Il
Messaggero 01/12/2001
http://www.ilmessaggero.it/hermes/20011201/01_NAZIONALE/PRIMO_PIANO/AT.htm
SICUREZZA
In
Italia a rischio 25 mila metri cubi di scorie
di
MASSIMO MARTINELLI
ROMA - E adesso la paura del nucleare spazza
via l’altra psicosi del dopo-Twin Tower, quella dell’antrace. Dai servizi
segreti di tutto il mondo arriva lo stesso messaggio: gli uomini di Al
Qaeda cercano uranio per costruire una bomba nucleare casareccia, una dirty
bomb, per dirla in gergo; una bomba sporca realizzabile in garage e in
grado di eliminare migliaia di vite umane. In tutti i paesi occidentali
le forze dell’ordine stanno portando alle stelle il livello della sorveglianza.
Anche in Italia, con qualche ritardo,
si corre ai ripari. Da 15 anni non siamo più impegnati nella produzione
di materiale nucleare, ma si calcola che in giro per lo Stivale siano custoditi
ben 25mila metri cubi di materiale radioattivo di scarto. Ripartiti nei
magazzini di sette località che sono note a tutti: le quattro ex
centrali nucleari italiane di Trino Vercellese, Caorso (Piacenza), Latina
e Garigliano (Caserta) e i Centri Enea di Saluggia (Vercelli), Casaccia
(Roma) e Trisaia di Rotondella (Matera). L’ingombrante patrimonio radioattivo
italiano è qui: 25mila metri cubi di spazzatura «nucleare»,
che potrebbe fare gola a chiunque sia sprovvisto di scrupoli: terroristi
di Al Qaeda, ma anche criminalità comune, pronta a rubare barre
di uranio e rivenderle poi al miglior offerente. «Per fortuna non
tutte quelle scorie sono così pericolose - assicura il direttore
del Dipartimento rischio nucleare e radioattivo dell'Anpa - i più
pericolosi sono un centinaio di metri cubi, quelli a più ad alta
attività». In ogni caso, le forze dell'ordine hanno intensificato
la sorveglianza e l'Anpa (Agenzia nazionale protezione ambiente) ha aumentato
quantità e qualità dei controlli. L' obiettivo è arrivare
ad una «bunkerizzazione» del materiale, cioè allo stivaggio
di tutte le scorie in magazzini supersicuri, blindati e inaccessibili.
Meglio se sotterranei.
In Italia, spiega un esperto del settore,
«sono state messe in atto due tipi di misure contro possibili attacchi:
una attiva, legata alla sorveglianza armata e su questo aspetto è
stato rafforzato l'intervento e la presenza da parte delle forze dell'
ordine e l'altra passiva, rappresentata dalle recinzioni degli impianti,
sistemi d'allarme, blindature e vere e proprie strutture di «bunkerizzazione»
è dei siti dove viene custodito il materiale nucleare». Gli
esercenti dei sette impianti italiani (Sogin ed Enea) sono responsabili
di queste ultime misure e l' Anpa ha la funzione di vigilare su quanto
viene fatto. «Dopo l' 11 settembre - ha rilevato l'esperto dell'Anpa
- abbiamo intensificato questi controlli, costituendo una task-force che
ha fatto il giro di tutti gli impianti, verificando l' efficienza e identificando
possibili migliorie e rafforzamenti delle misure di sicurezza, alcune delle
quali sono già state messe in atto».
I pericoli per le ex-centrali possono
essere di diversi tipi: un attacco aereo suicida, sul modello di quanto
accaduto al World Trade Center di New York, una bomba o un tentativo di
appropriarsi del materiale per utilizzarlo per costruire armi. Ma quest'ultima
possibilità è considerata poco realistica: «La stragrande
maggioranza del materiale presente in Italia - ha spiegato l’esperto dell’Anpa
- è fortemente radioattivo e quindi molto difficilmente manovrabile:
non è qualcosa che si può portar via in una valigetta. Per
quanto riguarda gli altri tipi di attacchi le forze dell' ordine sono allertate
e la vigilanza è massima».