Le
bombe atomiche dietro l'angolo
A
Cagliari uno scienziato spiega i pericoli della proliferazione nucleare
«Serve
ben poco per un ordigno d'immane potenza»
di Roberto Paracchini
CAGLIARI. Per costruire una
bomba atomica occorre uranio molto arricchito, per far funzionare una centrale
nucleare, invece, è necessario dell'uranio poco arricchito. In Russia
esistono, oggi, circa mille tonnellate di uranio molto arricchito (negli
Usa ve ne sono «solo» centocinquanta tonnellate), quanto basta
per costruire oltre diecimila ordigni nucleari. Di che potenza? A seconda
della capacità di chi la costruisce: da quella che ha distrutto
Hiroshima a un decimo della stessa.
La bomba di Hiroshima, come
dire: da una potenza pari all'esplosione di dieci milioni di tonnellate
di tritolo a quella di un milione di tonnellate. I danni possibili di ognuno
di questi ordigni, la storia li ha scritti nella coscienza di tutto il
mondo a ridosso della fine del conflitto della seconda guerrra mondiale.
Queste alcune informazioni
preliminari raccontate ieri mattina nell'aula magna dell'università
di Cagliari da Francesco Calogero (fisico, docente universitario alla Sapienza
di Roma e presidente del Pugwash Council, movimento insignito del premio
Nobel per la pace nel '95), in città per l'inaugurazione della manifestazione
«Scienza, società, scienza»: una settimana di dibattiti,
mostre e incontri sulla divulgazione della ricerca. Nella sua relazione
(«Scienziati, guerra e pace») Francesco Calogero ha parlato
del ruolo che gli scienziati possono svolgere per impedire che guerre e
terrorismi sempre più atroci sconvolgano le nostre vite.
I fatti dell'11 settembre,
con l'attacco alle due torri di New York, hanno squarciato il velo delle
certezze e delle sicurezze di tutti e dell'occidente in particolare. Al
di là delle cause e del malessere diffuso in ampie zone del mondo
e dei focolai tutt'ora aperti (come la questione irisolta israeliano-palestinese),
gli scienziati possono dare un loro specifico contributo al consolidarsi
della pace «intervenendo su questioni tecniche molto precise e dando
rigorosi suggerimenti su come risolverle».
Una di queste riguarda la
possibilità che gruppi terroristici possano costruire ordigni nucleari.
Che non si tratti di un'ipotesi campata in aria, lo ha chiarito molto bene
il presidente del Pugwash Council.
«Se si dispone di
uranio molto arricchito è assai facile - ha informato - costruire
un ordigno nucleare, anche in un appartamento, da una sola persona, con
una cultura media e una buona enciclopedia a disposizione». Non solo:
per costruire una bomba come quella di Hiroshima bastano cento chili di
uranio molto arricchito. «In pratica - ha spiegato Calogero - visto
che l'uranio pesa molto (venti volte l'acqua) basterebbero cinque cartoni
di latte di un litro ciascuno pieni di uranio per costruire l'ordigno.
Trasportare l'uranio sarebbe, poi, abbastanza semplice, basterebbe non
portarlo tutto assieme... Certo, in questo modo non si potrebbe costruire
una vera e propria bomba 'da passeggio', ma sarebbe possibile realizzarla
direttamente dentro un appartamento, per poi farla saltare con un congegno
a distanza».
In tutto il mondo sono pochi
i Paesi che possiedono la tecnologia in grado di produrre uranio molto
arricchito: Usa, Russia, Cina, Inghilterra, Francia, Pakistan e Sud Africa.
«Il che significa - ha sottolineato Calogero - che nessun gruppo
terroristico, nemmeno quello più organizzato, è in grado
di arrivare a questa tecnologie (l'Iraq, che pure ha speso tantissimi miliardi,
è riuscito a produrre solo qualche grammo di uranio molto arricchito).
Così come nessuna
di queste formazioni è in grado di arrivare alla realizzazione del
plutonio (altro materiale con cui è possibile fare un ordigno nucleare)
per le imponenti tecnologie che occorrerebbero (lo si produce, infatti,
tramite processi di implosione). Allora il problema diventa l'attuale presenza
di uranio molto arricchito nel mondo. E questo si trova - come accennato
- in misura di gran lunga maggiore in Russia».
Il Paese guida dell'ex Unione
sovietica «presenta, però, molti problemi di sicurezza. Questo
uranio si trova in venti-trenta siti sparsi in tutto il suo territorio.
Le persone coinvolte nella difesa russa (tra militari e civili) sono circa
un milione, con uno stipendio medio di cento dollari al mese (che, spesso,
nemmeno percepiscono). Il che crea una situazione di instabilità
e di pericolo difficile da controllare».
Da qui la richiesta di intervenire,
ha spiegato Francesco Calogero, con il de-arricchimeto dell'uranio (che
impedirebbe, poi, un nuovo arricchimento). «Nel '93 venne fatto un
trattato tra Clinton e la Russia che prevedeva il de-arricchimento di 500
tonnellate delle mille presenti nell'ex guida dell'Urss. L'Usa l'avrebbe
acquistato per dodici miliardi di dollari. Una cifra elevata ma minima
in confronto alla spesa annuale degli Stati Uniti per la difesa e al rischio
che la presenza nel nondo dell'uranio molto arricchito comporta. Per fare
accettare al congresso l'accordo, Clinton promise che quei costi non sarebbero
ricaduti sulla popolazione, ma ricavati dalla vendita dell'uranio poco
arricchito alle centrali nucleari. Poi l'agenzia che avrebbe dovuto gestire
l'acquisto e la vendita dell'uranio (sempre su pressione del congresso)
è stata privatizzata. Morale: in otto anni l'Usa ha acquistato solo
cento tonnellate di uranio de-arricchito. E questo per non farne diminuire
più di tanto il prezzo, visto che di questo tipo di uranio vi sono
nel mondo molte scorte. Così i problemi della sicurezza sono stati
messi da parte, scavalcati da esigenze di mercato».
A questo punto che fare?
«Il Pugwash council - ha informato Calogero - ha proposto che gli
Usa, vista la crisi internazionale, finanzino ulteriormente il de-arricchimento
dell'uranio: con una forma di prestito senza interessi alla russia, da
rendere qualora quell'uranio venisse venduto dalla Russia alle centrali
nucleari estere. Ma al momento è solo una proposta. Intanto la tensione
internazionale cresce, i pericoli sono reali ed è stato rallentato
anche il processo di smantellamento delle bombe nuclerari tutt'ora esistenti».