Il Manifesto 28/11/2001
 http://www.ilmanifesto.it/oggi/art20.htm

Pakistan, il giallo nucleare - Scricchiola il potere di Musharraf.
Arrestati di nuovo i due scienziati che lavorarono all'atomica pakistana, oggi amici dei taleban
MARINA FORTI - INVIATA A ISLAMABAD

La sicurezza nucleare non c'entra nulla, ha detto ieri pomeriggio il maggiore-generale Rashid Qureshi, portavoce del capo del governo pakistano. Sarà, ma l'arresto di due scienziati nucleari legati ai Taleban, in un paese dotato di armi nucleari fa suonare molti campanelli d'allarme. I due sono Sultan Bashiruddin Mahmood e Chaudry Abdul Majid, già fermati e interrogati alla fine di ottobre a proposito della loro attività con un'organizzazione non governativa di assistenza all'Afghanistan dei Taleban. Gli scienziati erano stati rilasciati dopo alcuni giorni ed erano tornati a casa, avevano detto i portavoce goivernativi: ma da allora nessuno ha potuto visitarli o comunicare con loro, a parte i parenti stretti. Lunedì sera, in un'intervista alla tv pakistana, il generale Parver Musharraf aveva detto che i due scienziati non hanno mai avuto a che fare direttamente con il programma nucleare militare. E ieri, sollecitato dai giornalisti, il maggiore-generale Qureshi ha detto che sì, Bashiruddin Mahmood e Abdul Majid sono di nuovo "entrambi in stato d'arresto", perché sono necessari nuovi interrogatori. Il portavoce ha dichiarato di non conoscere dettagli sullo stato delle indagini sul loro conto.
Sultan Bashiruddin Mahmood e Chaudry Abdul Majid sono stati, entrambi, in servizio presso la Commissione Pakistana per l'Energia atomica, e hanno lavorato a programmi sulle armi nucleari. Mahmood è un ingegnere nucleare, ed è stato responsabile della sicurezza al reattore nucleare di Khushab, nel Punjab. Dal '98 è in pensione, e da allora ha diretto un'organizzazione umanitaria che conduce progetti alimentari in Afghanistan. Abdul Majid ha lavorato con Mahmood sia nei laboratori nucleari, sia più tardi nell'organizzazione non governativa per l'Afghanistan. Entrambi professano una versione fondamentalista dell'islam, ed erano molto vicini ai Taleban.
L'arresto dei due scienziati nucleari aveva già suscitato un mese fa numerosi interrogativi - e l'intervista a Osama bin Laden pubblicata due settimane fa da un giornale pakistano, in cui il principe saudita afferma di avere la bomba atomica, aveva ovviamente provocato allarme. Il primo interrogativo è quanto sicure siano le armi atomiche pakistane (Islamabad ha almeno 24 testate nucleari, stimano gli Usa, che possono essere installate e rilasciate da missili a medio raggio e da aerei F-16): nelle ultime settimane, dopo l'11 settembre, discrete missioni di alti funzionari del Pentagono sono state in Pakistan per discutere con il governo di Musharraf la sicurezza delle installazioni atomiche: quel che preoccupa è che cadano in mano a fazioni islamiste ribelli nell'establishment militare. E secondo il giornalista Seymour M. Hersh (su The New Yorker, 5 novembre) unità scelte del Pentagono "in incognito" - quelle addestrate a entrare in silenzio in un paese e trovare le armi nucleari, e disinnescarle se necessario - hanno preparato piani per un'eventuale azione in Pakistan. Non per nulla in parecchie riprese i governanti di Islamabad hanno detto e ripetuto che le armi nucleari pakistane sono perfettamente sotto controllo...
 

La scienza islamica
L'altra questione è se la rete Al-Qaida abbia davvero messo le mani su armamenti nucleari (e chimici), e in tal caso se la fonte siano davvero i due scienziati pakistani. La risposta, almeno provvisoria, sembra negativa - nonostante le dichiarazioni di Osama in quella famosa intervista. Abbiamo raccolto ipotesi diverse sulla figura professionale del più anziano dei due, Mahmood: pare che sia stato emarginato dalla ricerca di punta perché come ingegnere nucleare non era poi tanto brillante. O meglio: era stato uno scienziato competente, prima di prendere una strana piega mistico-fondamentalista: pubblicava articoli su come usare i jinn, gli spiriti di fuoco evocati nel Corano, per risolvere i problemi energetici mondiali: "E lo diceva sul serio, non era una battuta - ci aveva detto qualche giorno fa Abdul Hamid Nayyar, fisico teorico all'Università Qaid-e-Azam (l'università statale) di Islamabad e militante pacifista - Prendeva alla lettera tutto ciò che è scritto nel libro, un vero fondamentalista". Erano i tempi del generale Zia ul-Haq, ricorda Nayyar, che sponsorizzava generosamente ogni iniziativa tendente a esaltare l'islam. Dunque perché no la "scienza islamica", con grande dispendio di fondi per conferenze in cui persone del calibro di Mahmood presentavano lavori sulla "misura della velocità del paradiso"... Mahmood è stato un alto funzionario, primo direttore del laboratorio da cui sarebbe poi uscita la bomba pakistana: ma ne è stato allontanato prima che il programma atomico militare raggiungesse qualche risultato concreto (ormai sotto la guida di un altro scienziato, Abdul Qadir). E' rimasto un fervente fautore della "bomba islamica": e nel 1998, quando il Pakistan ha condotto i suoi test nucleari nel deserto del Baluchistan, Mahmood ha scritto commenti sui giornali per sostenere che Islamabad non deve firmare il Trattato per la messa al bando dei test nucleari (Ctbt, Comprehensive Test Ban Treaty). Il Pakistan non ha mai firmato quel trattato, né l'ha firmato l'India che aveva condotto test nucleari nel maggio del '98, una settimana prima del Pakistan.
Ma le professioni di fede o le velleità islamiste non bastano a dire che Osama bin Laden abbia la bomba atomica, né che i due scienziati gliel'abbiano passata. Secondo diversi esperti, i due scienziati non sarebbero in grado di passare un'arma nucleare a chicchessia. Senza contare che una bomba nucleare è un ordigno complesso, ci aveva fatto notare il professor Nayyar, con un nucleo attorno a cui bisogna assemblare un sistema di detonazione che provochi l'implosione del nucleo e inneschi la reazione nucleare: seppure Osama avesse potuto contrabbandare in Afghanistan il plutonio arricchito necessario, difficilmente potrebbe avere un ordigno in forma compiuta. Né è credibile che una bomba pakistana, bella fatta e assemblata, sia stata "persa di vista" e sottratta all'arsenale nazionale, dice Nayyar. Del resto, tra i documenti di Al Qaida emersi nei giorni scorsi dalle macerie di Kabul si troverebbe - pare - la prova che la rete di Osama bin Laden cercava di procurarsi armi nucleari, ma non che sia riuscita nell'intento.
 

Frontiere sigillate
Per il momento Osama preoccupa più che altro come presenza fisica, in Pakistan. Nella citata intervista alla tv pakistana, Musharraf ha ammesso che il capo di Al Qaida potrebbe tentare di passare il confine. Ieri funzionari governativi hanno confermato che la sicurezza ai confini è stata rafforzata proprio per impedire che Osama, braccato dalle forze speciali Usa, entri in Pakistan. Funzionari governativi parlano di "frontiere sigillate", e di militari, guardie di confine e polizia delle zone tribali in allerta ventiquattr'ore su ventiquattro. Per ora, l'unico effetto visibile è al posto di frontiera di Chaman, in Baluchistan, sulla strada che da Kandahar scende a Quetta: lunedì sera otto Taleban entrati in Pakistan insieme al quotidiano gruppo di sfollati sono stati respinti. Più difficile sarà respingere le immagini che arrivano dall'Afghanistan, la repressione della rivolta di Mazar-i-Sharif, i pakistani (e arabi) massacrati dall'Alleanza del nord: imagini che suscitano un'ondata di indignazione in Pakistan: e non solo tra i fondamentalisti talebani.