PANORAMA 14/12/2001
http://www.mondadori.com/panorama/area_2/area_2_9547.htm
La bomba sporca
di Osama è made in Pakistan
L'ipotesi è
questa: ad agosto due scienziati e l'ex capo dei servizi segreti di Islamabad
hanno fornito allo sceicco le istruzioni per costruire l'ordigno. E il
materiale radioattivo è arrivato dall'Uzbekistan. Ora, per sventare
la minaccia, gli Usa premono su Musharraf.
di
PINO BUONGIORNO 14/12/2001
«Sì,
credo proprio possibile che Osama Bin Laden si sia impossessato della tecnologia
e dei materiali radioattivi per costruire una bomba sporca».
È preoccupato, anzi terrorizzato, Shahid-ur-Rehman, considerato
il maggiore esperto di armi nucleari in Pakistan, autore di un libro verità
sull'atomica di Islamabad, intitolato Long Road to Chagai. Lo studioso
è amico e confidente da anni dei due principali artefici della bomba
atomica pachistana, Sultan Bashir-ud-Din Mahmood e Abdul Majid, due fondamentalisti
musulmani, in passato assai vicini ai talebani.
Dal 23 ottobre scorso i due scienziati sono agli arresti domiciliari in «case sicure» a Islamabad, perché sono accusati dalla Cia e dall'Fbi di aver passato alcuni segreti nucleari a Osama Bin Laden mentre lavoravano al suo servizio sotto la copertura di una società caritatevole, la Tameer-e-Nau, attiva fra Lahore, in Pakistan, e Kabul e Kandahar, in Afghanistan. «In realtà gli arresti sono una misura preventiva escogitata dal governo per evitare la loro estradizione in America, dove le autorità vogliono interrogarli senza la presenza rassicurante di agenti dei servizi segreti dell'Isi pachistano» spiega Rehman a Panorama.
Il presidente-generale Pervez Musharraf sta cercando disperatamente, come al solito, di evitare il fuoco incrociato. Da una parte c'è tutto l'establishment militare che protegge gli scienziati considerandoli degli eroi nazionali per aver assicurato al Pakistan la bomba atomica come deterrente nella guerra perenne contro l'India (in tutto gli ordigni nucleari dovrebbero essere una trentina). Dall'altra c'è l'amministrazione americana che preme per spezzare questa pericolosa catena di solidarietà e per arrivare finalmente a scoprire i segreti delle «dirty bomb» di Osama Bin Laden.
È una corsa al cardiopalmo contro
il tempo. La Cia è sicura, anche in base agli ultimi documenti ritrovati
a Kabul nella villa dello scienziato pachistano Mahmood e agli interrogatori
di alcuni disertori di Al Qaeda, che Bin Laden sia riuscito, proprio grazie
all'aiuto degli esperti pachistani, a sviluppare queste armi di terrore
di massa. Può averle nascoste in Pakistan,
in qualche madrassa (i seminari religiosi), o può averle spedite,
magari già prima dell'11 settembre, a qualche «cellula dormiente»
in America o in Europa tramite le navi cargo della sua flotta.
È uno scenario da incubo che tormenta
la Casa Bianca tanto che ancora oggi, a tre mesi di distanza dagli attentati
terroristici contro le Torri gemelle e il Pentagono, il vicepresidente
Dick Cheney continua a lavorare in un bunker supersegreto lontano dal presidente
George W. Bush.
Lo stesso direttore della Cia, George
Tenet, è volato a Islamabad per invocare l'aiuto di Musharraf. Al
generale pachistano, secondo le informazioni in possesso di Panorama, ha
presentato un quadro agghiacciante, una vera cospirazione degna della Spectre
di Ian Fleming, il creatore di James Bond.
L'intelligence Usa è convinta
che a coordinare le ambizioni nucleari di Bin Laden sia stato un ex capo
dell'Isi pachistano. A Musharraf il direttore della Cia non ha fatto nomi,
ma i collaboratori del generale hanno capito bene dove puntano i sospetti
di Tenet. Nel mirino è il generale Hamid Gul, un nemico acerrimo
degli Stati Uniti e da anni «consigliere strategico» dei talebani
e dei movimenti estremisti islamici di tutto il mondo: ne ha avuto una
conferma diretta anche l'inviato di Panorama quando è andato a intervistarlo,
a fine settembre, nella villa di Rawalpindi. Fra l'altro il generale in
quell'occasione ha rivelato di essere stato a Kabul a metà agosto,
per due settimane, prima degli attentati dell'11 settembre. Gul è
ancora assai popolare nell'Isi e soprattutto è amico per la pelle
degli scienziati nucleari incriminati. Non solo dei due già agli
arresti, ma anche di altri due, Suleiman Asad e Muhammad Ali Muktar, che
vantano una lunga esperienza in armamenti nelle installazioni nucleari
top secret del Pakistan.
La Cia ha cercato di interrogare questi
scienziati, ma ha scoperto che sono stati spediti nel Myanmar per non precisate
ricerche da condurre assieme a un team di colleghi birmani. Anche questa
è stata una mossa preventiva del generale Musharraf, il quale ha
telefonato personalmente ai brutali dittatori militari di Rangoon chiedendo
un asilo politico temporaneo per i due pachistani, ricercati dalle autorità
americane.
«La verità è che gli
Stati Uniti vogliono mettere sotto controllo le atomiche pachistane»
protesta sui giornali pubblicati in lingua urdu il generale Gul cercando
di incitare alla rivolta gli ufficiali dai sentimenti ultrareligiosi: sono
il 20 per cento, secondo un recente sondaggio confidenziale dell'intelligence
militare.
«Musharraf purtroppo è ancora
prigioniero di questi fondamentalisti e non riesce a liberarsene»
accusa dal suo esilio di Dubai l'ex premier Benazir Bhutto. Il presidente
pachistano dovrà già nei prossimi giorni uscire dall'ambiguità.
Probabilmente finirà sotto inchiesta lo stesso generale Gul.
Quasi certamente dovranno sottoporsi a
interrogatori gli scienziati riparati nel Myanmar. Quanto ai due studiosi
agli arresti domiciliari, è pronta per loro l'accusa di aver violato
la legge sui «segreti ufficiali nazionali», che prevede sette
anni di carcere. Sarebbe applicata per la prima volta nel Pakistan.
Dopo avere a lungo negato ogni responsabilità,
i due scienziati, Mahmood e Majid, alla fine hanno ammesso di aver avuto
lunghe discussioni sulle armi nucleari, chimiche e biologiche direttamente
con Osama Bin Laden, a Kabul, presenti il numero due di Al Qaeda,
il medico egiziano Ayman Al Zawahiri, e altri due capi militari della stessa
organizzazione terroristica.
«Bin Laden
ci disse che aveva ottenuto il materiale radioattivo dal movimento islamico
dell'Uzbekistan» hanno rivelato i due sotto un interrogatorio
stringente. I colloqui sono durati tre giorni e sono avvenuti alla fine
di agosto. Proprio nello stesso periodo in cui, nella capitale afghana,
soggiornava il generale Gul.