La Provincia Pavese
13/12/2001
http://www.laprovinciapavese.kataweb.it/provinciapavese/arch_13/pavia/cronaca/pc303.htm
LA CONFERENZA A FISICA
La mini-atomica è possibile, Terrorismo di massa, testimonianza di Cotta Ramusino
m.g.p.
PAVIA. Per costruire una "piccola" bomba
nucleare bastano 6 chili di plutonio o una ventina di uranio arricchito.
Scienziati votati alla causa. E molto denaro (almeno 4 milioni di dollari).
La possibilità che i terroristi ne siano in possesso non sarebbe
così remota. L'hanno sostenuto gli americani. E l'ha ribadito ieri
il professor Paolo Cotta Ramusino, del dipartimento di Fisica dell'Università
di Milano, componente dell'Unione scienziati per il disarmo (Uspid) e del
Landau Network. E' appena tornato dal Pakistan dove è in corso un'indagine
sulla sicurezza.
Ieri pomeriggio, ospite del dipartimento
di Fisica, il professor Cotta Ramusino ha tenuto una conferenza sul rischio
di utilizzo di armi per la distruzione di massa.
«Sono appena tornato dal Pakistan
- ha spiegato ieri a una nutrita platea di studenti e docenti -. E' infatti
in corso un'indagine sulla sicurezza delle aree nucleari e il controllo
dei tecnici per un loro possibile utilizzo nella costruzione di armi in
modo illegale». Lo spettro di un prossimo attacco - ancor più
spiazzante di quello dell'11 settembre - aleggia nell'aria. Un timore che
si spera rimanga tale. Tuttavia Cotta Ramusino ha riflettuto ieri con gli
studenti sulle possibili conseguenze ma anche sulla attuabilità
di un attacco di distruzione di massa.
«Servono uomini e mezzi materiali
per concretizzare il progetto che non è così semplice, ma
neppure irrealizzabile» ha detto il fisico disegnando sulla lavagna
due ipotesi di "piccole bombe".
Ordigni che tuttavia richiedono, oltre
che un certo quantitativo di materiale fissile, anche competenze sofisticate.
Per quanto riguarda il commercio di uranio,
plutonio o altri componenti pericolosi, i terroristi dovrebbero procurarsene
di già lavorati. Difficile disporre di reattori e strutture che
possano arricchirli o "lavorarli". Dopo aver snocciolato alcuni dati sui
quantitativi stoccati, soprattutto in Usa e nell'ex Urss (sia in depositi
militari che civili), ha ricordato anche i dati sui furti denunciati e
registrati: molti sono precedenti al '94, gli ultimi due risalgono rispettivamente
al '97 e al '98 e riguardano, il primo 2 chili di uranio scomparso dalla
Georgia, il secondo 18 chili e mezzo di materiale radioattivo. «Se
ci fidiamo di queste cifre è difficile disporre di materiale per
costruire armi nucleari, ma ricordiamo che si tratta solo delle stime ufficiali
registrate». Non del traffico illecito di sostanze pericolose che,
quasi certamente, è proseguito. L'area più a rischio rimane
l'Unione Sovietica.
Diverso è il discorso delle competenze.
Due possono essere i fattori che spingono uno scienziato ad "aderire" alla
causa: economico - «e pensiamo a quanti colleghi russi un tempo stimati
ora per campare si sono riciclati come guide turistiche» - o ideologico.
«In Russia ci sono circa 2000 esperti ma non si ha notizia di fughe
all'estero. Hanno mantenuto intatto il senso di responsabilità».
Più a rischio, per motivi ideologici, sono invece i fisici del Pakistan
o di Paesi islamici che potrebbero sentirsi "in guerra" con l'Occidente.