Inquinamento e
loschi traffici
La Russia, pattumiera
nucleare del mondo
Alla fine di dicembre il giornalista russo Grigori Pasko è stato condannato a quattro anni di carcere per aver filmato la marina russa mentre gettava rifiuti radioattivi nel mar del Giappone. Questa condanna conferma il grande nervosismo del presidente Vladimir Putin che, dopo il voto delle due camere, ha promulgato alcune leggi che autorizzano l'importazione di scorie nucleari da sottoporre a trattamento senza l'obbligo di rispedirle nel loro paese di provenienza. Una decisione a cui le organizzazioni ecologiste e la maggioranza della popolazione si oppongono ostinatamente.
dal nostro inviato speciale Nathalie Melis*
«Ventimila
tonnellate di scorie nucleari dall'estero in cambio di venti miliardi di
dollari», questa è la transazione proposta, da diversi anni,
dal ministro russo dell'Energia atomica. Evgeni Adamov ha ottenuto
che il divieto di importare dall'estero scorie nucleari per immagazzinarle
e sotterrarle, previsto dall'articolo 50 della legge sull'ambiente, sia
tolto. Adesso i paesi che desiderano sbarazzarsi dei loro rifiuti radioattivi
- Giappone, Corea del sud, Taiwan e alcuni paesi dell'Est - potranno farlo.
In compenso la Svizzera sembra intenzionata a rivedere il protocollo che
aveva firmato con la Russia nel 1998, mentre il ministro dell'Ambiente
tedesco, Jürgen Trittin, ha fatto sapere nel giugno 2001 che la Repubblica
federale tedesca non era più disposta a sostenere «questo
gioco irresponsabile con la salute e con la sicurezza dei cittadini russi»
(1).
Tutto comincia - o ricomincia (2) - il
18 luglio 2000, quando il ministero dell'Energia atomica, il Minatom, presenta
alla Duma tre progetti di legge destinati a modificare la normativa per
permettere «l'importazione di scorie, di materiali nucleari e di
combustibili contaminati per il loro stoccaggio, interramento o ritrattamento».
Ma uno dei progetti prevede la creazione
di un fondo speciale per la bonifica delle zone contaminate da cinquanta
anni di esperimenti nucleari. Il Minatom prospetta grandi guadagni: 3,5
miliardi di dollari andranno al bilancio federale e 7 miliardi alla bonifica
delle aree contaminate, mentre i 9 miliardi rimanenti saranno destinati
allo sviluppo dell'industria nucleare, «orgoglio del paese»,
secondo Adamov.
E simbolo della sua indipendenza finanziaria.
L'offensiva contro gli oppositori Nel
dicembre 2000, l'istituto di sondaggi Romir indica che il 94% dei russi
è contrario all'abolizione del divieto di importare scorie nucleari.
Ma non importa: il 21 dicembre la Duma adotta una prima volta il progetto
con 318 voti a favore e 38 contrari (3) - e, dopo qualche esitazione, lo
approverà in seconda lettura il 18 aprile 2001. Ma in ultima lettura,
il 6 giugno, il numero di entusiasti diminuisce nettamente: 243 deputati
votano a favore, 125 contro.
Tocca adesso al Consiglio della federazione,
rappresentante delle regioni, pronunciarsi sul progetto. Tuttavia, diversi
governatori e assemblee regionali, più vicini ai cittadini, manifestano
la loro opposizione. Ma il presidente della camera alta, Egor Stroiev,
preoccupato per la sua carriera politica, rinvia il voto al 27 giugno,
oltre il limite massimo che la costituzione concede al Consiglio per pronunciarsi.
In altre parole, i governatori hanno evitato
lo scontro e si sono astenuti.
Rimane il presidente Putin, che ancora
non si è mai espresso pubblicamente.
Prima di firmare, l'11 luglio 2001, si
preoccupa di incontrare i «rappresentanti della società»
scelti con molta cura, mentre diversi programmi televisivi esaltano i benefici
dell'atomo. Crea inoltre una commissione che dovrà dare il suo accordo
a ogni importazione, ma ne affida la presidenza al premio Nobel per la
fisica Juares Alferov, sostenitore del progetto. Se tutto va per il verso
giusto, annuncia il ministro, le operazioni potranno cominciare entro tre
anni.
Gli ecologisti
reagiscono con rapidità, tanto più che il Cremlino sembra
intenzionato a mettere a tacere tutti gli oppositori dei progetti inquinanti.
Nel giugno 2000, infatti, il Comitato dell'ambiente e il Servizio federale
delle foreste, quel poco che rimane della protezione delle risorse naturali,
sono stati integrati per decreto presidenziale nel ministero delle Risorse
naturali.
Ma l'offensiva contro i verdi era cominciata
ancora prima. Il 20 febbraio alcune organizzazioni ecologiste di tre diverse
città erano contemporaneamente perquisite. Gli investigatori lasciavano
gli uffici di Zilionyi Mir (Mondo verde) a San Pietroburgo portando via
documenti riguardanti l'industria atomica. Il
mese successivo la polizia faceva irruzione nei locali di Greenpeace con
l'ordine (non confermato dal giudice) di chiusura per frode fiscale.
Il Servizio federale di sicurezza (l'Fsb,
erede del Kgb) non dà tregua ai militanti antinucleari. Nel dicembre
1999, nel quadro di un'inchiesta sull'ecoterrorismo, convoca e minaccia
Alissa Nikulina, coordinatrice della campagna antinucleare condotta dall'Unione
sociale ed ecologista russa (Soez) e da Ecodifesa. Il copresidente di questo
programma, Vladimir Slivyak, aveva subìto un interrogatorio simile,
tre mesi prima, in un'automobile dove era stato spinto a forza. Condannato
e poi amnistiato durante un primo processo per spionaggio e alto tradimento
nel 1999 (4), il giornalista Grigori Pasko è stato di nuovo condannato
alla fine del dicembre 2001 a quattro anni di carcere.
Quanto a Igor Sutiagin, specialista di
disarmo nucleare, si trova in prigione da più di due anni, accusato
di «alto tradimento».
Una guerra di informazione Ma la vera
«guerra di informazione» tra il Cremlino e gli ecologisti è
scoppiata nel giugno 2000. «Non ci sarà pulizia delle zone
contaminate né ritrattamento, né tantomeno vantaggi finanziari
per la popolazione», ripetono gli ecologisti durante le loro manifestazioni.
«Se le zone inquinate di cui parla il ministro costituiscono effettivamente
uno dei problemi ecologici più gravi del paese, ci vorrebbero almeno
200 miliardi di dollari per riparare i danni», spiega Aleksei Iablokov,
ex consigliere ecologico del presidente Boris Eltsin e attuale coordinatore
della campagna della Soez. Ma le leggi votate non precisano le modalità
del finanziamento.
Gli ecologisti
ricordano anche che finora esiste soltanto un centro di ritrattamento:
il complesso «Mayak» negli Urali. Ma questo centro
può trattare ogni anno solo 200 tonnellate di scorie sulle 14mila
che marciscono in siti di stoccaggio poco affidabili, «o semplicemente
sottoterra senza alcuna autorizzazione», sottolinea Nikulina. Bisognerà
quindi costruirne di nuovi - dove, osserva il settimanale Novaia Gazeta,
«le scorie saranno "dimenticate" e nessuno andrà mai a riprenderle»
(5). Giornalisti, specialisti ed ecologisti dubitano della fattibilità
dei progetti di ritrattamento, nonostante le affermazioni entusiaste del
ministero, secondo le quali il carburante contaminato non rappresenta una
scoria, ma una materia prima riutilizzabile e rivendibile (6).
In realtà questo ministero ha il
gusto del segreto. Successore del ministro Adamov, sostituito per essere
stato accusato dalla Duma di malversazioni, anche Aleksandr Rumianzev è
un fervente sostenitore della legalizzazione dell'import di scorie nucleari.
Prima della promozione, il nuovo ministro dirigeva l'Istituto Kurchatov,
un centro di ricerca nucleare che ha fatto scalpore nell'aprile 2001, poiché
nella sua sede, nel centro della capitale, erano immagazzinate 2.000 tonnellate
di scorie nucleari! Ma tutto ciò non deve stupire, se è vero
che il ministero - vicino al potente gruppo finanziario Mdm, attualmente
preso d'assalto dal gruppo Alfa, molto attivo dopo l'arrivo di Putin -
vuole stornare gran parte dei fondi destinati al ritrattamento delle scorie
sperando di destinare il residuo alla prevista costruzione di una trentina
di centrali supplementari e alla prima centrale galleggiante del mondo.
Una parte del denaro permetterebbe di
accelerare lo sviluppo di munizioni nucleari di nuova generazione, il cui
scopo è quello di rendere possibile guerre nucleari limitate: «Tra
dieci anni - scrive Moskovskie Novosti (7) - nel corso dell'ennesima operazione
antiterrorismo, esploderà una piccola bomba. Che cancellerà
definitivamente i terroristi e tutte le loro cose». Questa scelta
è confermata dall'ultima versione della dottrina militare del paese,
approvata da Putin il 10 gennaio 2000, che permette il ricorso all'arma
nucleare «nel caso in cui tutte le altre forze e mezzi per risolvere
la situazione siano esauriti o si siano rivelati inefficaci».
Secondo Slivyak, il Minatom sa bene che
il programma di importazione è in realtà impossibile da gestire:
«I suoi problemi attuali sono già abbastanza gravi. Ma in
questa situazione di crisi economica ha avuto la meglio la volontà
di salvare i reattori del paese, insieme agli interessi delle banche che
si nascondono dietro il Minatom.
Le scorie saranno quindi semplicemente
seppellite, mentre i fondi previsti andranno da un lato all'industria nucleare
russa, dall'altro nelle tasche dei funzionari del ministero e dei banchieri».
Il 23 gennaio 2001, l'organizzazione Ecodifesa
rende pubblico un rapporto allarmante sui pericoli del trasporto di materie
nucleari: la legislazione non rispetta le norme internazionali; il paese
utilizza contenitori antiquati; le legislazioni regionali e federali non
sono omogenee; le regole sulla concessione di licenze ai trasportatori
sono rigorosamente ignorate; il personale non è competente né
protetto; il 40% del mezzi per il trasporto ferroviario è difettoso.
Queste conclusioni riflettono le condizioni
dell'industria nucleare russa. Anche se il paese possiede un potenziale
scientifico impressionante, questa industria si muove in un quadro instabile,
caratterizzato per decenni dalla corruzione, dall'irresponsabilità
e dalla cronica mancanza di fondi. Secondo il dipartimento di stato americano
le sette centrali più pericolose del mondo si trovano tutte sul
territorio dell'ex Urss (8).
Nel giugno 2000 gli ecologisti avevano
presentato una richiesta ufficiale per indire un referendum nazionale sul
problema delle scorie e sulla creazione di veri e propri organismi governativi
di difesa dell'ambiente.
Per quattro mesi si sono mobilitati ovunque
per raccogliere i due milioni di firme richiesti dalla costituzione. Il
25 ottobre ne consegnano due milioni e mezzo alla Commissione elettorale
centrale, che, un mese dopo, ne avrebbe scartate 800milaper motivi più
o meno futili.
I verdi hanno quindi presentato un appello
alla Corte costituzionale, che è stato respinto nel marzo 2001.
«Dollari
radioattivi» NelL'estate 2000 gli ecologisti avevano comunque ottenuto
una vittoria significativa durante la loro «mobilitazione»
nella zona del centro di ritrattamento di Mayak, vicino a Cheliabinsk negli
Urali. Dal 23 luglio al 5 agosto una sessantina di rappresentanti
di organizzazioni di dieci città russe e di paesi stranieri come
l'Austria e la Slovacchia piantavano le loro tende in uno dei distretti
più inquinati dei dintorni del complesso nucleare. Soez, Ecodifesa
e due associazioni locali volevano in questo modo attirare l'attenzione
sullo stato di salute degli abitanti delle zone contaminate, manifestare
contro l'importazione di scorie e il loro stoccaggio a Mayak e opporsi
alla costruzione di una nuova centrale nel sud degli Urali.
Mentre gli scienziati dell'università
di Novosibirsk (Siberia occidentale) misuravano il livello di radioattività,
gli ecologisti sfilavano per la città. Il 3 agosto 2000 alcune decine
di attivisti bloccavano l'ingresso della casa del governatore, che alla
fine accettava di incontrarli. L'8 agosto quest'ultimo, rifiutando lo stoccaggio
delle scorie nucleari straniere a Mayak, annunciava che si sarebbe opposto
all'importazione di rifiuti nucleari fintanto che non fosse stato previsto
nel bilancio federale del 2001 un programma di riabilitazione sociale per
gli abitanti della regione.
La contestazione è cresciuta nel
momento in cui, nel dicembre 2000, i deputati federali si sono pronunciati
in favore del progetto. Il 15 gennaio 2001 diverse azioni si svolgono contemporaneamente
in una decina di città russe. A Tomsk si distribuiscono «dollari
radioattivi» e si informa la popolazione dei mezzi di cui dispone
per fare pressione.
A Irkutsk si raccolgono firme da inviare
alla Duma regionale. A Saratov il Teatro ecologico si esibisce per strada.
A Nijni-Novgorod gli ecologisti di Dront distribuiscono cartoline da inviare
ai deputati federali. L'iniziativa ha successo: nei mesi successivi migliaia
di cartoline sono inviate e, pochi giorni dopo le manifestazioni, il governatore
annuncia di essere contrario all'importazione di scorie nucleari. La popolazione,
temendo la polizia o dubitando della propria influenza, non manifesta in
piazza ma si fa comunque sentire attraverso i sondaggi, le trasmissioni
televisive o la posta. Risultato: nel marzo 2001 circa un terzo delle assemblee
legislative regionali vota contro il progetto.
Nel frattempo,
le grandi organizzazioni ecologiche sviluppano iniziative internazionali.
Conducono una guerra di informazione che si estende fino a Taiwan e al
Giappone, dove i media affermano che l'esportazione di scorie nucleari
in territorio russo è legale. La Soez organizza una campagna per
inondare di fax i deputati russi. Vi partecipano organizzazioni ecologiste
del Kazakistan (ove si studia, a livello parlamentare, una misura per legalizzare
l'importazione di scorie), della Grecia, della Gran Bretagna e del Kirghizistan.
Nella Duma, alcuni deputati del partito
liberale Iabloko di Grigori Iavlinski e gli esponenti dell'Unione delle
forze di destra (Sps), contrari al progetto, cercano di attenuare la portata
dei testi con l'introduzione di emendamenti. Uno di essi prevede l'approvazione
di ogni contratto da parte della Duma. Un altro chiede il ritorno delle
scorie nel loro paese di origine dopo il ritrattamento. Ma nessuna di queste
modifiche viene accettata.
Il 15 febbraio 2001 a Mosca, durante un'iniziativa
di Soez, di Ecodifesa e del Partito Iabloko duecento persone manifestano
di nuovo davanti alla Duma. Aman Tuleiev, il popolarissimo governatore
della regione di Kemerovo (Siberia occidentale), si dichiara disgustato
dal progetto.
All'inizio di marzo il presidente Putin
riceve una lettere firmata da 600 organizzazioni da tutta la Russia. Il
22 febbraio si muove anche Greenpeace: mentre due ragazze vestite con tute
bianche attirano l'attenzione delle guardie, due loro compagni si arrampicano
sui muri e attaccano un immenso striscione sulle finestre dell'edificio.
Ma il giorno dopo i giornali si allarmano
per la poca efficienza dimostrata dal servizio di sicurezza dei rappresentanti
del popolo! Il 18 aprile 2001 i membri della Khraniteli Radugi (9), un'altra
associazione ecologista, si incatenano alle porte della Duma. In maggio,
prima della terza lettura, la serie di manifestazioni continua.
Ricordiamo le 200mila firme raccolte nella
regione di Irkutsk e la mobilitazione degli abitanti di Novorossisk, il
cui porto ha dato la sua autorizzazione al Minatom per il transito di scorie
nucleari.
Ancora in giugno nove membri dell'Accademia
delle scienze scrivono una lettera aperta di disapprovazione al presidente.
«Le persone non muoiono per le radiazioni.
In compenso con i vostri discorsi finiscono per mettersi il cappio intorno
al collo. Non bisogna dimenticare un dato di fatto: tra chi ha lavorato
a bonificare Chernobyl, ci sono stati molti suicidi». Ecco che cosa
risponde il ministro dell'Energia atomica agli ecologisti durante una trasmissione
televisiva alla fine del marzo 2001. «La massa ignorante non deve
avere voce in capitolo nelle decisioni», è stato detto ai
giornalisti durante il primo plenum del Congresso ecologico russo, organizzato
dal Cremlino per opporsi al referendum.
Tuttavia, nell'ottobre scorso la Russia
ha assistito con paura all'arrivo di un convoglio di 41 tonnellate di scorie
nucleari provenienti dalla Bulgaria, destinate al ritrattamento, ma dirette
per ora verso il centro di stoccaggio di Krasnoiarsk. Il contratto, oltre
ad aver fatto a meno del parere tecnico richiesto per legge (10), è
stato al centro di un ennesimo scandalo. Infatti, l'impresa nominata dalla
centrale nucleare bulgara come intermediaria per il pagamento non esiste
più dal marzo 2001 anche se è ancora presente nella lista
dei finanziatori. Questa società off shore, Energy Invest and Trade,
è legata al famoso gruppo Alfa, dal quale l'istituto ha ottenuto
l'anno scorso la gestione dei conti del Minatom e quindi del contratto
bulgaro.
Una questione di democrazia Qualche ora
prima del passaggio del convoglio, lungo la stessa linea, sono deragliati
quindici vagoni di un altro treno, danneggiando le rotaie per 350 metri.
«Migliaia di abitanti che vivono lungo la transiberiana saranno minacciati
da 670 convogli dello stesso tipo, se le 20mila tonnellate di scorie saranno
effettivamente inviate in Siberia», ha calcolato Slivyak. Tre referendum
regionali sono in preparazione su questi argomenti. Si negherà ancora
una volta alla popolazione russa il diritto di far valere la propria volontà
su decisioni così importanti? Per Alissa Nikulina è innanzi
tutto una questione di democrazia.
Ma i russi hanno le idee chiare. Secondo
un sondaggio di Romir del giugno 2001 su chi trarrà maggior vantaggio
dalla decisione della Duma, un terzo dei moscoviti ha detto che saranno
i proprietari stranieri di scorie, il 19,6% il Minatom, il 17,8% il governo
russo. Solo il 4% degli abitanti della capitale è invece convinto
che la questione farà gli interessi di tutta la Russia.
note:
* Giornalista, Bruxelles.
(1) The Guardian, Londra, 12 luglio 2001.
(2) Già nel 1995 un decreto presidenziale aveva cercato di legalizzare l'importazione, ma era stato contestato con successo da Greenpeace presso la Corte costituzionale.
(3) Le cifre riguardano il progetto di modifica dell'articolo 50 della legge sull'ambiente.
(4) Per aver trasmesso ai media giapponesi le immagini della marina russa che getta nel mare del Giappone scorie radioattive e chimiche.
(5) Novaia Gazeta, Mosca, 8-15 ottobre 2000.
(6) Ritrattato, il combustibile contaminato
non contiene più plutonio.
Quest'ultimo può essere riutilizzato
a scopi civili o militari ed è molto più pericoloso per la
salute di quanto sia l'uranio.
(7) Mosca, 26 dicembre 2000-2 gennaio 2001, fa riferimento a un ordine del Consiglio di sicurezza del 1999 sulla necessità «di accelerare l'elaborazione di munizioni di nuova generazione, che penetrano profondamente nel terreno, di una potenza controllata, per un utilizzo nelle nuove guerre nucleari locali e limitate».
(8) Si legga René Sepul, «Recrudescence des accidents au niveau international», in Avancées, Bruxelles, maggio 2000.
(9) In inglese si fanno chiamare i «Rainbow Keepers».
(10) Il contratto è stato firmato
nel giugno 2000 e quindi non era vincolato alle modifiche successive. In
ogni modo la vecchia legislatura permetteva l'importazione per il ritrattamento
ma con l'obbligo di rimandare indietro le scorie. Inoltre ogni contratto
doveva essere sottoposto a un parere tecnico.
(Traduzione di A. D. R.)