E´ l´ultimo parto degli arsenali americani, leggera, potente e con un cuore di plutonio: la «mininuke» è l´arma ideale per distruggere i bunker. Sarà utilizzata in Afghanistan? Solo alcuni parlamentari hanno accarezzato l´idea. Ma comunque quest´arma esiste. Di forma affusolata (3,59 metri per un diametro di 34 centimetri) ha una potenza equivalente a 300 tonnellate di tritolo. Viene sganciata ad altissima quota e ha un «muso» che le consente di penetrare nel terreno fino a 6 metri di profondità, dove esplode. La peculiarità della «B61-11» (così si chiama) è appunto di essere a base di plutonio, e di rappresentare l´unica arma atomica entrata nell´arsenale Usa dopo il 1989, e precisamente nel `97, quando è stata destinata al «bombardiere invisibile» B-2 che solo in quell´anno è diventato operativo per una missione nucleare.
Il problema del suo impiego in Afghanistan per il momento è teorico, anche se parte degli americani lo considera accettabile: un sondaggio pubblicato il 7 novembre dall´istituto Zogby International rivela che il 54% degli intervistati ritiene che l´uso di ordigni nucleari sarebbe efficace nella guerra al terrorismo. La pensano così anche alcuni rappresentanti dell´America, seguaci del Dottor Stranamore: il 21 ottobre un deputato dello Stato di New York, il repubblicano Pete King, ha detto alla radio Wabc di «non escludere l´uso di atomiche tattiche se lo ritenessi necessario». Pochi giorni prima anche Steve Buyer, parlamentare repubblicano dell´Indiana, aveva espresso questa opinione, nel caso in cui l´epidemia di carbonchio si fosse rivelata opera di Bin Laden: «Buttiamo un piccolo ordigno atomico (nelle grotte dei terroristi, ndr) e li fermeremo per un migliaio d´anni». E ne aveva parlato il senatore dell´Arizona Jon Kyl: «Se un´arma di distruzione di massa viene usata contro di noi, i colpevoli dovrebbero aspettarsi una risposta analoga». Forse sono dichiarazioni di parlamentari poco responsabili, ma l´uso delle armi nucleari leggere non è del tutto escluso dagli specialisti. Sul National Journal dell´8 settembre, prima quindi degli attentati negli Stati Uniti, il direttore dei Sandia National Laboratories (uno dei centri in cui si progettano gli ordigni nucleari), Paul Robinson, spiegava: «Abbiamo bisogno di armi nucleari a basso potenziale per tenere a bada gli Stati canaglia... Durante la guerra contro la Serbia abbiamo attaccato obiettivi sotterranei con bombe convenzionali che hanno avuto scarsissimo effetto».
Pur senza insistere su questa eventualità, l´amministrazione Bush non vuole escluderla del tutto. E´ la strategia della dissuasione: non dire che cosa non farai mai, ma dì quello che puoi fare. Il 28 settembre il Comitato Internazionale della Croce Rossa ha inviato un memorandum alle parti in causa nella guerra che si prospettava in Afghanistan - un´iniziativa abituale in caso di conflitto e destinata a ricordare ai belligeranti i loro vincoli - in cui diceva: «L´arma nucleare è incompatibile con il diritto internazionale umanitario». La rappresentanza americana a Ginevra ha immediatamente protestato, e ha chiesto la cancellazione del passaggio, sostenendo che il diritto internazionale non vieta il ricorso all´atomica. Questo punto resta controverso: in un parere dell´8 luglio `96 la Corte Internazionale di Giustizia non è riuscita a raggiungere una maggioranza. Sette giudici hanno ritenuto che l´arma nucleare è legale, sette hanno espresso opinione contraria. Il 5 ottobre la Croce Rossa ha inviato alle parti un nuovo memorandum che non citava le atomiche. Durante la Guerra del Golfo, il Comitato aveva diffuso un documento analogo secondo il quale l´arma nucleare non doveva essere usata, e all´epoca gli Stati Uniti non avevano reagito. Ma da allora c´è stata un´evoluzione nella dottrina sull´uso tattico delle atomiche. Fino a quel momento i presidenti americani avevano mantenuto l´impegno assunto nel `78 da Jimmy Carter a non usare il nucleare contro paesi che non ne dispongono. Ma con la dissoluzione dell´Urss, nel `91, Washington ha incominciato a preoccuparsi degli «Stati canaglia» considerati capaci di usare armi di distruzione di massa non necessariamente atomiche.
Un documento dell´US Strategic Command del 1995 («Essentials of Post-Cold War Deterrence») diffuso in base al Freedom Information Act da Hans Kristensen, del Nautilus Institute di Berkeley, è esplicito: «Non è auspicabile adottare un politica pubblica che affermi il rifiuto del "primo colpo", servirebbe soltanto a limitare gli obiettivi della dissuasione nucleare degli Stati Uniti senza adeguati vantaggi». Nel novembre `97, con la Direttiva presidenziale n° 60 rivelata dal Washington Post, Bill Clinton autorizzava attacchi nucleari in risposta ad aggressioni chimiche o biologiche. E contemporaneamente i militari si chiedevano se un attacco di questo tipo non sarebbe stato giustificato contro la fabbrica costruita a Tarhunah in Libia e sospettata di produrre armi chimiche. Sempre quell´anno veniva prodotta la B61-11.
Era una reale esigenza tecnica? Il problema della distruzione di opere sotterranee è diventato impellente in seguito all´invasione del Kuwait, nell´agosto del´90. Lo Stato Maggiore americano riteneva che gli ordigni di cui disponeva non bastassero a demolire i bunker sotterranei del comando iracheno, e lanciò un programma di bombe «penetranti». A tempo di record veniva realizzata la GBU 28 (febbraio `91), che utilizzava esplosivo tradizionale, pesava due tonnellate ed era lunga 5,72 metri per un diametro di 37 centimetri. Due GBU 28 vennero sganciate da aerei F-111 in Iraq: una avrebbe raggiunto l´obiettivo, ma non si sa con quale efficacia. Così negli anni successivi i laboratori di Los Alamos elaborarono la B61-11.
La linea adottata da Clinton nel `97 non è stata modificata. E del problema delle armi nucleari a basso potenziale si è parlato per la prima volta in pubblico il 13 settembre scorso al Senato Usa, durante l´audizione del generale Richard Myers in occasione della sua nomina a capo degli Stati Maggiori riuniti. I senatori della Commissione Forze Armate gli hanno chiesto: «E´ favorevole allo sviluppo di nuove armi nucleari tattiche? E in quali circostanze ne sosterrebbe l´impiego?». Il generale ha eluso la domanda, limitandosi a dire: «Abbiamo già un certo numero di armi a basso potenziale».
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