Se questo è vero siamo tutti in pericolo!
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 LE SCIENZE - Agosto 2001
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L'opinione
Il problema energetico e il ritorno al nucleare

Tullio Regge
 
 Ritorna alla ribalta, con il Governo Berlusconi, il nucleare? Ritengo opportuno riaprire il dibattito sull’argomento e dò fuoco alle polveri con alcuni dati essenziali. In primo luogo, il problema energetico va considerato in chiave europea: l’Italia è un paese formalmente denuclearizzato, ma importa energia elettronucleare prodotta in Francia.
Nel 2020 l’Europa dovrebbe passare dagli attuali 600 GWe a 800-900 GWe (gigawatt-elettrici) ma occorre tenere conto che circa la metà degli impianti attuali, ormai obsoleti, dovrà essere sostituita. Al momento le fonti sono: nucleare 35 per cento, combustibili solidi 27 per cento, gas naturale 16 per cento, idroelettrico ed altre fonti rinnovabili 15 per cento, petrolio 8 per cento.
Si prevede che prevarranno le centrali a gas, diminuiranno olio e solidi. In balia dei venti della politica, il nucleare dovrebbe rimanere invariato. Vedo con favore l’ascesa del gas, di certo meno inquinante del carbone e del petrolio. Per quanto riguarda il ritorno del nucleare si prevedono tempi lunghi. I gruppi ambientalisti farebbero un’opposizione fortissima e in ogni caso i tempi di costruzione sarebbero lunghi, da 5 a 10 anni e il nucleare non arriverebbe in tempo per gli accordi di Kyoto. Per quanto riguarda il sito, in linea di principio si potrebbero usare siti già qualificati come Trino 2 e Montalto di Castro. (?)

Attendiamoci comunque una dura contestazione e agitazioni di piazza, dato che nessun organo ufficiale ha mai speso una sillaba in difesa del nucleare e le accuse più assurde hanno assunto una veste di verità sia pure fittizia ma difficilmente modificabile. Per quanto riguarda i problemi di sicurezza, le versioni UE dei reattori di potenza hanno raggiunto da anni livelli ottimi. I modelli più recenti sono basati sulla sicurezza intrinseca: con tutti i guasti possibili il reattore si spegne, non esplode alla Chernobyl ed è protetto da gusci multipli. In caso di incidenti, quindi, non si avrebbero problemi di emergenza esterna all'impianto.

Una stima provvisoria del costo di un impianto nucleare ci porta a circa cinque miliardi di euro per gigawatt. Un problema insoluto e insolubile in pratica è quello dei rifiuti. Dal punto di vista scientifico e tecnologico non ci sono problemi, in Italia l’ideale sarebbe stoccarli in formazioni geologiche argillose, sicure perché impermeabili. Purtroppo nessuno ha mai voluto passare dalle parole ai fatti, e neanche il decisionista Berlusconi riuscirebbe a superare un’opposizione trasversale che si è ormai consolidata nel corso di decenni. Nessun uomo politico si azzarderebbe a proporre un sito, e come fatale conseguenza i santi e puri ambientalisti ci costringono a mantenere i rifiuti attuali in condizione non ottimale gettando poi la colpa sugli altri, uno sport che praticano ormai con successo da decenni.

Per quanto riguarda le competenze, l'ENEA è uscita in pratica dal nucleare e così pure l'ENEL per cui saremo colonizzati dai francesi o dai tedeschi. Tutta la radioprotezione dell'ENEA è stata di fatto smantellata per indirizzi di gestione o per morte o pensionamento delle persone: i pochissimi rimasti non avrebbero i mezzi per agire efficacemente. Tra gli anni sessanta e ottanta i laboratori ENEA erano in grado di fare centinaia di analisi al mese del solo stronzio 90, oggi dobbiamo rivolgerci agli spagnoli. Non molto tempo fa, quando le cose andavano male ci si consolava citando la Spagna. Bei tempi… Un incidente nucleare in Italia o nelle vicinanze sarebbe una catastrofe non tanto per le conseguenze vere e dirette, ma per il panico che ne deriverebbe e per la carenza di strutture pubbliche.
 

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