Bush: «Chi
non crede nel video sostiene un uomo malvagio»
L’energica difesa
del Presidente dopo i dubbi sollevati da più parti sull’autenticità
del documento in cui Bin Laden confessa gli attentati
di Paolo Mastrolilli
NEW YORK «Cerchiamo di capirci», ha detto ieri Bush, fissando la telecamera: «Questo è un Bin Laden autentico, senza censure o abbellimenti. E' assurdo e ridicolo pensare che quel video sia stato manipolato. Sollevare simili dubbi serve solo a fornire una fiacca scusa, per dare debole sostegno a un uomo incredibilmente malvagio». Il mondo, insomma, può pensarla come vuole, ma il capo della Casa Bianca è convinto di aver fornito la prova definitiva sulla colpevolezza di Osama, pubblicando il filmato che giovedì ha fatto il giro del pianeta. Non solo, ma pensa anche di aver offerto uno spaccato sull'uomo Bin Laden, che dovrebbe convincere pure i suoi sostenitori a cambiare idea. Chi non è d'accordo è un complice del male, e si qualifica da solo con i propri dubbi e speculazioni.
«Quelli che definiscono il video come una farsa o un falso - ha continuato Bush - sperano il meglio per un uomo malvagio. Questo è Bin Laden, il Bin Laden che ha assassinato la gente, l'uomo che ha condannato a morte migliaia di innocenti. Una persona tanto deviata e fredda, da mettersi a ridere per i cosiddetti attentatori suicidi che hanno perso le loro vite». Il presidente ha ammesso di avere avuto dubbi sulla pubblicazione, ma non per l'autenticità del filmato: «Avevo emozioni contraddittorie, perché ci sono moltissime persone che hanno sofferto come conseguenza di quella malvagità. Ero esitante a consentire che ci fosse un altro vivido ricordo della loro perdita e della loro tragedia, trasmesso nelle nostre televisioni.
D'altra parte, però, sapevo che quel filmato avrebbe rappresentato una devastante dichiarazione di colpa per questa persona malvagia». Sul piano legale, infatti, il sindaco di New York Giuliani ha giudicato il video come una prova: «Mentre lo guardavo, ho ripensato a quando ero procuratore, e ho avuto l'impressione di assistere alla più dettagliata confessione, per un omicidio premeditato di massa, che abbia visto nella mia carriera. I pompieri, i poliziotti e i famigliari con cui ho parlato erano favorevoli a pubblicarlo, perché dà all'America il sostegno necessario per prendere i responsabili». Mark Finelli, ad esempio, l'11 settembre si trovava al 61° piano di una delle torri, e si è salvato per miracolo: «Vedere quel filmato mi ha prodotto un sentimento di rabbia e violenza: avrei voluto prendere a pugni lo schermo». Nel mondo arabo e islamico, però, non tutti si sono lasciati convincere.
A Milano, ad esempio, l'imam Ali Abu Shawa ha detto di aver avuto «la sensazione che non fosse Bin Laden. Forse era un sosia, oppure un attore». Commenti simili sono venuti anche dai gruppi islamici più estremisti del Pakistan, dell'Indonesia e della Malaysia, secondo i quali si trattava di un vecchio video di Osama, su cui gli americani hanno montato le dichiarazioni incriminanti. La Casa Bianca, però, sottolinea le risposte positive. Il governo pakistano ha detto subito che il video prova la giustezza di appoggiare Bush, seguito dagli Emirati Arabi. Secondo Samir Rantisi, consigliere del ministero palestinese per l'Informazione, le parole di Osama dimostrano la sua colpevolezza, e un importante commento positivo è venuto anche dall'ambasciatore saudita a Washington, sospettato in passato di simpatie per gli estremisti.
L'Arabia, del resto, ha dovuto ingoiare
anche la presenza vicino a Bin Laden dello sceicco al-Ghamdi, membro della
tribù Asir nella zona sud-occidentale del Paese, che col suo sostegno
entusiasta per gli attentati ha dimostrato la popolarità del terrorista
nella sua terra d'origine. Anche sul piano interno, il Council on American-Islamic
Relations e l'American Arab Anti-Discrimination Committee hanno accettato
il video come prova, risentiti soprattutto perché Osama ha definito
gli attentati come uno strumento per far avanzare l'Islam. Ora, dunque,
resta solo da chiedergli conto per quello che ha detto e fatto.