Il bilancio dell’agguato
è di almeno dodici morti, decine i feriti, illesi i deputati indiani
New Delhi, assalto
al Parlamento
Il commando suicida
voleva colpire il premier Vajpayee
NEW - DELHI Battaglia al parlamento di
New Delhi. Un commando di cinque uomini armati, preparati con ogni evidenza
alla morte, è riuscito ad entrare nell'edificio mentre vi si trovavano
i membri del governo e un centinaio di deputati. Nello scontro con le forze
di sicurezza che ne è seguito sono rimaste uccise 12 persone, tra
le quali tutti i terroristi. Il gigante indiano è sotto shock. Poco
dopo l'azione terroristica, il primo ministro Atal Behari Vajpayee è
apparso in tv per dire che si è trattato «non di un attacco
a un edificio, ma di un colpo all'intera nazione». Ora, ha detto,
si tratta di «rispondere o soccombere», in una lotta senza
quartiere contro i nemici del paese. Il ministro dell'interno, L.K. Advani,
è stato ancora più perentorio: «Liquideremo i terroristi
e i loro finanziatori chiunque siano e dovunque si trovino». Una
allusione, questa, che suona come un avvertimento al Pakistan, da sempre
accusato dagli indiani di appoggiare i movimenti separatisti armati del
Kashmir.
Il presidente pachistan Pervez Musharraf
si è affrettato a condannare senza mezzi termini l'attentato. Ma
a New Delhi c'è già chi pensa a rappresaglie che potrebbero
prefigurare uno scontro tra potenze nucleari. Così come hanno reagito
gli americani alla sfida lanciata da Al Qaeda l'11 settembre, così
come gli israeliani rispondono agli attentati suicidi dei palestinesi,
così sono tentati di fare gli indiani. Non solo difendersi dai terroristi
all'interno dei propri confini, ma andarli a scovare laddove hanno i loro
santuari, ovvero - secondo l'opinione corrente in India - nel Pakistan
(considerato una potenza nucleare come l'India). Nessuno ha rivendicato
l'attentato ma tutti i sospetti si rivolgono verso i kashmiri. Il ministro
dell'interno ha fatto notare come l'attacco di oggi ricordi quello di due
mesi fa al parlamento statale di Jammu e Kashmir. Nè si possono
escludere collegamenti con la caduta dei talebani, notoriamente amici dei
separatisti islamici del Kashmir (e amici fino a ieri anche dei governanti
di Islamabad).
L'attacco al cuore politico dell'India,
lo stesso sontuoso palazzo dove nel 1947 fu annunciata l'indipendenza del
paese, è cominciato verso mezzogiorno. Sembra che i cinque terroristi
siano riusciti a superare con falsi documenti i primi cancelli. Erano armati
di fucili Ak-47 e bombe a mano. Avevano inoltre esplosivo attaccato ai
vestiti. Quando sono stati scoperti è cominciata una sparatoria
che è durata un'intera, lunghissima ora. «C'era un sacco di
gente che sparava. Non capivo chi erano i nostri e chi i terroristi. Non
capivo più niente», ha raccontato un deputato.
«La confusione era totale»,
ha detto un testimone, Deputati e ministri fuggivano terrorizzati. È
un miracolo che nessuno di loro sia stato ferito. Alcuni sono rimasti intrappolati
nei loro uffici e la tensione non è scemata neppure quando tutti
i terroristi sono stati uccisi. Si è scoperto infatti che erano
riusciti a introdurre in un cortile un'autobomba, che è stata disinnescata
solo dopo ore di un delicatissimo lavoro. Determinante - ha raccontato
un altro testimone - è stato l'intervento dei «gatti neri»,
i commando di elite della Guardia nazionale che hanno il compito di vegliare
sulla sicurezza delle personalità più in vista e che oggi
hanno dovuto affrontare il compito più difficile e rischioso.