I
carabinieri del Ros avvertono: da noi una decina di cellule
e
centinaia di fiancheggiatori
Al-Qaeda,
spuntano basi italiane
Trovati
a Kabul documenti e indirizzi di gente che vive nel nostro Paese
ROMA – Saltano agli occhi. Indirizzi di
persone che vivono in Italia: sono contenuti in numerosi documenti della
rete terroristica Al-Qaeda trovati in due case di Kabul. Lo rivela il quotidiano
New York Times, secondo il quale le due abitazioni – una delle quali apparteneva
al ministero della difesa dei talebani – sarebbero state abbandonate in
fretta e furia al momento dell’ingresso delle forze dell’Alleanza del Nord
nella capitale.
Ciò avveniva
lunedì, in grande concitazione, ragion per cui chi le frequentava
non ha fatto in tempo a portar con sè tutto il materiale. Sono stati
così trovati un programma di simulazione di volo per computer, una
lista di scuole per piloti negli Usa, carte sull’organizzazione di Bin
Laden e testi sulla guerra chimica, biologica e nucleare, insieme
a ben 19 sofisticati missili anti-carro di fabbricazione francese. E tante
pagine scritte. Dai testi tutto lascerebbe pensare che Al-Qaeda abbia ramificazioni
estese, con adepti somali, bosniaci, algerini, uzbechi, sudanesi e daghestani.
Tra le carte spicca inoltre un corposo elenco di indirizzi di persone in Italia e in Canada, oltre a lettere con i nomi di giovani volontari pronti a entrare nelle fila di Al-Qaeda e a una lista della quarantina di persone che vivevano nelle due case. Non solo: è stata scoperta anche la copia di un carteggio tra Bin Laden e il mullah Omar, leader spirituale dei talebani. Il miliardario saudita chiede a Omar di non consegnarlo agli Usa e il mullah risponde assicurandogli che non dovrà lasciare il Paese, in nome della fede comune.
Ma l’aspetto più interessante, almeno
sul nostro fronte, è quello delle ramificazioni italiane confermate
dagli indirizzi.
Poco più di una settimana fa, la
procura di Milano ha chiuso l’inchiesta contro la presunta cellula italiana
della rete terroristica di Bin Laden. Gli 8 estremisti islamici, soprattutto
tunisini, arrestati dalla polizia italiana tra aprile e ottobre, sono accusati
tra l’altro di «traffico di armi e aggressivi chimici». E non
solo: la pericolosità dell’organizzazione islamica si rileva anche
dall’analisi degli investigatori anti-terrorismo del Ros. In un recente
rapporto, si parla della presenza di Al-Qaeda anche sul nostro territorio:
una decina di cellule sparse e un esercito di
circa 200 fiancheggiatori.
I gruppi pericolosi sarebbero stati scoperti a Milano, Roma, Torino, Napoli, Modena, Bologna, Bari e Varese. Particolarmente attiva sarebbe una cellula con base nella capitale, che fa capo allo sceicco tunisino Omar Al Mahajir. Secondo quanto accertato dall’anti-terrorismo, le cellule presenti nel nostro territorio si occuperebbero principalmente di fornire assistenza logistica ai terroristi, armi, documenti falsi, rifugi o basi da cui muovere per altri Paesi.
Intanto, stava organizzando la sua fuga l’algerino sospettato di avere legami con la jihad islamica e fermato a Milano. Abdelhalim Hafed Remadna, 35 anni, è finito in manette alla stazione centrale ed era il segretario dell’imam della moschea di viale Jenner del capoluogo lombardo. Gli inquirenti lo hanno già interrogato, ma sulla vicenda mantengono il più stretto riserbo.
«Siamo così ben controllati
che uno che cerca di allontanarsi di nascosto è arrestato subito
dopo che ha lasciato il centro – ha spiegato il presidente dell’Istituto
culturale islamico di Milano, Abdel Hami Shaari –. Questa è una
garanzia pure per noi, che coi terroristi non vogliamo aver nulla a che
fare». Il centro di viale Jenner è da tempo sotto i riflettori
degli inquirenti milanesi, che sospettano vi si possano nascondere fiancheggiatori
del terrorismo islamico. L’algerino arrestato era anche custode dell’istituto,
ma alla moschea negano che fosse anche il segretario dell’iman e precisano
che si era prestato volontariamente anche per svolgere il ruolo di custode
non avendo un posto dove dormire.