IL NUOVO
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Tondini e cetrioli: export radioattivo

Viaggio a Cernobyl, fra gli orti colpiti dalle radiazioni del disastro nucleare, dove si continuano a coltivare prodotti carichi di cesio. Nonostante le denunce e gli allarmi. E si continuano ad esportare.
 di Claudio Bernieri
 
“Quanti camion arrivano dalla Russia, dalla Bulgaria, dall’ Ucraina, con materiale che arriva dallo smantellamento di impianti di fabbriche  radioattive”, racconta il tecnico Gianfranco Gariboldi, del Servizio radioprotezione della Lombardia.. “Rottami che finiscono nelle fonderie bresciane... Ricordo che una volta  il contenuto d’un camion russo, ormai fuso a Brescia, ha contaminato quaranta  tonnellate di tondini di ferro. Erano diventati tutti tondini radioattivi. Contenevano il cesio di Cernobyl”. Tondini e poi uomini: due milioni di persone, tra cui 500 mila bambini,vivono nei territori maledetti intorno a Cernobyl, tra Russia, Bielorussia e Ucraina:  una zona grande come metà dell’Italia,  depressa economicamente. Lo stipendio di un ingegnere fisico-nucleare  è di 100 dollari al mese . Ho con me un rilevatore di radioattività. Geiger. Tradotto in valori “curie”( l’unità che misura il fondo di radioattività)  si toccano valori tra il  15  e il 40: a Milano ci sono 0,00005% di curie. Appena fuori dall’aereoporto di Minsk, sulla statale M15, un cartello avverte : “ Attenzione, radioattività, la raccolta dei funghi e delle bacche è consentita con obbligatori controlli radiomedici”.

Ma dovunque latte, cetrioli, funghi, mais , vengono  on solo coltivati nei kolchoz, ma  esportati  tranquillamente verso Mosca e la Polonia. Allevamenti di mucche in zone contaminate, come Gomel ( da uno a cinque curie ) producono latte e carne inquinate dal cesio: cinghiali  provenienti da zone altamente radioattive, abbandonate da tutti , vengono cacciati di frodo, macellati e portati a  Kiev, per farne spiedini. Il professor Victor Averin, direttore dell’istituto di Radiologia di Gomel,  racconta e sospira . Assicura che l’export di cibi al cesio avviene sì, ma non è pericoloso.“ Da, da: perchè per la nostra legge questi sono alimenti puliti “, dice candidamente. E’ il paradosso russo.

Entro a Molchany, un paesetto in provincia di Gomel. Misuro da uno a cinque curie di radioattività nell’aria. Figuriamoci il terreno. Ecco una serra di cetrioli nel kolchoz ”Rivoluzione d’ottobre”: vedo decine di cassette di industrie alimentari americane e europee accatastate in un angolo. Cetrioli “puliti” in  2 km quadrati di serre.   Il direttore Vasili Kelin dice la sua. “Qual è il territorio contaminato?  e chi lo dice?  Quale parametro?  Dov’è la terra pulita nel mondo? È chiaro che  qui abbiamo terra contaminata, ma le nostre norme l’ hanno definita pulita, e allora ? E’ pulita e contaminata insieme. E noi esportiamo cetrioli”. L’ambasciatore italiano a Minsk Stefano Benazzo, a microfono spento, rivela allora di un recente viaggio compiuto nei territori contaminati insieme con gli altri ambasciatori europei. Oggetto della comune preoccupazione: i continui incendi nei boschi radioattivi , alimentati dai bracconieri che qui cacciano i cinghiali che poi verranno venduti a Kiev e trasformati in spiedini o esportati in Polonia. Incendi che trasportano qua e là per l’Europa colonne di fumo.Radioattivo? La verità, è un optional, in Bielorussia.