La Nazione 07/12/2001
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WAREMME (Liegi) — E' morto ieri
 
WAREMME (Liegi) — E' morto ieri pomeriggio nella sua casa di Waremme, nei dintorni di Liegi, dove abitava da parecchi anni in una residenza per anziani con la moglie Marie Madeleine, il fisico italiano Franco Rasetti. Aveva da poco compiuto 100 anni, essendo nato a Pozzuolo Umbro, frazione di Castiglione del Lago, il 10 agosto 1901. Era l'ultimo superstite dei “ragazzi di via Panisperna”.

Con la morte di Rasetti, la più illustre scuola italiana di fisica perde il suo ultimo testimone ed entra nella storia della scienza. La scuola era nata a Roma, in locali angusti dell'istituto di fisica dell'Università ora elevati a rango di museo, ed era animata da un gruppetto di giovani, che si chiamavano Oscar D'Agostino, Emilio Segrè, Edoardo Amaldi e, appunto, Franco Rasetti. Un quintetto straordinario di scienziati che lavorava in maniche di camicia ma pensava e metteva a punto una ricerca che avrebbe dato un nuovo volto al mondo: la fissione nucleare, concepita appunto in quelle aule anguste.

La storia grande è nota. Da quegli studi è nata, per l'attività americana di due fisici europei, l'italiano Enrico Fermi e il tedesco Julius Robert Oppenheimer, la bomba atomica che fu sganciata su Hiroshima nel 1945. Ma Rasetti, che pure con le sue ricerche relative al bombardamento di elementi con neutroni aveva dato inizio alle ricerche sfocianti nella scoperta della fissione nucleare, dall'uso militare di questa energia si dissociò pubblicamente, rifiutandosi di farne parte.

Un fisico «obiettore»

«La fisica — ci disse in un colloquio che avemmo con lui anni fa, quando l'Italia, ricordandosi di lui, gli consegnò le insegne di cavaliere di gran croce della Repubblica — è stata per molti anni il mio mestiere; ma ho evitato come la peste qualsiasi utilizzazione delle mie ricerche a fini militari, e posso dire oggi, per mia fortuna, che gli studi che ho condotto non hanno mai ammazzato nessuno». Di questo suo atteggiamento è testimonianza anche una lettera scritta nel '46 a un altro fisico italiano, Enrico Persico, in cui diceva fra l'altro: «Non solo trovo mostruoso l'uso che si è fatto e si sta facendo delle applicazioni della fisica, ma per di più la situazione attuale rende impossibile rendere a questa scienza quel carattere libero e internazionale che aveva una volta e la rende soltanto un mezzo di oppressione politica e militare. Pare quasi impossibile che persone che una volta consideravo dotate di un senso della dignità umana si prestino a essere lo strumento di queste mostruose degenerazioni. Eppure è proprio così, e sembra che non se ne accorgano. Tra tutti gli spettacoli disgustosi di questi tempi ce ne sono pochi che eguaglino quello dei fisici che lavorano sotto sorveglianza militare per preparare mezzi più violenti di distruzione per la prossima guerra».

La cattedra in America

Cominciava la guerra fredda, ma uno scienziato come Rasetti non poteva essere messo da parte, e infatti tenne la cattedra di fisica alla Johns Hopkins University di Baltimora dal '46 al '76.
Contemporaneamente lo studioso si dedicava anche ad altre discipline, ottenendo risultati di pari importanza rispetto a quelli conseguiti nella fisica.
Come entomologo ha studiato in modo particolare i coleotteri, descrivendo varie specie nuove. In campo geologico e paleontologo ha scalpellato i monti di mezzo mondo, dalla Sardegna al Canada, raccogliendo decine di migliaia di trilobiti del Cambriano, da lui donati a musei americani, canadesi e italiani. Come botanico, in venti estati consecutive ha studiato la flora alpina oltre i duemila metri, collezionando più di ottomila diapositive che sono alla base di un volume pubblicato dall'Accademia dei Lincei nel 1980 e ripubblicato recentemente.

Altra sua impresa botanica, la classificazione di più di tremila orchidee italiane.

Ma Rasetti non si è dedicato solo agli studi. Ha partecipato a tornei di bridge, aveva l'hobby degli orari ferroviari ed era famoso per i suoi scherzi agli amici scienziati. Insomma, un personaggio di cui si faticherà a perdere il ricordo.

di Giovanni Nardi