LE SCIENZE 2 gennaio
2002
http://www.lescienze.it/special.php3?id=4462
L’opinione
In cerca di un sito per le scorie radioattive
Tullio Regge
L'Italia è uscita dal nucleare,
ma rimangono problemi irrisolti. Un nodo importante da sciogliere rimane
il trattamento e la custodia dei rifiuti radioattivi cui è dedicato
un documento dell’ENEA e del Ministero dell’industria del commercio e dell’artigianato,
The Disposal of Radioactive Waste. Lo smantellamento delle quattro centrali
nucleari esistenti in Italia è già deciso da tempo. Tre di
queste (Latina, Trino, Garigliano) erano ormai a fine carriera, e la loro
chiusura non ha sollevato polemiche, ma quella di Caorso poteva ancora
tirare avanti senza rischi. La chiusura di una centrale prevede lo spegnimento
della reazione nucleare, il raffreddamento delle barre di combustibile
presso la centrale, della durata di alcuni anni, la separazione della componente
radioattiva e infine la bonifica del terreno. Il problema, tecnicamente
risolvibile ma irto di ostacoli, è quello dello stoccaggio a lungo
termine delle scorie. Non manca chi vorrebbe trattenerle presso le centrali
che le hanno prodotte, un criterio puramente vendicativo, che le lascerebbe
in condizioni di sicurezza non ottimali. Durante
le recenti alluvioni si temeva che le acque potessero raggiungere il sito
di Saluggia dove sono stivati i rifiuti radioattivi; non siamo giunti a
tanto e in ogni caso le scorie erano ben protette. Molto più preoccupanti
sono invece le voci di possibili attentati terroristici: un
commando suicida potrebbe impadronirsi di un bidone di scorie in soluzione
e riversarlo nel Po. Si impone quindi un sito nazionale di massima sicurezza,
come quelli che già ci sono in 42 paesi, tra cui l’Egitto, il Brasile,
il Pakistan, il Vietnam e quasi tutta la UE.
Le scorie sono classificate in una componente
ad alta attività (5 per cento del totale), la cui azione cessa solo
dopo migliaia di anni, e una, per il 95 per cento, a bassa attività,
ossia prodotti di fissione la cui attività si dimezza all’incirca
ogni 30 anni. Fra circa tre secoli l’attività delle scorie a bassa
attività scenderà al di sotto di quella del granito e del
tufo e, volendo, si potrà usarle impunemente per pavimentare le
strade.
Di grande importanza è il condizionamento
chimico e fisico che riduce il volume delle scorie e le incorpora in una
matrice vitrea o di cemento altamente insolubile e inadatta ad atti di
terrorismo. L’Italia ha certamente tecnici ed esperienza adatti a risolvere
il problema e lo smantellamento delle centrali nucleari senza custodire
le scorie in stato di massima sicurezza rimane un’operazione puramente
cosmetica e demagogica. Purtroppo, appena le autorità competenti
proporranno un sito, insorgeranno legioni di politici demagoghi a spargere
leggende metropolitane. La decisione in proposito slitterà sine
die e tireremo avanti in condizioni non ottimali, eterno fanalino di coda
della UE, a ciò costretti proprio da coloro che da sempre e a gran
voce pretendono l’assoluta sicurezza.
Il fondo naturale di radioattività
nell’Italia centrale è all’incirca doppio di quello registrato in
Piemonte, a causa del tufo che contiene uranio, ma a questo fondo non corrisponde
una maggiore incidenza di tumori o altre malattie. Livelli ancora più
elevati sono registrati in Brasile e in India, ma valgono gli stessi commenti.
Un sito di alta sicurezza non produrrebbe
un aumento apprezzabile del fondo naturale, non pone precedenti e non implica
il rilancio del nucleare; anzi, volendo, potrebbe essere visto come il
requiem; e consentirebbe infine una sorveglianza continua e molto efficace
delle scorie. I politici prendano una decisione responsabile.