IL MANIFESTO 28/11/2001
 http://www.ilmanifesto.it/oggi/art27.htm

Obiettivo Iraq, no russo e arabo
Russia e Lega araba mettono in guardia l'amministrazione Bush dal colpire l'Iraq. Un attacco "spezzerebbe la coalizione antiterrorismo". L'Onu blocca il tentativo Usa di mettere le mani sul petrolio iracheno con la scusa delle "sanzioni intelligenti"
STEFANO CHIARINI

Aerei anglo-americani hanno bombardato ieri alcune installazioni militari irachene a poche ore dal diktat di Bush che ha ordinato all'Iraq di accettare di nuovo gli ispettori dell'Onu per il disarmo non convenzionale cacciati nel dicembre 1998 per aver "provocato" (secondo lo stesso ispettore Usa Scott Ritter) i devastanti raid americani contro Baghdad. Se l'Iraq, come ha fatto ieri, dovesse opporre un netto rifiuto al rientro degli ispettori Onu-Cia fino a quando non verranno tolte le sanzioni (che hanno già ucciso un milione e mezzo di cittadini innocenti), allora , ha aggunto Bush, "Se ne accorgerà". Parallelamente oltre 3.000 marines hanno iniziato nuove esercitazioni a fuoco in Kuwait lungo il confine con l'Iraq mentre alle Nazioni unite Washington non è riuscita ad imporre un nuovo inasprimento della sanzioni -con il blocco del contrabbando unica fonte indipendente di valuta pregiata dell'Iraq- per l'opposizione di Russia e Cina. Opposizione che ha riguardato anche l'ipotesi di un allargamento della guerra al terrorismo all'Iraq. Una prospettiva che anche il ministro degli esteri siriano Farouk al Shara - a nome di tutti i paei arabi- ha ieri condannato con durezza definendola "un errore fatale".
Gli Usa però potrebbero riuscire nelle prossime ore ad imporre comunque un rinnovo del regime attuale della "oil for food" ("cibo contro petrolio") - risoluzione "umanitaria" che in realtà è servita a pagare i danni di guerra e non certo a sfamare la popolazione irachena dal momento che a fronte di vendite di petrolio per 49 miliardi di dollari dal 1996 ad oggi ha visto arrivare in Iraq merci essenziali per appena 16,8 miliardi di dollari - per per soli quattro mesi invece degli usuali sei in modo tale da poter imporre al Consiglio di sicurezza, il prossimo marzo, l'agognato inasprimento del regime dell'embargo. O da poter giustificare un nuovo attacco all'Iraq nel corso del quale magari potrebbero essere sperimentate le famose "piccole atomiche" designate per "colpire i bunker" dove sarebbero conservate presunte armi di distruzione di massa. Intanto in vista di un possibile arrivo dei marines nella enclave kurda nell'Iraq del nord (in una riedizione della strategia afghana con i kurdi al posto dell'Alleanza del nord, che poi dovrebbero essere rimessi a loro posto dalla Turchia) le milizie filo-occidentali dell'Unione patriottica del Kurdistan di Jalal Talabani hanno attaccato nei pressi della città di Halabja le milizie integraliste kurde del "Jund al Islam". Naturalmente nel'ambito della "lotta contro il terrorismo". Il quadro generale sembra così indicare uno spostamento dell'amministrazione Bush verso l'ipotesi di un attacco all'Iraq "per finire il lavoro del 1991" sostenuta dai superfalchi, nuovi conservatori reaganiani e lobby filo-israeliane, che fanno capo al vice ministro dalla difesa Paul Wolfowitz e al Defence Policy Board del Pentagono con la partecipazione di Richard Perle, Henry Kissinger, James Schlesinger, Dan Quayle, e Newt Gringich. E soprattutto dell'ex capo della Cia james Woolsey dall'undici settembre in giro per il mondo alla ricerca di "prove" di un coinvolgimento dell'Iraq negli attentati alle torri gemelle e al Pentagono. Ricerca piuttosto frustrante dal momento che tra i dirottatori non sembra ci sia neppure un iracheno ma piuttosto sauditi ed egiziani e che il gruppo di al Qaeda avesse avuto come obiettivo principale per anni e anni proprio l'Iraq "ateo" ultimo rappresentante nel mondo arabo e musulmano di una ideologia socialisteggiante e quindi atea. Ma a Bush non interessano nè l'islamismo nè il terrorismo ma solamente il colpire coloro che si ribellano ai voleri dell'impero e che intralciano il progetto di balcanizzare l'intero medioriente, spezzettandone i principali stati su basi e
tnico-confessionali, in modo da poter con facilità controllare il petrolio saudita e iracheno e assicurare sulla regione una pax americano-israeliana. Il vecchio sogno di Ben Gurion e di una parte dell'establishment sionista degli albori di Israele.
La risposta irachena al diktat di Bush non si è fatta attendere. Baghdad, ha sostenuto il ministero degli esteri, ha applicato la risoluzione 687 sul disarmo non convenzionale mentre le Nazioni unite "a causa delle pressione americane e britanniche" non lo hanno fatto disattendendo quel punto C che prevede la fine delle sanzioni una volta realizzato il disarmo non convenzionale. La settimana scorsa il governo iracheno si era detto disposto a "considerare la possibilità di un ritorno degli ispettori" ma solo "dopo che saranno state revocate le sanzioni" ormai in vigore dal 1990 e "abolite le No fly zone", zone di interdizione aerea ai velivoli iracheni istituite arbitrariamente da Usa e Gb nel nord e nel sud dell'Iraq. Alle accuse Usa di aver ripreso il programma per la costruzione di armi chimiche e batteriologiche l'Iraq ha risposto che per otto anni gli ispettori dell'Onu hanno avuto mano libera nel paese e che toccherebbe agli Usa e ad Israele aprire i loro arsenali alle ispezioni della comunità internazionale. A favore della tesi di Baghdad è del resto sceso in campo uno dei più noti e controversi ispettori della Commissione dell'Onu per il disarmo iracheno l'ufficiale dei marines, Scott Ritter. Quest'ultimo ha sostenuto che "già dal 1997 l'Iraq non possiede più significative quantità di agenti chimici o biologici, se mai gli ha avuti". Lo stesso dicasi per il potenziale nucleare e balistico: "Da un punto di vista qualitativo l'Iraq è stato disarmato". Del resto la stessa risoluzione 687 stabiliva con chiarezza che lo smantellamento delle armi di distruzione di massa dell'Iraq doveva essere inquadrata in un più generale progetto di disarmo non convenzionale dell'intero medioriente. Compresa Israele principale potenza nucleare, chimica e batteriologica della regione.