27. INTRODUZIONE
In questa sezione, sono riportate le interviste a tre personaggi significativi rispetto allo studio sul caso uranio e sulla comunicazione dell’Osservatorio etico ambientale. In primo luogo, un rappresentante anomalo del mondo dei media, Stefano Salvi, inviato del varietà informativo “Striscia la notizia”. Il secondo intervistato è un membro della terza Commissione Affari Esteri (a cui competeva la questione sull’uranio in Kosovo), Fabio Calzavara (Lega Nord), tra i primi a sollecitare un intervento istituzionale sui problemi sollevati dall’uranio. Infine, la Presidente dell’Osservatorio, Paola Gandin.
Salvi
si distingue dal panorama giornalistico italiano innanzitutto per non essere
volutamente iscritto all’ordine dei giornalisti (perché corporativista),
e poi per le sue critiche radicali alla partigianeria e al “lassismo” del
sistema d’informazione italiano.
Calzavara
occupa un ruolo di rilievo all’interno di questo studio perché
è stato tra i pochi politici a portare avanti il discorso sull’uranio
nelle sedi istituzionali, sia in quanto deputato che come membro della
Commissione.
Entrambi, hanno avuto rapporti
e scambi con l’Osservatorio etico ambientale.
Infine, dall’intervista
alla Presidente dell’Oea, emergono i piani futuri dell’associazione, all’interno
di un suo quadro cronologico e “psicologico” più generale. Un’attenzione
particolare viene riservata, naturalmente, alla comunicazione dell’associazione.
Per quanto riguarda lo stile
delle risposte, sono state apportate solo le modifiche minime necessarie
per la trascrizione dal linguaggio parlato o “virtuale” (e-mail), in modo
da lasciare per quanto possibile intatta l’impronta personale di ognuno
degli intervistati.
Si rivela interessante,
ad esempio, cogliere tutta l’indignazione che emerge dalle parole di Salvi
rispetto alle atrocità politiche e mediatiche sul caso uranio (collegato
per lo più all’uso che ne è stato fatto durante la guerra
in Iraq). Oppure, la semplicità di un uomo come Calzavara, che ha
tentato di spingere i colleghi in Parlamento all’approfondimento di una
questione così oscurata come l’uranio, senza prese di posizione
aprioristiche. E ancora, una dimostrazione concreta dello stile estremamente
informale e diretto (in versione femminile) dell’Osservatorio.
28. STEFANO SALVI
Stefano Salvi è un
professionista noto per le sue inchieste trasmesse dal varietà satirico
“Striscia la notizia”. Nei suoi reportage, Salvi non risparmia mai gli
intervistati, tanto che più volte il suo atteggiamento invadente
ed importuno gli ha procurato pestaggi fisici da parte degli intervistati
o del loro entourage per la sicurezza.
Salvi è noto inoltre
per non essere iscritto all’Albo dei giornalisti, in segno di protesta
contro il corporativismo.
Nell’aprile 1999, Salvi
si recò in Iraq per effettuare un reportage sulle condizioni della
popolazione locale, colpita sia dall’embargo che dalle conseguenze dell’uranio
impoverito. Le inchieste andarono in onda su “Striscia la notizia” nello
stesso periodo.
A partire dall’autunno 2001,
porterà nelle università italiane in tour il suo spettacolo-conferenza
sulla disinformazione in Italia, divulgando anche il Progetto “Dentini
da latte” promosso in Italia dall’Osservatorio etico ambientale.
1.
La questione “uranio impoverito” ha fatto le sue prime comparse sui media
italiani in occasione della guerra mossa dalla Nato contro la Repubblica
Federale Jugoslava. Lei in che modo è venuto a conoscenza del problema?
Io sono venuto a conoscenza
del problema in modo completamente differente, un po’ di tempo prima. Ho
letto un articolo sul “Guardian” all’incirca nel marzo del 2000, dove era
riportato il fatto che in Iraq morivano circa sei mila bambini al mese
e che questi sei mila bambini al mese morivano sia a causa dell’uranio
impoverito, sia a causa dell’embargo che impediva di far arrivare i medicinali.
Conseguentemente, quando
ho letto questi dati (nel frattempo, in dieci anni erano morti ottocentomila
bambini e nessuno ne aveva mai parlato), io rimasi assolutamente sconvolto,
veramente sconvolto per la mia ignoranza, per il fatto di non sapere niente,
che, pur essendo uno che faceva informazione, per saperlo avessi dovuto
leggerle sul “Guardian”. Per cui, ho preso e sono andato da Antonio Ricci,
che è il responsabile di “Striscia la notizia”, e gli dissi:«Io
vado in Iraq, perché non voglio sentirmi responsabile di questo
genocidio e il mio dovere è quello di farlo sapere a tutto il mondo».
E così ho fatto.
2.
Di fronte alla gravità della situazione, come ha reagito?
Andando immediatamente in
Iraq e facendo in modo che le mie immagini venissero trasmesse da Canale5.
Infatti, sono stato uno dei pochissimi, se non l’unico, occidentale ad
aver fatto quest’operazione in questi dieci anni. Io ho visitato qualcosa
come venticinque ospedali in tutto l’Iraq, fra l’Iraq centrale e l’Iraq
meridionale, andando fino a Bassora, ed ho visto delle cose inenarrabili
e indicibili. Addirittura, ho scoperto che la leucemia infantile è
arrivata al 242%, mentre nel viaggio che ho fatto a febbraio quest’anno,
la leucemia è arrivata al 265% (parlo dal punto di vista esponenziale,
ovviamente). Prima della guerra era al 12%!
I defunti oggi in Iraq a
causa dell’uranio impoverito e a causa dell’embargo sono un milione e mezzo
di persone, fra adulti e bambini. Per cui, noi stiamo uccidendoli due volte,
prima di tutto perché sono state usate delle armi improprie altamente
radioattive, come appunto l’uranio impoverito; in secondo luogo perché
viene a mancare quello che è uno dei dogmi del diritto internazionale,
che è quello di aiutare immediatamente il paese che è stato
colpito, quindi non soltanto non viene aiutata la popolazione del paese
sconfitto in una guerra, ma addirittura viene non solo affamata, ma le
viene impedito di curarsi. Questo è un genocidio.
3.
Quali altre iniziative ha deciso di intraprendere per rendere pubblica
la questione?
Beh, io pensavo che il fatto
di andare in Iraq e mandare dieci servizi via satellite fosse un’iniziativa
più che sufficiente! Certo non posso andare sulla luna! Sono partito
nell’aprile del 2000, ed i servizi andavano in diretta: nel pomeriggio
andavo nel deserto e nelle varie città, poi tornavo indietro, facevo
i servizi e loro li mandavano in onda via satellite.
Sono l’unico che ha intervistato
Tareq Aziz, il braccio destro di Saddam (sostanzialmente il premier iracheno),
nel bunker di Saddam. Io ho detto davanti a lui che il popolo iracheno
è vittima chiaramente di parte del mondo occidentale, però
che moltissimi uomini e bambini vengono uccisi anche dalla sporcizia, che
non ha niente a che fare con gli americani, con l’embargo e con l’uranio
impoverito. Addirittura, i bambini giocano con l’immondizia, come noi giocavamo
a paletta, secchiello e sabbia sulla riva del mare. Io ho visto dei bambini
giocare con la coda dei topi. Io ho detto al premier che loro usavano gli
americani come alibi. E il traduttore si rifiutò di andare avanti
e io continuai in inglese (mandando in onda tutto), chiedendogli perché
non facessero pulire immediatamente tutto, così da prevenire almeno
le malattie infantili, come il colera ed altre che procurano centinaia
di migliaia di defunti all’anno. E lui mi ha risposto:«Noi non abbiamo
i pezzi di ricambio per poter far pulire le strade». Ed io
ho ribattuto:«Non è vero, perché io sono andato a vedere
dove abita lei: là il quartiere è pulitissimo. Come mai?».
E lui mi rispose:«Perché io pago la municipalità».
E allora, io gli dissi: «Lei deve pagare la municipalità anche
per i suoi connazionali, non soltanto per sé stesso». Io gliel’ho
detto in casa sua! Non credo che nessuno si sia mai sognato di dirglielo.
E poi sono tornato nel febbraio
del 2001, facendo un unico servizio di 14 minuti, perché sono rimasto
tre giorni. Era per raccontare, nove mesi dopo, com’erano andate le cose…e
stavano peggiorando!
Considera che io nel maggio
del 2000 ho scoperto che la catena alimentare irachena è tutta radioattiva,
perché l’uranio impoverito ha reso radioattive le falde acquifere,
conseguentemente i vegetali che crescono sono radioattivi, gli animali
li brucano e qualunque cosa essi mangino a bevano è radioattiva.
Il risultato è che il 50% della popolazione, cioè circa 9
milioni di persone, nei prossimi cinque anni potrebbe essere malata di
cancro. Se questo non è un genocidio!
Questo è quello che
dice l’Oms. Comunque, andando in loco, uno si rende conto.
Intervistando una patologa
di fama internazionale, irachena che però ha studiato in America,
ho scoperto anche che la ionizzazione dell’aria in Italia è di settecento
volte superiore a quello che dovrebbe essere, perché l’uranio impoverito
non conosce frontiere e quello sganciato sul Kosovo è già
arrivato sulle coste dell’Adriatico. In Veneto sono già aumentati
i casi di tumore.
Purtroppo, in Italia (e
anche nel resto del mondo, ma io parlo soprattutto dell’Italia), l’informazione
fa schifo. Ci fanno credere di avere venti giornali e venti telegiornali,
mentre invece ce né uno solo. Dalle 20.15 in avanti, i telegiornali
(Tg5 e Tg1) sono diventati dei rotocalchi: parlano della cellulite della
caia, del calendario della tizia, dell’uccello più lungo del caio
rispetto a quello del tizio, e chiaramente, non ci sono gli approfondimenti.
Sarebbe il caso che il telegiornale ridiventasse un telegiornale e non
un rotocalco.
Poi, sto andando in giro
per le Università di tutta Italia e anche in Europa, con il primo
spettacolo di informazione, un “one man show”, un monologo sostanzialmente,
dove racconto tutto quello che mi è successo e mi scaglio contro
tutta l’informazione, non soltanto per l’Iraq, ma per tutte le cose che
voi non sapete e che vi vengono nascoste ma che io conosco. Per cui, è
un atto d’accusa contro l’informazione, partendo da quello che io ho visto
ma che nessuno sa. Mi hanno chiamato anche Oxford e Cambridge, perciò
vuol dire che qualcosina son riuscito a smuovere!
Vorrei anche ricordare che,
appena tornato dall’Iraq, nel maggio 2000, il Parlamento italiano in data
6 e 21 giugno del 2000 ha approvato a larghissima maggioranza una mozione
contro l’embargo. Cioè, finalmente per la prima volta dopo dieci
anni, l’Italia si schierava contro l’embargo. In questa mozione c’era
un ringraziamento da parte del Parlamento italiano per quello che io avevo
fatto. Perché avevo portato a conoscenza determinate cose di cui
nessuno si ricordava o faceva finta di non ricordarsi o che effettivamente
non sapeva. Dico questo proprio per ribadire il livello di quella che è
l’informazione italiana.
4.
Come è stata accolta dal Direttore di “Striscia”, Antonio Ricci,
la sua intenzione di fare uno special sull’Iraq colpito dall’embargo?
Il paradosso è che
“Striscia la notizia” è un varietà. Ripeto che io non sono
iscritto all’Albo perché non voglio iscrivermi ad un Albo di venduti,
perché se non fossero venduti, se noi fossimo in un paese civile,
uno come il Salvi non sarebbe mai dovuto esistere, sarebbe uno dei tanti
che fa le domande come tutti fanno. Ma siccome siamo in un paese di merda,
uno come il Salvi chiaramente diventa famoso. Questo dimostra che non sono
io più bravo degli altri, ma sono gli altri che fanno schifo perché
non fanno il lavoro che dovrebbero fare. Il giornalista dovrebbe fare delle
domande, non dovrebbe mettersi d’accordo con gli addetti stampa per concordare
prima le domande che devono essere fatte ai vari potenti, politici, ministri
del Consiglio. Il giornalista deve fare le domande! E, senza avere tessere,
deve fare domande scomode, perché il giornalista è l’ultimo
dei baluardi che può difendere i cittadini dalla gestione della
cosa pubblica. Se è venduto, nessuno potrà mai sapere le
notizie come stanno.
Io sono diventato quello
che sono diventato dal ’92, cioè da quando è scoppiato il
caso che ha portato alla ribalta Di Pietro con Tangentopoli, perché
mi sono reso conto che in quarant’anni ci avevano rubato tutto. Io mi sono
incazzato certo con i politici, ma di più con i giornalisti, perché
se i giornalisti avessero fatto il loro dovere, non sarebbero dovuti arrivare
nel ’92 a scoprire che ci avevano derubati per quarantacinque anni; l’avrebbero
dovuto scoprire prima. In America, due giornalisti hanno mandato a casa
un Presidente della Repubblica. In Italia, più che parlare di calendari,
cosa cazzo fanno?! Più che andare al “Costanzo Show” o andare da
Cucuzza con tutto il loro “cucuzzaro”, che cazzo fanno i giornalisti in
Italia?! I 1750 giornalisti della Rai, che cazzo fanno?! Ci vuole uno stronzo
come Salvi per andare in Iraq e per scoprire quello che ho scoperto?!
Quando io andai da Antonio,
gli dissi:«Io ho deciso di andare in Iraq, perché questa
è una situazione che voglio verificare, perché se fosse veramente
vera io non voglio considerarmi complice di questo genocidio. Siccome il
mio compito è quello di informare, voglio informare su una cosa
di questo genere». E lui mi disse:«Vai!». Era la prima
volta che andavamo all’estero. Figurati! Siamo andati addirittura in territori
di guerra; sono rimasto sotto tre bombardamenti americani io, in Iraq.
Perché la gente non lo sa, ma gli americani nel maggio 2000 continuavano
a bombardare là, sia a Baghdad che nel sud.
5.
Pensa che in un contesto diverso da quello di “Striscia” (un altro programma,
un’altra rete televisiva) il suo reportage avrebbe goduto di un trattamento
simile?
Hai messo il dito nella
piaga: proprio perché se siamo arrivati al punto in cui di queste
cose si deve occupare un varietà, vuol dire che l’informazione in
Italia non esiste nel modo più assoluto e che siamo in un paese
in cui ci viene fatto credere che esista la libertà di stampa, ma
la libertà di stampa non esiste, perché vengono intaccati
degli interessi troppo importanti, si va contro l’America, la Gran Bretagna
e soprattutto contro le compagnie petrolifere.
Chiaramente, Saddam Hussein,
che è un criminale, deve essere disegnato come il più criminale
di tutti. Ma se è criminale Saddam Hussein, mi sembra che molto
più criminali siano gli americani e gli inglesi. Però questo
non viene mai detto. Ti parla uno che non vota da dieci anni: né
comunista, né filoamericano, né “controamericano”; ti parla
uno che ne ha le palle piene perché mi sono stufato di votare il
meno peggio. Io voglio votare il meglio, ma siccome non c’è, non
voto. Per cui non si può credere che io parli così perché
sono comunista: non ho mai votato comunista o Democrazia Cristiana, ho
sempre votato Pannella, quando votavo, ma ora mi ha rotto le palle anche
lui.
6.
Padre Jean Marie Benjamin, segretario della Fondazione Beato Angelico,
ha prodotto almeno tre video documentari sulle condizioni disastrose in
cui versa l’Iraq. Quindi ha proposto alla Rai di divulgare i filmati. Ma
la televisione di Stato ha rifiutato, più o meno esplicitamente.
Che ne pensa?
Dopo quello che ho detto,
è evidente!
Da un recente sondaggio
fatto dall’Unesco, l’Italia risulta al quarantesimo posto per quello che
concerne la libertà di stampa, per cui siamo messi veramente male!
Però il giorno dopo che l’ho letto su un’agenzia straniera, in Italia
non c’è stato nessun giornale che l’ha riportato, per cui significa
che siamo passati direttamente all’ottantesimo posto, non più al
quarantesimo! Queste son le cose da dire. Perché addirittura i direttori
dei giornali fanno la censura su se stessi!
7.
Entrambe le questioni Iraq ed uranio impoverito rappresentano fatti estremamente
“notiziabili”, ma non trovano, o non hanno trovato per lunghi periodi,
visibilità sui media. Qual è secondo lei l’atteggiamento
che un buon giornalista dovrebbe mantenere rispetto a casi come questi?
Io non so quale sia l’atteggiamento
di un buon giornalista perché non mi permetto di insegnare niente
a nessuno. Io non sono giornalista: quando mi chiedono «Che lavoro
fai?», io rispondo: «Faccio Stefano Salvi», oppure dico
che sono un rompicoglioni civico, anche perché non voglio essere
associato ai giornalisti.
Però, penso che il
comportamento non di un giornalista ma di una persona degna di questo nome,
che voglia fare informazione, sia di informare su tutto e di tutto, indipendentemente
da dove ti porti la notizia: se ti porta dal potente tale, devi fare le
domande al potente tale, se ti porta dal potente talaltro, devi fare le
domande al potente talaltro.
Nel caso dell’Iraq, ci troviamo
di fronte a quella che secondo me è la “madre di tutte le globalizzazioni”,
in quanto, in nome degli interessi petroliferi, il mondo, tacitamente,
ha già fatto morire un milione e mezzo di persone, a causa dell’uranio
impoverito e soprattutto dell’embargo, che è ancora più colpevole,
perché impedisce l’invio di medicinali e di cibo.
Questo secondo me è
un crimine e deve essere, secondo il mio punto di vista, denunciato al
Tribunale dell’Aja, perché se la signora Carla del Ponte ha messo
sotto accusa il buon Milosevich, mi deve spiegare cosa aspetta a mettere
sotto accusa il buon Clinton, la signora All Bright e Tony Blair.
Vorrei ricordare che la
signora All Bright, tre anni fa, disse che ottocentomila bambini iracheni
morti ne valevano la pena! Non merita l’apertura di un fascicolo per crimini
contro l’umanità la signora All Bright?
Tra l‘altro, in America,
finalmente, un quotidiano ed una stazione televisiva hanno tirato fuori
i documenti con cui Henry Kissinger può essere incriminato per crimini
contro l’umanità, per la faccenda del Vietnam, del Laos e del Cile.
E stiamo parlando di un premio Nobel della pace! Forse qualcuno se lo dimentica!
8.
Secondo lei, fra i suoi colleghi italiani viene rispettato l’atteggiamento
professionale?
Io non ho colleghi giornalisti!
Comunque, certo, c’è sempre chi ha atteggiamenti professionali,
io ce l’ho con la categoria, poi c’è sempre qualcuno che può
essere stimabile, ma sono tre o quattro.
C’è Oliviero Bea,
che infatti non si sente più perché è un rompicoglioni
come me.
Massimo Fini che è
un giornalista della carta stampata che ha sempre detto le cose come stanno
e le ha sempre dette controcorrente, anche se magari non la pensa come
me!
Poi basta, sinceramente,
mi è un po’ difficile trovarne…bisogna essere sempre tutti allineati…forse
un po’ Gad Lerner, ma ce ne sono sicuramente anche altri, che magari non
conosco.
9.
Pensa che vi siano delle ragioni precise alla base di questa scarsa attitudine
all’indagine, così diffusa fra i giornalisti italiani?
Io non lavoro in una redazione,
per cui il mio lavoro lo faccio per conto mio, leggendo i quotidiani stranieri
e grazie a tutte le notizie che mi vengono dagli ascoltatori.
La stragrande maggioranza
dei giornalisti italiani, sia televisivi che non, commentano delle immagini
che gli vengono dalle agenzie di stampa straniere, senza aver mai messo
piede nel Burundi o nel Catanga o nell’Iraq. Si permettono anche di fare
dei commenti su delle immagini di paesi che non sanno manco dove cazzo
siano sulla carta geografica!
Una volta si facevano le
inchieste, oggi le inchieste le vanno a fare, come ti ripeto, dal “Costanzo”
con il culo seduto sulle poltrone di Costanzo o di Michele Cucuzza. Queste
non sono inchieste! Questo è prendere per il culo se stessi e soprattutto
il pubblico. Una volta il giornalismo si faceva andando là dove
succedevano i fatti. Adesso si sta tranquillamente comodi, seduti in redazione,
il computer ti dà tutte le notizie, ti dà anche le immagini
e a seconda delle notizie e delle immagini che escono, tu fai i servizi.
Ma tu non sai neanche di che cazzo stai parlando: questo è giornalismo?
Questo non è andare a vedere le cose scientificamente come stanno.
Quando io ho letto l’articolo
del “Guardian”, non fatto un servizio per “Striscia la notizia” su quello
che ho letto. Ho preso il mio culo, mi sono sbobbato otto mila chilometri
di deserto, mi sono visto venticinque ospedali a 50° e ho visto quello
che stava succedendo, rimanendo sotto tre bombardamenti!
29. FABIO CALZAVARA
Fabio Calzavara è
un deputato della Lega Nord che ha ricoperto il ruolo di commissario nella
Terza Commissione Affari Esteri e Comunitari della Camera dei deputati
durante la scorsa legislatura. La Commissione ha seguito le procedure ed
i dibattiti relativi all’uranio impoverito utilizzato dalle forze militari
Nato nella guerra mossa contro la Repubblica Federale Jugoslava nel 1999.
Il deputato è stato il primo in Commissione a richiedere l’approfondimento
del problema, e l’unico a sollecitare i colleghi, quando, di fronte agli
sviluppi della questione, in molti ritirarono il sostegno.
Attualmente, Calzavara non
è membro della Commissione, in quanto non più riconvocato
(secondo alcune voci, proprio a causa del suo impegno per l’approfondimento
della questione uranio).
In quanto deputato, Calzavara
ha presentato più di una interrogazione parlamentare sull’uso dell’uranio.
1.
Lei è stato chiamato a far parte della Terza Commissione affari
esteri e comunitari durante il Governo D’Alema. Quale durata ebbe quell’incarico?
Non solo con il Governo
D’Alema, perché è ben vero che le commissioni interne vengono
rinnovate con le elezioni, però io sono stato riconfermato e quindi
ho partecipato alla Commissione esteri della Camera dei deputati lungo
tutta la legislatura, per cinque anni. Quindi anche sotto i Governi Prodi
e D’Amato. Così ho seguito tutto l’iter legislativo per quanto riguarda
la questione uranio impoverito.
2.
Con riferimento all’uranio impoverito utilizzato dalla Nato nei Balcani
(guerra contro la Repubblica Federale Jugoslava), di quali poteri disponeva
la Commissione: solamente propositivo-consultivi o anche decisionali?
Il Parlamento ha solo poteri
consultivi-propositivi; quelli decisionali sono sempre in mano a chi detiene
il potere consultivo e quindi al Governo.
3.
In quali occasioni si riuniva la Commissione? Vi erano delle scadenze fisse
o invece era l’insorgenza di temi particolari a rendere necessari gli incontri?
Le Commissioni in genere
si riuniscono regolarmente: sono sempre convocate martedì, mercoledì
e giovedì; qualche volta anche venerdì o in casi particolari
(come la guerra dei Balcani) anche in altri giorni.
A proposito di uranio, non
ci sono stati incontri straordinari, nel senso che ci sono stati alcuni
componenti della Commissione Affari Esteri a voler fare delle mozioni ad
hoc, ed all’inizio c’è stata l‘unanimità di tutti i componenti.
Tutto è partito all’inizio
della guerra, quando chiedevamo maggiori informazioni al Governo, perché
non ci diceva nulla, e non ci ha detto nulla neanche sulla questione dell’uranio
impoverito e su queste armi letali, usate in gran profusione in questa
ed in altre guerre. Quindi, noi abbiamo chiesto (e questa è una
potestà della Commissione) di sentire il Governo, naturalmente con
una certa insistenza. Anzi, io sono stato uno di quelli più insistenti,
purtroppo, anche perché ho dovuto battere i pugni sul tavolo, anche
fisicamente. Ho dovuto arrabbiarmi per ottenere queste audizioni e per
far passare anche delle risoluzioni in Commissione.
Ci hanno mandato, anziché
il ministro degli Esteri, il sottosegretario Calzolaio. Calzolaio era dei
Verdi ed infatti l’ho anche rimproverato che proprio una figura così
rappresentativa dei Verdi si fosse presa in ritardo su questo argomento
(ed è rimasto a verbale) ed effettivamente anche lui ha ammesso
questo ritardo da parte del Governo e anche da parte sua, e comunque esprimeva
la volontà di recuperarlo. Però la volontà di recuperarlo
non si è molto vista, perché naturalmente in un atto di guerra
di quel livello, con coinvolgimento generale dei massimi gradi era un po’
difficile.
4.
Prendendo ancora come riferimento l’uranio nei Balcani, quale parte delle
funzioni e dei compiti della Commissione si svolgeva collettivamente durante
le sedute e quale invece veniva assolta dai singoli membri per proprio
conto?
Purtroppo, la questione
dell’uranio impoverito, come anche in molte altre situazioni, veniva lasciata
un po’ troppo in mano al potere decisionale, nel senso che non c’era la
capacità di programmare una ricerca complessiva o esaustiva, nonostante
anche il merito del Presidente Occhetto che, inimicandosi anche i suoi,
cercava di organizzare queste cose. C’erano tempi enormemente dilatati
e inconcludenti nelle sedute. Questo perché innanzitutto il Parlamento
italiano è concentrato su troppe cose, per cui non si riesce a farne
bene nemmeno una; e poi anche perché effettivamente il Parlamento
ha troppi parlamentari e nello stesso tempo è stato esautorato a
livello legale per la sottomissione alla volontà dei singoli o di
certi gruppi. Praticamente si discute di tutto e si decide su niente.
Ciò mette in mano
un grosso potere all’esecutivo e troppo potere anche ai quadri della burocrazia,
che determinano addirittura i lavori parlamentari o anche certe scelte
politiche. Questo non mi pare molto giusto.
Praticamente, sui vari argomenti,
in questo caso sull’uranio impoverito, ho visto che non solo io, ma anche
altre forze politiche, abbiamo dovuto agire per iniziativa spontanea, e
qualcosa siamo riusciti ad ottenere solo perché qualche parlamentare
ha preso a cuore questa situazione ed ha spinto anche gli altri colleghi
a stare attenti sul problema.
Naturalmente, ci vuole un
coinvolgimento più ampio del singolo deputato. Io ho proprio questo
merito o demerito (e forse sono a casa anche per questo): aver cercato
di non farne una battaglia personale, ma di coinvolgere, oltre che i miei
colleghi di gruppo, tutti i gruppi. Purtroppo, mi hanno risposto in pochi.
In Commissione Esteri, non
essendoci interessi immediati sul territorio, tipo appalti, nomine, ecc.,
l’atmosfera era piuttosto rilassata. Per di più, avendo anche un
compito di rappresentanza internazionale, cerca giustamente di attenuare
le divisioni e di tenerle fuori dalla porta, perché è giusto
che lo Stato sia rappresentato da un’idea comune, che lo renda più
forte ed assicuri i massimi risultati. Infatti, anche sul discorso uranio
impoverito c’è stata questa impronta iniziale per un po’ di mesi.
Poi, “si è svegliato il can che dorme” e quindi abbiamo notato
un certo differenziarsi delle posizioni man mano che i meccanismi politici
prendevano piede. Fino all’inverno del ’99 c’è stata certa unità;
quando i mass-media hanno iniziato organicamente a diffondere questo problema,
sono scattati i meccanismi di autodifesa ed i poteri forti.
Purtroppo, io ho un unico
rammarico: quello di non essere riuscito a portare in Aula l’unica mozione
che è stata presentata nell’ultima legislatura, firmata da tutti
i gruppi principali (alcuni sottogruppi mi sono scappati, perché
la scorsa legislatura si è evidenziata per almeno 45, non ben definiti,
tra gruppi e sottogruppi!), sia della maggioranza che dell’opposizione.
Io ero il primo firmatario, ma ero disposto a passare anche ultimo, purché
fosse sottoscritta e divulgata la cosa. La mozione impegnava il Governo
a prendere provvedimenti informativi e divulgativi sulla pericolosità
dell’uso militare e anche civile di questo materiale.
5.
La questione uranio è delicata ma, per molto tempo, è stata
taciuta. Quali sono i fattori che personalmente l’hanno appassionata a
questo problema?
“Appassionato” non so se
è un termine giusto, perché è una cosa troppo drammatica
e penosa, dal punto di vista umano, ma anche politico, perché effettivamente,
una volta che si è fatto capire il problema, ho visto tante persone
defilarsi, tra cui molti personaggi anche importanti, del Governo e dell’opposizione,
prendere posizioni personali di difesa corporativa, invece di andare a
fondo nel problema.
6.
Come si è svolto il suo lavoro di membro della Commissione, per
quanto riguarda l’uranio nei Balcani?
Purtroppo, devo dire che
sono stato il parlamentare che più si è dato da fare. Dico
purtroppo, perché mi è dispiaciuto tantissimo trovare tutte
queste difficoltà di comprensione o mancanza di buona volontà,
o, peggio, il non volere andare a disturbare i poteri forti, o una parte
dei poteri forti (in questo caso, naturalmente, gli organismi militari,
la Nato e la lobby del nucleare). Però, avrei avuto piacere che
ci fosse stata una maggiore partecipazione, che non ho trovato.
Gli unici risultati positivi
che sono riuscito ad ottenere, col merito anche di altre forze politiche,
sia di maggioranza che di opposizione, sono solo dei piccoli benefici.
Quello che sono più contento di avere fatto è di avere minacciato
di bloccare il lavoro di Commissione (ed è a verbale), se, all’interno
di un provvedimento di legge per la ricostruzione dei Balcani, non fosse
passato un minimo finanziamento di cinque miliardi, per il monitoraggio
del territorio bombardato e quindi contaminato da uranio impoverito.
Naturalmente, nessuno ne ha parlato e la maggioranza si è presa
il merito che però è stato, in questo caso, tutto mio.
Poi, i risultati del monitoraggio
sono stati abbastanza piatti e, come tutti gli argomenti pericolosi politicamente,
sono stati disaggregati e dati in parte all’opinione pubblica, in parte
agli specialisti, e poi crittografati in linguaggio o tecnico o politico!
Comunque, anche ad un inesperto militare come il sottoscritto fu evidente
che c’era stata un’ammissione di effettiva pericolosità per la contaminazione
del terreno.
Ricordo che il rapporto
diceva che le particelle alfa, beta, gamma, ecc. erano in quantità
ritenute pericolose rispetto agli standard, però erano circoscritte
a pochi millimetri intorno al foro d’entrata del proiettile nel terreno
e che comunque la pericolosità era nel terreno, tra la superficie
e la profondità raggiunta dal proiettile (due metri circa). Però,
naturalmente non si teneva conto, e forse non si potevano misurare, tutte
le migliaia di grammi di particelle che sono state nebulizzate e portate
a distanza.
E poi, naturalmente, sono
stati esaminati solo alcuni fori: bisognerebbe vedere dove sono andati,
in che condizioni hanno fatto le rilevazioni, ecc. È facile che
abbiano preso, su indicazione dei militari, i posti meno sensibili.
Ma resta il fatto che il
terreno è contaminato e che, con la pioggia e la neve (i Balcani
sono molto piovosi e molto nevosi), la falda acquifera avrebbe convogliato
e trasportato tutte queste particelle nocive.
7.
All’interno di questo incarico, lei ha avuto dei rapporti con l’Osservatorio
etico ambientale. Com’è avvenuto e da chi è stato proposto
il primo contatto?
La prima sensibilizzazione
che ho avuto su questo argomento, e successivamente anche il primo contatto,
è stata con padre Jean Marie Benjamin, che è venuto in Commissione
Esteri in audizione durante la guerra, dopo che avevamo fatto una richiesta
su questi proiettili, avendone sentito parlare alla televisione, alla radio
e sui giornali. Ma io, sinceramente, essendo distante e non conoscendo
il problema, mi ricordo solo che ero stato colpito da questo abbinamento
tra “uranio” e “impoverito” e mi sono detto che forse non era pericoloso.
E penso che questo termine sia stato scelto proprio per dare questa falsa
illusione.
È stato scelto proprio
padre Benjamin perché non era politicamente schierato ed era conosciuto
per il suo altruismo, per la sua conoscenza di questo problema e perché
era andato in Iraq a portare i soccorsi umanitari e, da quando si era reso
conto che esisteva questo problema, si era dedicato a filmare e ad annotare
testimonianze e a studiare il fenomeno. Quindi., è stato uno shock,
per me e per quei pochi rappresentanti della Commissione che lo hanno ascoltato,
perché ci ha illustrato una situazione che noi non immaginavamo
assolutamente, documentandoci anche con studi, con un libretto che aveva
fatto lui, con fotografie di bambini e di ospedali in condizioni naturalmente
incredibili, con alcune cassette che aveva filmato lui e con altre che
aveva fatto l’U.S. Army, che erano materiale segreto e che poi è
stato ritirato, anche per non allarmare ulteriormente l’opinione pubblica.
Da lì è nato questo desiderio di andare a fondo, conoscere
e divulgare le cose.
Successivamente, padre Jean
Marie Benjamin, elencandomi varie associazioni che si davano da fare con
generosità sul caso, mi ha parlato proprio dell’Osservatorio etico
ambientale. Poi, mi sono messo in comunicazione con Marco Saba, e sono
riuscito ad invitarlo e ad ottenere una sua audizione in Commissione, molto
interessante e anche molto combattuta, e poi anche con gli altri esponenti.
8.
Il tema dell’uranio si rivela sin dal primo approccio come controverso
e dibattuto, ma, per quanto permangano molte incognite sulla sua reale
pericolosità e sul grado di inquinamento e contaminazione che ha
provocato nel mondo (e in particolare nelle zone di guerra), ciò
che sembra certa è l’importanza di una corretta gestione del suo
utilizzo, per la salvaguardia della specie umana e dell’intero pianeta.
Dal suo punto di vista, la questione suscitava sufficienti interesse e
attenzione in Commissione?
In Commissione, all’inizio
c’era molto interesse e molta determinazione nell’affrontare questo problema;
successivamente, purtroppo, sono arrivate le risposte di chi doveva difendere
la posizione e le scelte di guerra e questa arma. È cominciato a
pesare e purtroppo la cosa è stata messa a dormire.
Io ho individuato una metodologia
per riuscire ad ottenere delle risposte e non delle chiusure, cioè
cercare di far capire che erano necessarie delle risposte per conoscere
la pericolosità di questo materiale, i metodi per individuarne lo
smaltimento e la difesa delle persone nei luoghi di lavoro e dei militari
che vi erano entrati in contatto.
9.
Considerando proprio la natura controversa e delicata del tema uranio,
soprattutto per una Commissione che doveva rendere conto ad un Governo
già investito dalle polemiche sulla guerra nei Balcani, quale clima
si respirava in Commissione? Le sedute erano tese, animate, dibattute,
oppure non ha notato differenze rispetto ad altri temi che venivano affrontati
normalmente?
La questione non è
controversa, ma è tenuta disaggregata su due piani, per non far
capire le cose. L’uranio impoverito e le sue particelle sono pericolosissime,
l’arma è micidiale e pericolosa, e su questo, tecnicamente non ci
sono controversie. Sono d’accordo che a livello minimale, i proiettili
di uranio impoverito non siano radioattivamente molto pericolosi ed è
giusto riconoscerlo. Ma rimane il resto del problema: innanzitutto non
c’è un controllo sulla produzione di queste armi, ed è stato
provato che senza questo controllo pubblico, non c’è solo U238,
ma anche plutonio e altre sostanze che sono un milione di volte più
pericolose e quindi non è più possibile fare un discorso
di bassa radioattività dell’uranio impoverito. E poi, il problema
non è la bassa radioattività, ma sono le conseguenze dell’aerosol
diffuso dallo scoppio e dall’inquinamento che dura milioni di anni, quindi
la concentrazione nel terreno, nelle piante e nell’acqua che subiranno
le persone che abitano in quel territorio.
Su questo, non ci piove:
tutti i tecnici e gli scienziati sono d’accordo. Quindi è criminale
continuare a disaggregare e a dire «Non facciamo nulla perché
la radioattività è bassa o perché i livelli sono sotto
i parametri internazionali». E poi bisognerebbe vedere che razza
di parametri sono, perché abbiamo visto che questa situazione si
è trascinata per un accordo infame tacito della lobby nucleare,
del potere politico e del potere militare. Possiamo capire e dobbiamo anche
accettare che tutto questo si è sviluppato in una situazione di
guerra fredda, quindi purtroppo questo problema è scoppiato all’improvviso
e si cerca di controllarlo e di tenerlo nascosto, proprio perché
ci sono enormi responsabilità e perché c’è una situazione
pregressa di almeno trenta, quarant’anni di produzione e di misconoscimento
dei pericoli di quest’uranio impoverito. E quindi, ci sono governi e potentati
di tutto il mondo che ci andrebbero di mezzo: posso capirlo, ma non accetto
che ci si dimentichi del problema, perché il problema rimane e ci
va di mezzo, come sempre la povera gente.
La Commissione accettava
questo dato di fatto, ed anche i rappresentanti militari hanno detto che
era pericoloso e che erano state fatte delle omissioni (che loro chiamano
“ritardi” o “imprecisioni di comunicazione”) sulle precauzioni da adottare
per i militari o per i civili.
Però c’è chi
continua ancora adesso a negare quest’evidenza e questo è assolutamente
da sconfiggere. È chiaro che tutti i materiali usati in guerra fanno
male; lo dico perché qualche generale mi dice che anche il piombo
è nocivo. Sì, però il piombo lo conosciamo! Sappiamo
come comportarci e sappiamo dov’è e in che percentuale, e non si
disperde. Qui sta il grave: sappiamo benissimo che tutte le cose militari
fanno male, sono nate per questo, e che anche molti materiali di uso civile
sono dannosi, inquinano, ecc., però il dovere del politico è
quello di fare chiarezza sul come, cosa, quando e perché e dare
tutti questi dati in modo che dopo la gente, le imprese, le famiglie e
i soldati sappiano regolarsi di conseguenza. Il crimine è proprio
nel misconoscimento della pericolosità.
Fino all’esplosione della
questione sui media tutta la Commissione concordava sulla pericolosità
dell’uranio impoverito, mentre poi sono iniziati i corporativismi.
10.
Quali furono le varie risoluzioni e decisioni a cui giunse la Commissione
sull’U-238 in Kosovo?
C’è stata una risoluzione
approvata in Commissione, che ho voluto fortemente io, sottoscritta dalle
forze politiche presenti un po’ limata ed alleggerita, ma comunque passata
all’unanimità in Commissione Esteri. Impegnava il Governo a indagare
e a stanziare dei fondi per conoscere questo problema e a sospendere quelle
attività, finché non si fosse chiarito il grado di pericolosità
della cosa.
11.
Quale fu il ruolo dell’Osservatorio etico ambientale nella Commissione
Esteri?
La relazione di Saba fu
importantissima, perché sono scaturiti degli elementi fondamentali
per procedere all’approfondimento della questione. C’è stata una
contrapposizione con il rappresentante dell’Oms chiamato dal Governo, che
non è riuscito a confutare le accuse di Saba.
In quel periodo si era già
defilati alcuni parlamentari e si era già delineata la risposta
del Governo, che non era più quella di fermare il problema (ormai
era impossibile, grazie all’Osservatorio etico ambientale e ad altre persone
e parlamentari, che si erano sensibilizzati ed avevano fatto opera di diffusione
parlamentare e non). La strategia adottata nell’inverno era quella di lasciar
sfogare malcontento e malumore, per poi pilotarlo verso l’assestamento
successivo, che poi si è realizzato, mettendo in moto delle commissioni
di inchiesta non aperte anche ai gruppi indipendenti (come chiedevamo io
ed altri), ma solamente nel gruppo ristretto dei partecipanti all’avventura
bellica e dei responsabili che dipendevano dai ministeri competenti. Quindi,
era ovvio che non si poteva raggiungere un risultato sufficiente dal punto
di vista umano, di etica e di correttezza.
In questo contesto, nessun
componente della Commissione si è tirato indietro né ha avanzato
contestazioni di fronte alla relazione dell’Osservatorio.
Purtroppo, però io
sono rimasto deluso. Pur capendo la situazione pregressa e le varie responsabilità
ed il problema di riuscire a risolvere questo caso senza creare panico
(che sarebbe altrettanto sbagliato: situazione incontrollate e vendette
sommarie o rifiuto totale di tutto quello che potrebbe essere il contesto
legato a questo problema), sono rimasto deluso perché al Governo
c’era una forza che si è sempre distinta nella denuncia dei pericoli
nucleari, contro le lobby nucleariste e militari, contro la Nato e purtroppo
è stata quella che ha affossato e rallentato la questione, così
che in quella fase si giunse ad un nulla di fatto, o perlomeno a risultati
scarsi.
C’erano dei punti fermi
che io e molti della sinistra ritenevano incrollabili e che invece hanno
portato ad un nulla di fatto.
12.
Oltre all’impiego bellico, l’uranio viene inserito anche in ambiti civili
(aerei, ospedali, barche, lenti ottiche, leghe metalliche, ecc.). In Commissione
venne mai valutata l’ipotesi di affrontare questo aspetto della questione?
No, purtroppo mi è
sempre stata negata la possibilità anche solo di discutere questo
aspetto: c’è stata proprio una volontà precisa di non fare
indagini né di metterlo all’ordine del giorno, sia in Commissione,
sia in Aula.
Questo è stato negativo
sotto tutti i punti di vista.
13.
Il lavoro di un politico ha come base la raccolta delle informazioni presso
organismi specializzati. Quali furono le principali “fonti” su cui la Commissione
lavorò a proposito di uranio?
Le Commissioni, purtroppo,
sono troppo supine rispetto alle informazioni che arrivano loro, per una
cattiva programmazione, per una cattiva gestione e anche per poco tempo.
Non ci sono né tempo, né volontà, né l’organizzazione
per fornire documentazione tempestiva ai commissari. Anche su molti altri
argomenti, i commissari non possono essere informati, se non per precedenti
esperienze o solo per suggerimenti, di quello che vanno a giudicare o di
quello che risponde anche allo stesso Governo. Perché le notizie
vengono fornite magari un’ora prima o anche durante la risposta che dà
il Governo o le audizioni. Quindi è impossibile materialmente, per
chi non è un addetto ai lavori, anche solo capire qualcosa.
Per di più c’è
anche la cattiva volontà di fornire documentazione su temi scottanti:
il Governo se la tiene stretta e non la dà. E qualche volta (e questa
è una critica che faccio anche al potere esagerato di certa burocrazia,
anche di alto livello), i burocrati di alto livello non forniscono tempestivamente
le informazioni che vengono loro richieste, perché evidentemente
hanno delle connessioni o ricevono pressioni interessate.
Quindi, sappiamo benissimo
che senza informazioni si è costretti a prendere decisioni all’acqua
di rose o a rinviare i problemi. E purtroppo io, ma anche altri colleghi,
abbiamo dovuto interessarci in via privata ma anche attraverso altri funzionari.
14.
Secondo lei, vi erano alcune fonti a cui veniva riservato un trattamento
di riguardo?
Io ho avuto questa grande
soddisfazione, di battermi per in problema che sentivo e che era difficile
che emergesse. E ho visto qualche risultato: non solo per merito mio ovviamente,
ma, insomma, ho contribuito a smuovere le acque, perlomeno in Commissione
e in Parlamento. Le uniche informazioni in Commissione le davo io, ed effettivamente
l’Osservatorio etico ambientale ha avuto il ruolo prezioso di fornirmi
queste informazioni, critiche e suggerimenti e non solo a me, ma anche
ad altri parlamentari e ad altre parti politiche, con uno spirito veramente
encomiabile.
15.
Dal suo punto di vista, i risultati a cui giunse la Commissione furono
frutto di un lavoro individuale e di gruppo obiettivo?
Sì, è stato
un lavoro di gruppo tutto sommato obiettivo, considerando anche la parte
che non voleva che emergessero le indagini, soluzioni o critiche poteva
anche essere un risultato sufficiente in quel momento.
Però non sono stati
sufficienti la risposta successiva e i chiarimenti che sono arrivati e
la determinazione ad agire ed anche i fondi che sono stati stanziati.
30. PAOLA GANDIN
Paola Gandin è stata
Presidente dell’Osservatorio etico ambientale sin dalla sua costituzione.
Il suo interesse per la questione ambientale (con particolare attenzione
al caso uranio) ha radici profonde anche nel suo essere madre di famiglia.
Per questo, da tutto il suo lavoro di operatrice-dirigente dell’Oea traspare
un’impronta di disponibilità e passione quasi materna.
Il ruolo della Gandin all’interno
dell’associazione, oltre a quello di rappresentante legale, è quello
di portavoce (conferenze e articoli), ed è stato intensificato dopo
la sospensione della collaborazione con l’ex portavoce Saba.
Naturalmente, l’intervista
che segue è stata realizzata via e-mail (di questo risente lo stile,
anche grafico, delle risposte).
1.
A partire dal 2000, l’Osservatorio etico ambientale ha iniziato ad occuparsi
intensivamente anche di altri argomenti oltre all’uranio impoverito ed
agli effetti delle radiazioni. Quali in particolare?
La prima denuncia fatta
a Milano dai Comitati Stop-U238 era inerente anche l’irraggiamento dei
cibi (ortaggi e spezie prevalentemente) a scopo antiparassitario. In seguito,
abbiamo inoltre approfondito, sempre grazie alla Rete, la lunga catena
di incidenti nucleari avvenuti dall’avvento dell’atomica in poi, il numero
di centrali sul pianeta, il traffico clandestino di materiali radioattivi,
ecc. Insomma, l’uranio è impoverito è solo l’ultima scoria
del processo nefasto di produzione dell’energia atomica (per non parlare
degli armamenti…).
Il discorso sulle ferriere
e sugli elettrodi utilizzati dai metalmeccanici è sempre legato
alle radiazioni.
Per quanto riguarda invece
gli argomenti non legati al nucleare, seguiamo con attenzione il problema
dell’elettro-smog, visto che altre organizzazioni Onlus se ne occupano
egregiamente, ne facciamo tam-tam ed interveniamo nel locale. Abbiamo divulgato
l’idea della gabbia di Faraday (che io e Roby abbiamo realizzato nel nostro
soggiorno essendo a pochi metri da un’antennonaJ) e la poco risaputa ipotesi
scientifica secondo la quale l’elettromagnetismo non causa solo tumori
al cervello ma anche pazzie varie, ovvero squilibri adrenalinici.
Ci stiamo occupando anche
del metodo di disinfestazione via elicottero che viene attuata nei vigneti
(ad esempio nell’Oltrepo pavese, dove peraltro esiste un alto tasso di
suicidi tra i contadini).
Personalmente, ho sempre
in mente di lottare ed indagare sui metodi utilizzati dai Sert e dall’Igiene
mentale, le “quintalate” di psicofarmaci e i litri di metadone che avvelenano
la mente dei più fragili.
Non mi viene in mente altro,
anche perché comunque noi restiamo legati all’anti-nuclearismo,
al “mai più Hiroshima” e “mai più Chernobyl”, anzi speriamo
davvero di diventare un faro per tutti i cittadini italiani che si indignano
di questo scempio e di tanta irresponsabilità.
2.
Dal momento in cui si sono alzati i riflettori sull’uranio impoverito utilizzato
nella Repubblica Federale Jugoslava, l’attenzione pubblica verso il tema
uranio in generale è calata più volte, ma non si è
più sopita. Molte voci (organismi e istituzioni) si sono levate
in Italia per denunciarla: allo stato attuale, qual’è secondo voi
in Italia la percezione del problema uranio?
Allo stato attuale vige
una totale informazione fra i parenti degli ammalati, fra gli ecologisti
doc, che hanno rispolverato il flagello della contaminazione radioattiva,
ed anche fra gli scienziati di frontiera e tra quelli non che si sono dovuti
pronunciare dal loro punto di vista professionale (Tirelli escluso…).
In ogni caso anche mia madre,
che prima non sapeva neanche che esistesse l’U238 e che mai aveva ascoltato
attentamente me e Roby, adesso ha una coscienza “nucleare” che prima non
aveva. I Tg e le testate di dicembre 2000 e gennaio 2001 hanno prodotto
non solo informazione ma anche conoscenza di un tema così scottante
per la salute pubblica. D’altronde, di questi tempi, la Verità non
può restare occultata per molto.
3.
Dal vostro punto di vista, qual è stato il ruolo dell’Oea nell’incremento
della sensibilizzazione sul fronte uranio e quali altri soggetti sono stati
altrettanto attivi?
Secondo me, l’Oea non solo
ha incrementato ma ha proprio aperto le danze in Italia. Report (Rai3 free-lance)
ha supportato così bene le nostra tesi da creare un caso “politico”
d’attualità a sostegno poi delle Leucemie di Bosnia e Kossovo.
Soggetti attivi in questa
battaglia sono stati e sono Peacelink, Radio Popolare Network e, a livello
internazionale (ma non in Italia) Greenpeace, gli Amici della Terra e tutte
le mailing-list rivoluzionarie della rete.
4.
Nell’attività dell’Osservatorio, la comunicazione riveste sicuramente
un ruolo fondamentale perché vi permette di raggiungere il pubblico,
realizzando così gli obiettivi statutari. In che modo valorizzate
quest’aspetto?
Mia cara che domandina…
In che modo valorizziamo la comunicazione? Ebbene i portavoce ormai siamo
io e Roby, io mi sono occupata di conferenze, incontri nelle scuole e articoli,
Roberto di conferenze, interviste radiofoniche e televisive, articoli.
Non credo che valorizziamo
questo aspetto sufficientemente, anche perché non abbiamo molte
occasioni per farlo, comunque ci appoggiamo alla Verità, alla limpidezza
di voler informare il mondo, dapprima come urlo nel deserto, ma successivamente,
come è stato, con semplici denunce pubbliche di crimini contro l’umanità,
e forse con l’innocenza e la faccia tosta che ci contraddistingue... J
5.
Qual è, in particolare, il ruolo attuale di Internet in un’associazione
come la vostra che è nata in rete ma è riuscita a conquistare
anche molti altri spazi e occasioni di visibilità (nel sistema mediatico,
in quello politico, fino all’apparato giudiziario)?
La rete rimane lo strumento
principe per raccogliere e divulgare le nostre denunce e tutti i materiali
d’interesse, rimane la nostra sede virtuale che avvicina quella rete delle
reti che è il popolo della Terra Madre. Stiamo ultimando il
nuovo sito.
Nel sistema mediatico ci
entri solo se ci casca il morto o in realtà locali, in quello politico
è un terno al lotto (salvo i contatti con opportunisti che non citano
la fonte.. ) e nell’apparato giudiziario (che è forse quello che
ci interessa di più) è semplice entrarci: basta denunciare!!!
Le nostre denunce non sono state archiviate ma giacciono su qualche scaffale
e forse, chi ci passa vicino, abbassa lo sguardo…
6.
Oltre alla rete, su quali mezzi avete puntato di più per divulgare
il problema uranio nella la vostra attività dal giugno ’99 al dicembre
2000?
Nella prima fase esisteva
solo Internet, poi con l’attivismo di Roberto sono entrati i media e con
le conoscenze del Saba i politici e taluni scienziati. La divulgazione
era più rivolta a spiegare il problema e quindi i nostri primi interlocutori
sono stati Comuni, Regioni, enti pubblici, Forze dell’Ordine, Vigili del
Fuoco, Protezione Civile, Croce Rossa (lettere protocollate in Friuli Venezia-Giulia),
e infine Magistratura, Parlamento. La gente comune era difficile da raggiungere
perché totalmente ignorante dell’argomento nucleare. Solo dopo le
Leucemie le persone si sono documentate e le Tv hanno iniziato ad affrontare
la questione. Purtroppo l’OEA parlò di Sindrome dei Balcani durante
già i 78 giorni di bombardamento..
Oggi puntiamo sulle radio
locali e le testate giornalistiche... fra non molto sentirai nuovamente
parlare di noi…
7.
Si sono rivelati adatti secondo voi? I risultati corrispondevano alle vostre
aspettative?
Non so risponderti, le numerose
interviste di Liliana di Radio Base Popolare hanno senz’altro animato il
Veneto sul problema nucleare ma non ne ho il polso. A livello locale siamo
boicottati dai media e i nostri volantinaggi hanno da soli creato un substrato
culturale.
I risultati del nostro tam-tam
sui media tradizionali non ha comunque creato quell’eco che abbiamo invece
visto in Internet.
8.
Dopo aver dato un forte impulso alla questione uranio, anticipando molte
altre realtà italiane (da quelle mediatiche e quelle istituzionali),
quali altre battaglie intendete sostenere nell’immediato futuro?
Forse ti ho risposto all’inizio..
e poi c’è lo scudo stellare con la sua rete di antenne planetarie
pericolosissime.. chi lo sa.. intanto fondiamo un eco-villaggio e dimostriamo
come si può vivere in maniera eco-sostenibile a fatti e non a parole!
Le battaglie sono tantissime,
Roberta, e grazie a Dio c’è chi si occupa di transgenico e crea
una banca dati dei semi, chi di PVC, chi di Amazzonia, chi del clima, chi
delle acque, noi continueremo questa battaglia contro le invisibili radiazioni
che ci ammalano lentamente, non saremo comunque complici e denunceremo
ogni crimine contro la Vita che viene perpetrato a questo nostro splendido
pianeta che si sta ribellando.