LE MONDE diplomatique - Febbraio 2002
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Inquinamento e loschi traffici
La Russia, pattumiera nucleare del mondo

Alla fine di dicembre il giornalista russo Grigori Pasko è stato condannato a quattro anni di carcere per aver filmato la marina russa mentre gettava rifiuti radioattivi nel mar del Giappone. Questa condanna conferma il grande nervosismo del presidente Vladimir Putin che, dopo il voto delle due camere, ha promulgato alcune leggi che autorizzano l'importazione di scorie nucleari da sottoporre a trattamento senza l'obbligo di rispedirle nel loro paese di provenienza. Una decisione a cui le organizzazioni ecologiste e la maggioranza della popolazione si oppongono ostinatamente.

dal nostro inviato speciale Nathalie Melis*
«Ventimila tonnellate di scorie nucleari dall'estero in cambio di venti miliardi di dollari», questa è la transazione proposta, da diversi anni, dal ministro russo dell'Energia atomica. Evgeni Adamov ha ottenuto che il divieto di importare dall'estero scorie nucleari per immagazzinarle e sotterrarle, previsto dall'articolo 50 della legge sull'ambiente, sia tolto. Adesso i paesi che desiderano sbarazzarsi dei loro rifiuti radioattivi - Giappone, Corea del sud, Taiwan e alcuni paesi dell'Est - potranno farlo. In compenso la Svizzera sembra intenzionata a rivedere il protocollo che aveva firmato con la Russia nel 1998, mentre il ministro dell'Ambiente tedesco, Jürgen Trittin, ha fatto sapere nel giugno 2001 che la Repubblica federale tedesca non era più disposta a sostenere «questo gioco irresponsabile con la salute e con la sicurezza dei cittadini russi» (1).
Tutto comincia - o ricomincia (2) - il 18 luglio 2000, quando il ministero dell'Energia atomica, il Minatom, presenta alla Duma tre progetti di legge destinati a modificare la normativa per permettere «l'importazione di scorie, di materiali nucleari e di combustibili contaminati per il loro stoccaggio, interramento o ritrattamento».
Ma uno dei progetti prevede la creazione di un fondo speciale per la bonifica delle zone contaminate da cinquanta anni di esperimenti nucleari. Il Minatom prospetta grandi guadagni: 3,5 miliardi di dollari andranno al bilancio federale e 7 miliardi alla bonifica delle aree contaminate, mentre i 9 miliardi rimanenti saranno destinati allo sviluppo dell'industria nucleare, «orgoglio del paese», secondo Adamov.
E simbolo della sua indipendenza finanziaria.
L'offensiva contro gli oppositori Nel dicembre 2000, l'istituto di sondaggi Romir indica che il 94% dei russi è contrario all'abolizione del divieto di importare scorie nucleari. Ma non importa: il 21 dicembre la Duma adotta una prima volta il progetto con 318 voti a favore e 38 contrari (3) - e, dopo qualche esitazione, lo approverà in seconda lettura il 18 aprile 2001. Ma in ultima lettura, il 6 giugno, il numero di entusiasti diminuisce nettamente: 243 deputati votano a favore, 125 contro.
Tocca adesso al Consiglio della federazione, rappresentante delle regioni, pronunciarsi sul progetto. Tuttavia, diversi governatori e assemblee regionali, più vicini ai cittadini, manifestano la loro opposizione. Ma il presidente della camera alta, Egor Stroiev, preoccupato per la sua carriera politica, rinvia il voto al 27 giugno, oltre il limite massimo che la costituzione concede al Consiglio per pronunciarsi.
In altre parole, i governatori hanno evitato lo scontro e si sono astenuti.
Rimane il presidente Putin, che ancora non si è mai espresso pubblicamente.
Prima di firmare, l'11 luglio 2001, si preoccupa di incontrare i «rappresentanti della società» scelti con molta cura, mentre diversi programmi televisivi esaltano i benefici dell'atomo. Crea inoltre una commissione che dovrà dare il suo accordo a ogni importazione, ma ne affida la presidenza al premio Nobel per la fisica Juares Alferov, sostenitore del progetto. Se tutto va per il verso giusto, annuncia il ministro, le operazioni potranno cominciare entro tre anni.
Gli ecologisti reagiscono con rapidità, tanto più che il Cremlino sembra intenzionato a mettere a tacere tutti gli oppositori dei progetti inquinanti. Nel giugno 2000, infatti, il Comitato dell'ambiente e il Servizio federale delle foreste, quel poco che rimane della protezione delle risorse naturali, sono stati integrati per decreto presidenziale nel ministero delle Risorse naturali.
Ma l'offensiva contro i verdi era cominciata ancora prima. Il 20 febbraio alcune organizzazioni ecologiste di tre diverse città erano contemporaneamente perquisite. Gli investigatori lasciavano gli uffici di Zilionyi Mir (Mondo verde) a San Pietroburgo portando via documenti riguardanti l'industria atomica. Il mese successivo la polizia faceva irruzione nei locali di Greenpeace con l'ordine (non confermato dal giudice) di chiusura per frode fiscale.
Il Servizio federale di sicurezza (l'Fsb, erede del Kgb) non dà tregua ai militanti antinucleari. Nel dicembre 1999, nel quadro di un'inchiesta sull'ecoterrorismo, convoca e minaccia Alissa Nikulina, coordinatrice della campagna antinucleare condotta dall'Unione sociale ed ecologista russa (Soez) e da Ecodifesa. Il copresidente di questo programma, Vladimir Slivyak, aveva subìto un interrogatorio simile, tre mesi prima, in un'automobile dove era stato spinto a forza. Condannato e poi amnistiato durante un primo processo per spionaggio e alto tradimento nel 1999 (4), il giornalista Grigori Pasko è stato di nuovo condannato alla fine del dicembre 2001 a quattro anni di carcere.
Quanto a Igor Sutiagin, specialista di disarmo nucleare, si trova in prigione da più di due anni, accusato di «alto tradimento».
Una guerra di informazione Ma la vera «guerra di informazione» tra il Cremlino e gli ecologisti è scoppiata nel giugno 2000. «Non ci sarà pulizia delle zone contaminate né ritrattamento, né tantomeno vantaggi finanziari per la popolazione», ripetono gli ecologisti durante le loro manifestazioni. «Se le zone inquinate di cui parla il ministro costituiscono effettivamente uno dei problemi ecologici più gravi del paese, ci vorrebbero almeno 200 miliardi di dollari per riparare i danni», spiega Aleksei Iablokov, ex consigliere ecologico del presidente Boris Eltsin e attuale coordinatore della campagna della Soez. Ma le leggi votate non precisano le modalità del finanziamento.
Gli ecologisti ricordano anche che finora esiste soltanto un centro di ritrattamento: il complesso «Mayak» negli Urali. Ma questo centro può trattare ogni anno solo 200 tonnellate di scorie sulle 14mila che marciscono in siti di stoccaggio poco affidabili, «o semplicemente sottoterra senza alcuna autorizzazione», sottolinea Nikulina. Bisognerà quindi costruirne di nuovi - dove, osserva il settimanale Novaia Gazeta, «le scorie saranno "dimenticate" e nessuno andrà mai a riprenderle» (5). Giornalisti, specialisti ed ecologisti dubitano della fattibilità dei progetti di ritrattamento, nonostante le affermazioni entusiaste del ministero, secondo le quali il carburante contaminato non rappresenta una scoria, ma una materia prima riutilizzabile e rivendibile (6).
In realtà questo ministero ha il gusto del segreto. Successore del ministro Adamov, sostituito per essere stato accusato dalla Duma di malversazioni, anche Aleksandr Rumianzev è un fervente sostenitore della legalizzazione dell'import di scorie nucleari. Prima della promozione, il nuovo ministro dirigeva l'Istituto Kurchatov, un centro di ricerca nucleare che ha fatto scalpore nell'aprile 2001, poiché nella sua sede, nel centro della capitale, erano immagazzinate 2.000 tonnellate di scorie nucleari! Ma tutto ciò non deve stupire, se è vero che il ministero - vicino al potente gruppo finanziario Mdm, attualmente preso d'assalto dal gruppo Alfa, molto attivo dopo l'arrivo di Putin - vuole stornare gran parte dei fondi destinati al ritrattamento delle scorie sperando di destinare il residuo alla prevista costruzione di una trentina di centrali supplementari e alla prima centrale galleggiante del mondo.
Una parte del denaro permetterebbe di accelerare lo sviluppo di munizioni nucleari di nuova generazione, il cui scopo è quello di rendere possibile guerre nucleari limitate: «Tra dieci anni - scrive Moskovskie Novosti (7) - nel corso dell'ennesima operazione antiterrorismo, esploderà una piccola bomba. Che cancellerà definitivamente i terroristi e tutte le loro cose». Questa scelta è confermata dall'ultima versione della dottrina militare del paese, approvata da Putin il 10 gennaio 2000, che permette il ricorso all'arma nucleare «nel caso in cui tutte le altre forze e mezzi per risolvere la situazione siano esauriti o si siano rivelati inefficaci».
Secondo Slivyak, il Minatom sa bene che il programma di importazione è in realtà impossibile da gestire: «I suoi problemi attuali sono già abbastanza gravi. Ma in questa situazione di crisi economica ha avuto la meglio la volontà di salvare i reattori del paese, insieme agli interessi delle banche che si nascondono dietro il Minatom.
Le scorie saranno quindi semplicemente seppellite, mentre i fondi previsti andranno da un lato all'industria nucleare russa, dall'altro nelle tasche dei funzionari del ministero e dei banchieri».
Il 23 gennaio 2001, l'organizzazione Ecodifesa rende pubblico un rapporto allarmante sui pericoli del trasporto di materie nucleari: la legislazione non rispetta le norme internazionali; il paese utilizza contenitori antiquati; le legislazioni regionali e federali non sono omogenee; le regole sulla concessione di licenze ai trasportatori sono rigorosamente ignorate; il personale non è competente né protetto; il 40% del mezzi per il trasporto ferroviario è difettoso.
Queste conclusioni riflettono le condizioni dell'industria nucleare russa. Anche se il paese possiede un potenziale scientifico impressionante, questa industria si muove in un quadro instabile, caratterizzato per decenni dalla corruzione, dall'irresponsabilità e dalla cronica mancanza di fondi. Secondo il dipartimento di stato americano le sette centrali più pericolose del mondo si trovano tutte sul territorio dell'ex Urss (8).
Nel giugno 2000 gli ecologisti avevano presentato una richiesta ufficiale per indire un referendum nazionale sul problema delle scorie e sulla creazione di veri e propri organismi governativi di difesa dell'ambiente.
Per quattro mesi si sono mobilitati ovunque per raccogliere i due milioni di firme richiesti dalla costituzione. Il 25 ottobre ne consegnano due milioni e mezzo alla Commissione elettorale centrale, che, un mese dopo, ne avrebbe scartate 800milaper motivi più o meno futili.
I verdi hanno quindi presentato un appello alla Corte costituzionale, che è stato respinto nel marzo 2001.
«Dollari radioattivi» NelL'estate 2000 gli ecologisti avevano comunque ottenuto una vittoria significativa durante la loro «mobilitazione» nella zona del centro di ritrattamento di Mayak, vicino a Cheliabinsk negli Urali. Dal 23 luglio al 5 agosto una sessantina di rappresentanti di organizzazioni di dieci città russe e di paesi stranieri come l'Austria e la Slovacchia piantavano le loro tende in uno dei distretti più inquinati dei dintorni del complesso nucleare. Soez, Ecodifesa e due associazioni locali volevano in questo modo attirare l'attenzione sullo stato di salute degli abitanti delle zone contaminate, manifestare contro l'importazione di scorie e il loro stoccaggio a Mayak e opporsi alla costruzione di una nuova centrale nel sud degli Urali.
Mentre gli scienziati dell'università di Novosibirsk (Siberia occidentale) misuravano il livello di radioattività, gli ecologisti sfilavano per la città. Il 3 agosto 2000 alcune decine di attivisti bloccavano l'ingresso della casa del governatore, che alla fine accettava di incontrarli. L'8 agosto quest'ultimo, rifiutando lo stoccaggio delle scorie nucleari straniere a Mayak, annunciava che si sarebbe opposto all'importazione di rifiuti nucleari fintanto che non fosse stato previsto nel bilancio federale del 2001 un programma di riabilitazione sociale per gli abitanti della regione.
La contestazione è cresciuta nel momento in cui, nel dicembre 2000, i deputati federali si sono pronunciati in favore del progetto. Il 15 gennaio 2001 diverse azioni si svolgono contemporaneamente in una decina di città russe. A Tomsk si distribuiscono «dollari radioattivi» e si informa la popolazione dei mezzi di cui dispone per fare pressione.
A Irkutsk si raccolgono firme da inviare alla Duma regionale. A Saratov il Teatro ecologico si esibisce per strada. A Nijni-Novgorod gli ecologisti di Dront distribuiscono cartoline da inviare ai deputati federali. L'iniziativa ha successo: nei mesi successivi migliaia di cartoline sono inviate e, pochi giorni dopo le manifestazioni, il governatore annuncia di essere contrario all'importazione di scorie nucleari. La popolazione, temendo la polizia o dubitando della propria influenza, non manifesta in piazza ma si fa comunque sentire attraverso i sondaggi, le trasmissioni televisive o la posta. Risultato: nel marzo 2001 circa un terzo delle assemblee legislative regionali vota contro il progetto.
Nel frattempo, le grandi organizzazioni ecologiche sviluppano iniziative internazionali. Conducono una guerra di informazione che si estende fino a Taiwan e al Giappone, dove i media affermano che l'esportazione di scorie nucleari in territorio russo è legale. La Soez organizza una campagna per inondare di fax i deputati russi. Vi partecipano organizzazioni ecologiste del Kazakistan (ove si studia, a livello parlamentare, una misura per legalizzare l'importazione di scorie), della Grecia, della Gran Bretagna e del Kirghizistan.
Nella Duma, alcuni deputati del partito liberale Iabloko di Grigori Iavlinski e gli esponenti dell'Unione delle forze di destra (Sps), contrari al progetto, cercano di attenuare la portata dei testi con l'introduzione di emendamenti. Uno di essi prevede l'approvazione di ogni contratto da parte della Duma. Un altro chiede il ritorno delle scorie nel loro paese di origine dopo il ritrattamento. Ma nessuna di queste modifiche viene accettata.
Il 15 febbraio 2001 a Mosca, durante un'iniziativa di Soez, di Ecodifesa e del Partito Iabloko duecento persone manifestano di nuovo davanti alla Duma. Aman Tuleiev, il popolarissimo governatore della regione di Kemerovo (Siberia occidentale), si dichiara disgustato dal progetto.
All'inizio di marzo il presidente Putin riceve una lettere firmata da 600 organizzazioni da tutta la Russia. Il 22 febbraio si muove anche Greenpeace: mentre due ragazze vestite con tute bianche attirano l'attenzione delle guardie, due loro compagni si arrampicano sui muri e attaccano un immenso striscione sulle finestre dell'edificio.
Ma il giorno dopo i giornali si allarmano per la poca efficienza dimostrata dal servizio di sicurezza dei rappresentanti del popolo! Il 18 aprile 2001 i membri della Khraniteli Radugi (9), un'altra associazione ecologista, si incatenano alle porte della Duma. In maggio, prima della terza lettura, la serie di manifestazioni continua.
Ricordiamo le 200mila firme raccolte nella regione di Irkutsk e la mobilitazione degli abitanti di Novorossisk, il cui porto ha dato la sua autorizzazione al Minatom per il transito di scorie nucleari.
Ancora in giugno nove membri dell'Accademia delle scienze scrivono una lettera aperta di disapprovazione al presidente.
«Le persone non muoiono per le radiazioni. In compenso con i vostri discorsi finiscono per mettersi il cappio intorno al collo. Non bisogna dimenticare un dato di fatto: tra chi ha lavorato a bonificare Chernobyl, ci sono stati molti suicidi». Ecco che cosa risponde il ministro dell'Energia atomica agli ecologisti durante una trasmissione televisiva alla fine del marzo 2001. «La massa ignorante non deve avere voce in capitolo nelle decisioni», è stato detto ai giornalisti durante il primo plenum del Congresso ecologico russo, organizzato dal Cremlino per opporsi al referendum.
Tuttavia, nell'ottobre scorso la Russia ha assistito con paura all'arrivo di un convoglio di 41 tonnellate di scorie nucleari provenienti dalla Bulgaria, destinate al ritrattamento, ma dirette per ora verso il centro di stoccaggio di Krasnoiarsk. Il contratto, oltre ad aver fatto a meno del parere tecnico richiesto per legge (10), è stato al centro di un ennesimo scandalo. Infatti, l'impresa nominata dalla centrale nucleare bulgara come intermediaria per il pagamento non esiste più dal marzo 2001 anche se è ancora presente nella lista dei finanziatori. Questa società off shore, Energy Invest and Trade, è legata al famoso gruppo Alfa, dal quale l'istituto ha ottenuto l'anno scorso la gestione dei conti del Minatom e quindi del contratto bulgaro.
Una questione di democrazia Qualche ora prima del passaggio del convoglio, lungo la stessa linea, sono deragliati quindici vagoni di un altro treno, danneggiando le rotaie per 350 metri. «Migliaia di abitanti che vivono lungo la transiberiana saranno minacciati da 670 convogli dello stesso tipo, se le 20mila tonnellate di scorie saranno effettivamente inviate in Siberia», ha calcolato Slivyak. Tre referendum regionali sono in preparazione su questi argomenti. Si negherà ancora una volta alla popolazione russa il diritto di far valere la propria volontà su decisioni così importanti? Per Alissa Nikulina è innanzi tutto una questione di democrazia.
Ma i russi hanno le idee chiare. Secondo un sondaggio di Romir del giugno 2001 su chi trarrà maggior vantaggio dalla decisione della Duma, un terzo dei moscoviti ha detto che saranno i proprietari stranieri di scorie, il 19,6% il Minatom, il 17,8% il governo russo. Solo il 4% degli abitanti della capitale è invece convinto che la questione farà gli interessi di tutta la Russia.

note:

* Giornalista, Bruxelles.

(1) The Guardian, Londra, 12 luglio 2001.

(2) Già nel 1995 un decreto presidenziale aveva cercato di legalizzare l'importazione, ma era stato contestato con successo da Greenpeace presso la Corte costituzionale.

(3) Le cifre riguardano il progetto di modifica dell'articolo 50 della legge sull'ambiente.

(4) Per aver trasmesso ai media giapponesi le immagini della marina russa che getta nel mare del Giappone scorie radioattive e chimiche.

(5) Novaia Gazeta, Mosca, 8-15 ottobre 2000.

(6) Ritrattato, il combustibile contaminato non contiene più plutonio.
Quest'ultimo può essere riutilizzato a scopi civili o militari ed è molto più pericoloso per la salute di quanto sia l'uranio.

(7) Mosca, 26 dicembre 2000-2 gennaio 2001, fa riferimento a un ordine del Consiglio di sicurezza del 1999 sulla necessità «di accelerare l'elaborazione di munizioni di nuova generazione, che penetrano profondamente nel terreno, di una potenza controllata, per un utilizzo nelle nuove guerre nucleari locali e limitate».

(8) Si legga René Sepul, «Recrudescence des accidents au niveau international», in Avancées, Bruxelles, maggio 2000.

(9) In inglese si fanno chiamare i «Rainbow Keepers».

(10) Il contratto è stato firmato nel giugno 2000 e quindi non era vincolato alle modifiche successive. In ogni modo la vecchia legislatura permetteva l'importazione per il ritrattamento ma con l'obbligo di rimandare indietro le scorie. Inoltre ogni contratto doveva essere sottoposto a un parere tecnico.
(Traduzione di A. D. R.)