La Stampa del 27/12/2001 Sezione: Esteri Pag. 2
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Venti di guerra fra India e Pakistan
Movimenti di truppe ai confini, attivati i missili nucleari

I venti di pace sembrano spenti. A cinque mesi dallo storico vertice indo-pakistano che la scorsa estate era parso avviare un saldo dialogo fra Delhi e Islamabad dopo mezzo secolo di tensione e conflitti, le ricadute della crisi afghana hanno riportato alle minacce di guerra. Ieri l´India, accusando il Pakistan di chiudere un occhio sui gruppi estremisti e terroristici che non solo danno vita alla guerriglia nella contesa regione del Kashmir, ma che sarebbero anche responsabili dell´attacco suicida del 13 dicembre contro il Parlamento di Delhi, ha mobilitato le sue truppe addensando artiglieria, aerei e reparti corazzati nelle zone di confine, ma soprattutto attivando il suo arsenale missilistico. La risposta di Islamabad è stata immediata, con il massiccio spostamento di reparti per fronteggiare la «minaccia indiana». Anziché parlare di pace, si parla di guerra; e non va dimenticato che questa volta, a differenza dei loro passati conflitti, entrambi i Paesi dispongono di armi nucleari. E´ la peggiore crisi, fra i due vicini-nemici, da trent´anni a questa parte. A poco, in queste ore di grande tensione, sembrano valere la decisione americana di includere i due maggiori gruppi separatisti del Kashmir denunciati dall´India - Lashkar-e-Taiba e Jaish-e-Mohammed - nella lista delle organizzazioni terroristiche, né l´arresto il giorno di Natale di Massud Azhar, fondatore del secondo di quei gruppi e additato dall´India come uno dei «cervelli» dietro l´attentato di Delhi (14 morti, fra i quali i cinque aggressori). Eppure, di fronte alla minaccia nucleare che improvvisamente si ripresenta fra le sventure del sub-continente, tanto Delhi quanto Islamabad sembrano sforzarsi a non fare il tragico passo decisivo. «Non vogliamo la guerra, ma la guerra ci viene imposta e dovremo affrontarla», dice prudentemente il primo ministro indiano Atal Bihari Vajpayee. «Siamo pronti a sconfiggere ogni sfida», gli risponde il presidente Musharraf. Possiamo anche parlare di pace, aggiunge, ma l´India la smetta con il suo «complesso di superiorità» e tratti il Pakistan «su un piano di parità». Così, mentre gli indiani portano al confine i missili Prithvi (portata 150 chilometri) e attivano gli Agni-2, con un raggio d´azione di 2500 chilometri e soprattutto una capacità nucleare, il Pakistan mette in campo gli M-9 ed M-11 di fabbricazione cinese, con una gittata massima di 750 chilometri, ma anche i temibili Ghauri-1 e Ghauri-2 (1500 chilometri) e i modernissimi Shaheen-2 (2500 chilometri). E´ una tensione nuova, nella regione, che oltretutto irrompe sui fragili equilibri fra islam e fondamentalismo nati dopo l´11 settembre; che di conseguenza non facilita le soluzioni politiche nell´Afghanistan del dopo-taleban e che può esasperare le tensioni in un Pakistan che non ha esitato a schierarsi con gli Stati Uniti dopo l´attacco alle Torri. Proprio tenendo conto di queste difficoltà Musharraf ha agito con cautela nei confronti dei gruppi terroristici accusati dell´attentato di Delhi. Con tanta cautela da suscitare le ire di Vajpayee. Ma con troppa veemenza, secondo i critici interni, da creargli altri problemi con il mondo dell´integralismo. Il suo arresto di Massud Azhar, il religioso che fu liberato nel 1999 da un carcere indiano in cambio dei passeggeri di un aereo dirottato, è stato un passo significativo ma non decisivo, anche perché dopo poche ore il religioso è stato rimesso in libertà. Azhar è l´Osama bin Laden dell´India, l´uomo più ricercato da Delhi. Per ordine dei servizi di sicurezza pakistani il suo Jaish-e-Mohammed e un altro gruppo, Harkatul Majaheddin, avevano già chiuso i loro uffici di Islamabad l´indomani dell´11 settembre, rimosso i loro manifesti e le loro bandiere, cessato di chiedere donazioni per la guerra in Kashmir. Lunedì è stato chiuso l´ufficio di Islamabad anche dell´altro gruppo nel mirino dell´India, Lashkar-e-Taiba. Chiaramente non basta a Delhi: il peso del Kashmir, regione a maggioranza musulmana divisa in due e rivendicata da entrambi i Paesi, getta da sempre lunghe ombre sui rapporti fra India e Pakistan. Per il Kashmir si sono già combattute due guerre: nel 1947, subito dopo la nascita dei due Paesi dalle ceneri dell´Impero britannico, e nel 1965. India e Pakistan, però, si sono anche scontrate nel 1971 in una «coda» legata alla guerra civile pakistana che portò alla secessione del Bangladesh. Ma dal 1989 è in corso nel Kashmir una sanguinosa guerriglia, costata la vita ad almeno 30 mila persone, in cui sul versante islamico si sono distinti i gruppi ora all´indice, tradizionalmente legati alle ali estreme dell´islamismo e in anni recenti naturalmente sostenuti dai taleban e da Al Qaeda. Da molti giorni quelle scaramucce fra piccole bande hanno coinvolto l´artiglieria indiana, poi quella pakistana. I passi tipici di un´escalation militare, fino all´attivazione delle difese missilistiche: fra due Paesi, divisi, paradossalmente, da una comune lotta contro il terrorismo.
Fabio Galvano