vi sarebbero anche in provincia. De Bortoli,
riprendendo anche un’interrogazione parlamentare della Lega Nord, ha sostenuto
che all’ospedale Maggiore esiste un’apparecchiatura che, seppur non usata,
contiene 30 chili di uranio impoverito. Circostanza, tuttavia, che viene
smentita dagli ambienti ospedalieri. Assicurano che tutte le schermature
sono ottenute con piombo e tutti gli isotopi pericolosi sono stati eliminati
da parecchi anni.
Nel corso di un monitoraggio
sul Carso, infine, gli Amici della Terra hanno localizzato una discarica
nei pressi di Santa Croce dove i contatori Geiger hanno evidenziato un
livello di radioattività fino all’80 per cento superiore all’area
circostante. «Forse sono stati buttati dentro fusti con materiale
radioattivo - ha commentato Giurastante - stiamo facendo tutti gli accertamenti
necessari per scoprirlo.»
Silvio Maranzana
Segnalata l’assenza di «radiometristi»
ai valichi e allo scalo. Il «giallo» su un’apparecchiatura
dismessa al Maggiore. Sul Carso un deposito a rischio