Il Messaggero
Veneto 25/02/2002
http://www.messaggeroveneto.kataweb.it/messaggeroveneto/arch_25/generale/sec/sec4.html
Il giudice per
le indagini preliminari ha interrogato i marocchini e ha convalidato il
loro fermo
Terrorismo, paura
all’ambasciata Usa
Oggi incontro
a Roma tra staff diplomatico e inquirenti. Il giallo dello scavo nei sotterranei
ROMA – Riunioni ed eventi cancellati, cambiamenti
di programma e nuovi moniti. Lo stato d’allerta, in cui gli americani si
sono ormai abituati a vivere in tutto il mondo, ha toccato un nuovo picco
a Roma con le notizie sul fermo, ieri convalidato, dei presunti terroristi
nordafricani con mappe della rete idrica e grosse quantità di veleno,
e sulla scoperta di un misterioso buco sotterraneo presso l’ambasciata
di Via Veneto.
L’idea che i terroristi potessero avvelenare
l’acqua «ha aggiunto una nuova nota di ansietà
– ha ammesso un rappresentante dell’ambasciata americana, chiedendo l’anonimato
– ma bisogna dire che la gente si sente anche rassicurata dall’efficace
azione delle forze dell’ordine».
«Sono spaventata più che
preoccupata» ha commentato ieri una signora davanti alla chiesa di
Santa Susanna - dove ogni domenica mattina la comunità cattolica
americana si riunisce per la messa. Altre connazionali le hanno fatto eco,
preferendo però non fare dichiarazioni. Anche questo, spiegano,
fa parte del profilo basso suggerito dal dopo l'11 settembre.
Qualcuno racconta di aver raccolto voci
sul pericolo di nuovi attentati già da alcuni giorni ed è
per questo che fin da giovedì è stata cancellata la cosiddetta
serata conviviale prevista in ambasciata per l’altra sera. Per la stessa
ragione è stato sospeso l’incontro fra appassionati del cinema che
si tiene ogni lunedì o martedì, mentre le varie associazioni
e organizzazioni di membri della comunità hanno cancellato diversi
eventi dei prossimi giorni. Anche molte cene fra amici sono state rimandate.
In ambasciata «tutto comunque prosegue come sempre», rileva
il diplomatico, anche perchè la comunicazione ufficiale della scoperta
del buco in uno dei cunicoli sotto l’ambasciata che erano stati ermeticamente
sigillati è arrivata quando già tirava aria di fine settimana.
I fermati respingono le accuse e dicono
di non avere nulla a che vedere con il materiale sequestrato da carabinieri
e Digos. Questa la versione di 8 dei 9 marocchini, detenuti nel carcere
di Regina Coeli, accusati di associazione sovversiva. Versione che però
non ha convinto il Gip Fabrizio Gentili, il quale ha convalidato il fermo
e, su richiesta del pubblico ministero Franco Ionta, ha emesso la contestuale
ordinanza di custodia cautelare in carcere.
Intanto gli accertamenti sullo scavo scoperto
nei pressi delle condutture che portano all’ambasciata saranno oggi oggetto
di un incontro tra investigatori e staff diplomatico. C’è anche
la conferma, a Washington, che l’Fbi continua a lavorare in stretto contatto
con gli inquirenti italiani. Nella edizione in vendita da oggi, il settimanale
Time si chiede se «le strade di Al Qaeda conducono a Roma».
Sui contenuti delle indagini, però,
le fonti di Washington restano riservate, senza commentare la natura e
la credibilità della minaccia sventata. Dopo gli arresti di Roma
elogi all’Italia e alla polizia «per l’ottimo
lavoro e per l’impegno continuo a impedire attacchi terroristici»
erano stati pubblicamente espressi dal portavoce del dipartimento di Stato
Richard Boucher. «Continuiamo a lavorare in collaborazione con le
autorità italiane», aveva affermato mercoledì scorso
l’ambasciatore, aggiungendo: «Gli arresti dimostrano la necessità
di tenere alta la vigilanza e che la minaccia del terrorismo continua».
Un concetto ribadito dal ministro dell’interno italiano Claudio Scajola.
In ambienti diplomatici di Washington
si rileva che l’indagine di Roma appare una conferma della qualità
della partecipazione dell’Italia alla lotta anti-terrorismo. Nei giorni
scorsi il ministro della giustizia americano John Ashcroft aveva reso un
«pubblico riconoscimento» alla «eccellente cooperazione»
tra Italia e Stati Uniti. Al termine di un incontro con il ministro della
giustizia italiano Roberto Castelli, Ashcroft aveva ricordato quanto finora
fatto dall’Italia dopo l’11 settembre, a livello di indagini e di adozione
di provvedimenti legislativi.