Il Manifesto 03/12/2001
http://www.ilmanifesto.it/oggi/art21.htm
IERI IL QUINTO
TEST USA
Uno "scudo" duraturo
MANLIO DINUCCI
Con il quinto test di un missile antimissile
avvenuto ieri, l'amministrazione Bush sferra un altro colpo al Trattato
Abm, stipulato nel 1972 da Stati uniti e Unione sovietica, che proibisce
la realizzazione di uno "scudo" antimissile: esso permetterebbe infatti
al paese che lo possedesse di usare per primo la spada nucleare, ossia
di lanciare un first strike (primo colpo) missilistico, fidando sulla capacità
dello "scudo" di neutralizzare o attenuare gli effetti di un eventuale
colpo di rappresaglia.
"Ciò che vogliono i seguaci della
linea dura nell'amministrazione Bush - scrive Thomas Friedman sul New York
Times (30 novembre) - è sbarazzarsi del Trattato Abm, e di ogni
controllo sugli armamenti nucleari, così da essere liberi di perseguire
la fantasia di Ronald Reagan di uno scudo antimissile da Guerre stellari".
E' "un grosso errore", che rischia di compromettere i rapporti con la Russia
nel momento in cui "Putin si sta spostando verso occidente". L'amichevole
incontro tra Bush e Putin a metà novembre, ricorda Friedman, si
è concluso infatti senza alcun accordo sulla revisione del Trattato
Abm. Che soprattutto nelle forze armate russe non vi sia intenzione di
cedere, lo conferma il vicecapo dello stato maggiore, Baluyevsky: "Da parte
russa, non vi sono né vi saranno concessioni sulle questione della
difesa antimissile e delle armi strategiche" (Reuters, 30 novembre).
La decisione Usa di proseguire i test
per la realizzazione dello "scudo" spinge la Russia sulla via del riarmo
nucleare, obiettivo per lei non facile, data la crisi economica, ma non
impossibile. Per controbilanciare il tentativo Usa di accrescere la propria
capacità offensiva, essa non ha che un modo: riprendere lo spiegamento
dei missili balistici a testata multipla, come l'SS-18 a 10 testate (definito
"Satana" dal Pentagono), che nessuno "scudo" potrebbe neutralizzare. I
missili balistici a testata multipla con base a terra sono stati messi
al bando dallo Start II, il trattato firmato nel 1993 da Usa e Russia,
che prevedeva una riduzione delle testate nucleari strategiche operative
(armi pronte al lancio, in grado di colpire un obiettivo distante più
di 5.500 km) da circa 6.000 a 3.000-3.500 per parte. Ma lo Start II, ratificato
dalla Duma russa nell'aprile 2000, non è mai stato ratificato da
Washington, che lo ha lasciato cadere nel dimenticatoio. Nel frattempo,
Clinton e Eltsin si impegnavano nel 1997 a ridurre le testate a 2.000-2.500
per parte. Alle parole non è seguito però alcun fatto.
Ed ecco che ora Bush, per ottenere il
consenso russo allo "scudo", annuncia la disponibilità degli Usa
a ridurre ulteriormente le testate, nel giro di dieci anni, a 1.700-2.200
per parte. Si rifiuta, però, di mettere nero su bianco tale impegno
(come vorrebbe Putin). Ma c'è di più: come precisa The New
York Times (14/11), "l'amministrazione Bush ha anche cambiato il modo in
cui vengono contate le armi nucleari, escludendo quelle installate su sottomarini
e bombardieri", cioè escludendo dal conto il 70% delle testate strategiche
Usa (4.756 su 6.750). Avendo gli Usa 2.000 testate sui missili balistici
con base a terra, una riduzione a 1.700-2.200 permetterebbe loro di mantenere
inalterato anche questo settore dell'arsenale nucleare. Verrebbe invece
penalizzata la Russia, le cui testate nucleari sono installate per il 66%
sui missili con base terra: essa dovrebbe ridurle dalle attuali 3.590 a
1.700-2.200.
E' dunque chiaro che gli Stati uniti intendono
approfittare della crisi russa per accrescere il loro vantaggio, nel settore
degli armamenti nucleari, nei confronti dell'ex superpotenza. E' la stessa
strategia che essi perseguono con l'operazione "Libertà duratura",
attraverso cui mirano a occupare lo spazio lasciato in Asia centrale dal
crollo dell'Urss, sottraendo alla Russia le repubbliche ex-sovietiche e
il controllo delle fonti energetiche del Caspio. Occupando posizioni strategiche
in quest'area, mirano allo stesso tempo a rafforzare la loro influenza
nella regione del Golfo e a tenere sotto più stretto controllo Cina
e India.
Pur sapendo che la ripresa dei test dei
missili antimissile affosserà il Trattato Abm e spingerà
la Russia a tentare un riarmo nucleare, e allo stesso tempo la Cina ad
accrescere il proprio arsenale, gli Usa proseguono su questa via, fidando
sul fatto che in tal modo rafforzeranno la loro supremazia militare. Ciò
emerge chiaramente dalla Quadrennial Defense Review, pubblicata dal Dipartimento
della difesa il 30 settembre (cfr. il manifesto, 10 ottobre): in essa si
afferma che il Pentagono sta "passando da una concezione di difesa missilistica
"nazionale" a un vasto sforzo di ricerca, sviluppo e sperimentazione diretto
allo spiegamento di difese missilistiche a più strati". Tali sistemi,
come il Meads alla cui realizzazione partecipa anche l'Italia (cfr. il
manifesto, 7 agosto), hanno lo scopo di "proteggere le forze Usa spiegate
su posizioni avanzate", ossia lo scopo di permettere agli Usa di proiettare
le proprie forze armate in qualsiasi parte del mondo proteggendole da eventuali
reazioni dei paesi attaccati.
Il progetto complessivo è quello
di una militarizzazione dello spazio: "Poiché molte attività
condotte nello spazio sono essenziali per la sicurezza nazionale e il benessere
dell'America - afferma il documento del Pentagono - la capacità
degli Stati uniti di accedere e utilizzare lo spazio costituisce un vitale
interesse di sicurezza nazionale. La missione di controllo dello spazio
significa assicurare libertà di azione nello spazio per gli Stati
uniti e negare tale libertà agli avversari".