LA STAMPA Del 21/1/2002 Sezione: Esteri Pag. 9
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L´INTELLIGENCE BRITANNICA HA AVVERTITO IL NOSTRO CONTINGENTE CHE HA IL COMPITO DI SORVEGLIARE IL CENTRO DI COMANDO
Allarme attentato per i militari italiani
A Kabul si teme un attacco dei kamikaze di Al Qaeda

inviato a KABUL

L'ARIA è cristallina, non c'è smog a Kabul. Le stelle d'Oriente sono le compagne di chi la notte monta la guardia, batte i denti dal gelo. Siamo a Kabul, Afghanistan. La missione di pace internazionale Isaf per garantire sicurezza al neonato governo di Hamid Karzai sta prendendo le misure della città. Agli italiani è stato affidato il compito di proteggere il complesso dove c'è il comando. Ottanta uomini, che presto saranno 120, divisi in quattro squadre. Gli ultimi arrivati sono scesi dall'aereo a mezzogiorno; alle sei di sera erano già lungo il perimetro della base a scrutare l'ignoto. La notte di questi ragazzi che non hanno più di venti anni si annuncia lunga e insidiosa. Sono due i nemici, gli hanno spiegato, da cui guardarsi. Uno si sente: è il gelo che ti penetra nelle ossa. Il termometro è sceso a meno 19. L'altro non si vede, ma c'è: i terroristi di Al-Qaeda - sono notizie dell'intelligence inglese - potrebbero tentare un colpo disperato per far sapere che in Afghanistan combattono ancora e non hanno deposto le armi. La notizia che Al-Qaeda progetta un attentato è presa assai sul serio. Ieri mattina le forze alleate hanno arrestato cinque arabi seguaci di Osama bin Ladin. Erano nascosti in città. Forse terrorizzati. O forse, al contrario, minacciosamente intenzionati a vendicarsi. Il colonnello inglese Richard Eaton, portavoce della missione Isaf, ammette: «Il pericolo di un attentato terroristico è serio». Talmente serio che il capitano Ruggero Miglietta, responsabile del distaccamento che protegge il quartier generale, ha chiesto nuove armi più potenti. Non bastano fucili e mitragliette, visori notturni e anche qualche mitragliatrice disposta nei punti strategici. No, ci vogliono i bazooka. Così quanto prima arriveranno dall'Italia i «Panzerfaust», di fabbricazione tedesca, missili a testata cava che si portano in spalla e sono capaci di fermare la corsa di un blindato. Figuriamoci una automobile o un camion che cerchi di superare gli sbarramenti. Perché, anche se nessuno lo conferma, questa è la paura: che qualche kamikaze, alla maniera libanese, su un camion carico di esplosivo, cerchi di lanciarsi contro la palazzina dove sono gli ufficiali dell'Isaf. E quelli di Al-Qaeda hanno già fatto vedere di che cosa sono capaci quando si sono lanciati con un barchino esplosivo contro la nave statunitense «Cole» in Yemen o contro le ambasciate degli Stati Uniti in Africa. Anche se la città sembra desiderosa di tornare alla normalità il più presto possibile, e si vedono in giro innumerevoli taxi scoppiettanti, e carretti carichi delle mercanzie più improbabili, bambini che giocano, donne in burqua che vanno a fare la spesa, giovanotti in bicicletta, e baracchini dove si vende un po' di tutto, il clima resta quello di un Paese dove la guerra non è ancora finita. C'è paura nell'aria. Basta che si sparga la voce che un elicottero americano è precipitato e subito si scommette sull'attentato. Ma sono i militari occidentali i primi a preoccuparsi. I C130 dell'aeronautica scendono sulla pista adottando delle stravaganti traiettorie, quasi acrobazie da elicotteri che zigzagano in cielo. E il quartier generale dell'Isaf, sistemato in un antico circolo sportivo delle forze armate afghane, che certo ha visto tempi migliori quando c'era ancora il re, s'è trasformato in un campo trincerato. Filo spinato, posti di blocco con sacchetti di sabbia, fucili che spuntano un po' dappertutto. Al centro c'è la palazzina-comando. E poi una piccola tendopoli. Ci sono soldati inglesi che ormai si sentono di casa. Hanno attrezzato anche una mensa dove ci si lava le mani in un grande bacile di plastica con l'acqua tiepida. E ci sono le prime due tende italiane. Lontane dalla altre. Montate nel cortile di una palazzina a un piano che chissà a che cosa doveva servire. Ma sono grandi, sembrano confortevoli, a doppio strato, riscaldate da un motore che vi soffia dentro un getto aria calda. In ognuna ci saranno trenta brande e sacchi a pelo garantiti a meno 30. La temperatura esterna, infatti, scende velocemente non appena cala il sole. Lo sbalzo è fortissimo. Si va sottozero in pochi minuti. I soldati - sessanta cavalleggeri del reggimento Guide e venti carabinieri paracadutisti del Tuscania - sono stati dotati di tute in goretex e sottotute in pile. Guantoni in goretex e cappelli di lana sotto l'elmetto. Hanno ricevuto un addestramento specifico a sparare con i guanti e guardando attraverso un visore notturno. I fucili sono stati pure modificati con un grosso grilletto che non s'impiccia nei guanti. Tutto sembra organizzato a puntino, insomma, per non sfigurare in questa missione nel centro dell'Asia. Perché l'incarico sarà poco visibile, ma di prestigio. E se non si vedranno molti soldati con lo scudetto tricolore sul braccio in giro per Kabul è perché sono impegnati a difendere il quadrilatero dove c'è il generale inglese McColl. A partire dai prossimi giorni, comunque, crescendo la forza dell'Isaf, quando cioé saranno arrivati anche tutti i tedeschi e i francesi, si comincia a disarmare chi gira armato in strada. Le prime pattuglie miste, italo-inglesi, sono previste ad inizio settimana. Imprevisti permettendo: ieri un ennesimo C130 dell'Aeronautica s'è rotto e non è potuto decollare da Abu Dhabi. Un altro velivolo arriverà da Pisa a sostituirlo.