IL MATTINO DI PADOVA 28/03/2002
 http://www.mattinopadova.kataweb.it/mattinopadova/arch_28/padova/regione/vr599.htm

L'11 SETTEMBRE, IL LINGUAGGIO È CAMBIATO

Marino Niola

SEGUE DALLA PRIMA
interrogazione disastrosa doppiata da cazziatone solenne. E racconta la battaglia quotidiana che ogni studente combatte da sempre con gli insegnanti, nei termini apocalittici di una guerra di religione.
Proprio come hanno cominciato a fare i teenagers americani dopo l'undici settembre. Sembra che l'impressione prodotta negli adolescenti statunitensi dal crollo delle twin towers abbia cambiato il vocabolario giovanile, introducendo parole nuove ma, soprattutto, dando un nuovo senso alle parole di sempre. Lo rivela un'interessante inchiesta di Emily Wax, del "Washington Post", che ricostruisce per filo e per segno il nuovo slang dopocatastrofe.
D'ora in poi una camera da letto irriconoscibile non sarà semplicemente disordinata ma addirittura "ground zero".
E se la ramanzina si chiama "jihad", il suo autore, cioè un insegnante molto severo, sarà chiamato, di conseguenza, "terrorista". Nel gergo giovanile l'undici settembre appare come una data periodizzante, una sorta di accapo nella storia. Al punto che di una persona che ha un look eccessivamente allegro e colorato si dice "E' rimasto al dieci settembre". E, di contro, di un abito tristanzuolo e fuori moda si dice che è un "burqua". E ancora, del brutto anatroccolo della classe, quello evitato dalle ragazze quanto prediletto dai brufoli, si dirà che "ha l'antrace". In un lessico da day after come questo la parola chiave non può che richiamare il principe del terrore, lo sceicco Bin Laden, che da il suo nome ad un nuovo modo di dire "vaffa": "Osama... Yo Mama". Cioè un eloquente "Osama e tua madre", a far cosa non occorre dirlo. Inoltre l'imprendibile primula rossa del terrorismo internazionale sembra diventato il sinonimo di tutti gli oggetti e le persone che non si trovano. Il miliardario saudita è diventato insomma nell'immaginario giovanile un vero e proprio "Arabo fenice".
Un'icona più che un individuo in carne ed ossa, un essere quasi mitologico di cui tutti affermano l'esistenza ma nessuno sa dove sia. Se Bin Laden da il nome al lato oscuro dell'immaginario giovanile, simbolo del bene sono invece gli amatissimi pompieri della Grande Mela. Un ragazzo è bello, intelligente, coraggioso o, più sinteticamente, uno strafigo? E' senza dubbio un gran "pompiere"! Gli stessi adolescenti arabi che vivono negli States sembrano stare allo scerzo tanto che si danno da soli del "terrorista" o del "fondamentalista", un po' per celia, un pò per prevenire lo sfottò dei compagni made in Usa. Superficialità, indifferenza, cinismo, spavalderia giovanili? Niente di tutto questo. Semplicemente un ricorso al linguaggio per registrare, per codificare la scossa prodottasi nelle menti e nei cuori dei ragazzi. Il lessico della catastrofe aiuta a metabolizzare l'insicurezza, a convivere con la paura. Le parole sono il laminatoio che da forma ai sentimenti, diceva Gustave Flaubert. E' questo il loro potere terapeutico. Nominare è conoscere e conoscere è dare un volto ai fantasmi che ci assediano.
Lasciare che la paura affiori nel linguaggio produce una reazione positiva anche nei sentimenti e nelle emozioni. Le nuove parole diventano così segno e mezzo della lotta della vita contro la morte.