MESSAGGERO 21/01/2002
 http://ilmessaggero.caltanet.it/hermes/20020121/12_LITORALE/PRIMO_PIANO/RAP.htm

IL CASO

L’hacker che frugò nei conti di Al Qaeda
Schmitz, arrestato in Thailandia per truffa informatica, ora attira l’interesse della Cia
di UMBERTO RAPETTO

Lo hanno acciuffato a Bangkok, dove era fuggito per scappare da tutti e da tutto. Lo ha preso la polizia tedesca con un mandato di cattura internazionale.
Si chiama Kim Schmitz ed è il pirata informatico che a fine settembre scorso - più bravo dei servizi segreti e delle polizie di mezzo mondo - ha trovato in Sudan i conti di Osama Bin Laden presso la Al Shamal Islamic Bank, accontentandosi di curiosare senza portar via nulla. Il gesto, pur simbolico, non pare sia stato apprezzato da quelli di Al Qaeda e nemmeno dagli appartenenti alla comunità underground internazionale. I primi hanno manifestato l'intenzione di lavare una simile onta, i secondi hanno invece cominciato a temere di essere considerati complici della beffa telematica e di dover subire vendette tutt'altro che virtuali. Le azioni di molti pirati hi-tech nel corso della prima settimana di ottobre dello scorso anno hanno visto la firma dell'hacker o quella del gruppo responsabile della malefatta accompagnate da una dicitura che suonava come una sorta di dichiarazione di totale estraneità all'incursione sui conti bancari segreti, pur di guadagnare immunità in caso di eventuali ritorsioni. Il gossip della Rete fa addirittura rimbalzare la notizia che alcuni hacker - complice la pesante atmosfera venutasi a creare a seguito della bravata di Schmitz - avrebbero sottolineato il proprio odio nei confronti degli Stati Uniti e la sostanziale disponibilità ad operare in danno delle realtà governative e imprenditoriali americane.
Kim Schmitz nei primi anni novanta era stato arrestato per le intrusioni fatte ai danni della NASA, del Pentagono e di Citibank e, dopo aver pagato con la reclusione il suo debito con la giustizia, si era affermato come brillante uomo d'affari.
Nel recente autunno - utilizzando lo pseudonimo di "Kimble" - ha fondato e diretto il gruppo Yihat, la cui sigla - dietro l'omofonia con la ben diversa jihad - significa Young Intelligent Hackers Against Terrorism, ovvero i giovani ed intelligenti pirati informatici contro il terrorismo.
Il suo nuovo arresto, però, non ha nulla a che fare con le questioni di Al Qaeda e con la tentata rapina online in danno del folle sceicco. Schmitz risulta invece essere responsabile di una colossale truffa via Internet con l'iniziativa "kimvestor.com" basata sull'ormai fin troppo nota dinamica piramidale, che includeva fra l'altro investimenti in una mirabolante compagnia di telefonia mobile chiamata MONKEY, Mobile Network Key, e nella società MEGACAR che offriva contratti per collegarsi a Internet dalla propria autovettura.
C'era chi lo chiamava "l'uomo da 500 milioni di marchi" o "il supercervello", ma a parlare ora sono i fatti: la platea di "bidonati" è davvero incredibilmente vasta, come grande doveva essere il guadagno degli investitori, cui era stata promessa la trasformazione di 375.000 euro in ben un milione e mezzo di medesima valuta nel giro di poche settimane.
Il ventisettenne Schmitz adesso deve rispondere non ai talebani o agli emissari di Bin Laden, ma piuttosto al pubblico ministero di Monaco che ha confermato le accuse di crack finanziario che era stato portato alla luce da "Telebörse Online". La sua cinematografica fuga in Tailandia è stata interrotta bruscamente perché i poliziotti tedeschi avevano notizia che l'ex-hacker si sarebbe suicidato lunedì (oggi per chi legge), così come si poteva dedurre da quella sorta di testamento che Kim Schmitz aveva lasciato sul suo sito www.kimble.org.
Il rientro in patria di herr Schmitz ha richiamato l'attenzione degli investigatori di tutto il mondo, magari meno interessati alla bufala finanziaria online ma piuttosto a qualcosa che riguardi il patrimonio di Al Qaeda su cui il gruppo YIHAT avrebbe messo gli occhi.