Unione Sarda 14/12/2001
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Nell’edificio si trovavano il presidente e molti deputati che sono rimasti illesi.
Accuse agli indipendentisti del Kashmir
 
Attacco kamikaze al Parlamento indiano
Dodici morti per l’irruzione di un commando di cinque terroristi
 
 
NEW DELHI Battaglia al Parlamento di New Delhi. Un commando di cinque uomini armati, preparati con ogni evidenza alla morte, è riuscito ad entrare nell’edificio mentre vi si trovavano i membri del governo e un centinaio di deputati. Nello scontro con le forze di sicurezza che ne è seguito sono rimaste uccise 12 persone, tra le quali tutti i terroristi.
Il gigante indiano è sotto shock. Poco dopo l’azione terroristica, il prmo ministro Atal Behari Vajpayee è apparso in tv per dire che si è trattato «non di un attacco a un edificio, ma di un colpo all’intera nazione». Ora, ha detto, si tratta di «rispondere o soccombere», in una lotta senza quartiere contro i nemici del paese. Il ministro dell’interno, L.K. Advani, è stato ancora più perentorio: «Liquideremo i terroristi e i loro finanziatori chiunque siano e dovunque si trovino». Una allusione, questa, che suona come un avvertimento al Pakistan, da sempre accusato dagli indiani di appoggiare i movimenti separatisti armati del Kashmir.
Il presidente pachistan Pervez Musharraf si è affrettato a condannare senza mezzi termini l’attentato. Ma a New Delhi c’è già chi pensa a rappresaglie che potrebbero prefigurare uno scontro tra potenze nucleari. Così come hanno reagito gli americani alla sfida lanciata da Al-Qaida l’11 settembre, così come gli israeliani rispondono agli attentati suicidi dei palestinesi, così sono tentati di fare gli indiani. Non solo difendersi dai terroristi all’interno dei propri confini, ma andarli a scovare laddove hanno i loro santuari, ovvero - secondo l’opinione corrente in India - nel Pakistan (una potenza nucleare come l’India).
Nessuno ha rivendicato l’attentato ma tutti i sospetti si rivolgono verso i kashmiri. Il ministro dell’interno ha fatto notare come l’attacco di oggi ricordi quello di due mesi fa al parlamento statale di Jammu e Kashmir. Né si possono escludere collegamenti con la caduta dei taleban, notoriamente amici dei separatisti islamici del Kashmir (e amici fino a ieri anche dei governanti di Islamabad).
L’attacco al cuore politico dell’India, lo stesso sontuoso palazzo dove nel 1947 fu annunciata l’indipendenza del paese, è cominciato verso mezzogiorno. Sembra che i cinque terroristi siano riusciti a superare con falsi documenti i primi cancelli. Erano armati di fucili Ak-47 e bombe a mano. Avevano inoltre esplosivo attaccato ai vestiti. Quando sono stati scoperti è cominciata una sparatoria che è durata una, lunghissima ora.
«C’era un sacco di gente che sparava. Non capivo chi erano i nostri e chi i terroristi. Non capivo più niente», ha raccontato un deputato.
Deputati e ministri fuggivano terrorizzati. È un miracolo che nessuno di loro sia stato ferito. Alcuni sono rimasti intrappolati nei loro uffici e la tensione non è scemata neppure quando tutti i terroristi sono stati uccisi. Si è scoperto infatti che erano riusciti a introdurre in un cortile un’autobomba, che è stata disinnescata solo dopo ore di un delicatissimo lavoro.
«Non oso neppure immaginare cosa poteva succedere se il commando suicida avesse raggiunto il suo obiettivo», ha detto il ministro dell’interno. Obiettivo che poteva consistere nel sequestro e magari nell’uccisione di tutte le principali personalità politiche del paese, che erano presenti nel Palazzo preso di assalto dove era in corso sia una riunione del governo sia una della Camera.