L’eterna insidia del dottor Stranamore
Un buontempone ha pensato
di scherzarci su, diffondendo in internet un manuale satirico dal titolo
Come farsi l’atomica in casa in dieci facili operazioni. Ingredienti: plutonio
in primo luogo; poi plastilina e pongo per incollare il tutto. Risultato
garantito, un’esplosione da dieci megatoni. Tipo Hiroshima, per intenderci.
Il macabro ricettario deve essere piaciuto a qualche talebano che, poco
prima della fuga da Kabul, hanno factto credere a un paio di inviati inglesi
che in un covo abbandonato di Al Quaeda ci si trastullasse ad accozzare
ordigni nucleari di squisita fattura artigianale seguendo le indicazioni
di un manuale delle giovani marmotte. Una burla, evidentemente. Costruire
un’arma al plutonio non è cosetta da nulla. E il mondo ha tirato
il classico sospiro di sollievo.
Ma se invece del plutonio
si provasse ad usare dell’uranio arricchito con isotopo 235? Facile: «Si
può realizzare un rudimentale ordigno atomico in garage».
Francesco Calogero però
non è un tipo goliardico: il fisico italiano ha ricevuto il premio
Nobel per la pace nel 1995 assieme a Joseph Rotblat, grazie all’attività
del Pugwash Council, un’organizzazione mondiale di scienziati che si propone
di sensibilizzare i governi sulle tematiche del disarmo. Da trent’anni
si occupa di armamenti nucleari, ha svolto numerose ricerche, scritto articoli
e tenuto conferenze allo scopo di divulgare tra studenti e cittadini comuni
la cultura scientifica, con chiarezza ma rifuggendo dalle banalità.
A Cagliari ha inaugurato ieri la seconda edizione di “Scienza società
scienza”, una manifestazione organizzata da varie associazioni di insegnanti
con il patrocinio dell’Università cagliaritana. In calendario, fino
a giovedì prossimo, mostre e dibattiti su temi di grande attualità:
cibi transgenici e biologici, gli effetti dei campi elettromagnetici, ma
anche la chimica delle patatine fritte e, appunto, le armi atomiche.
«Sì,
costruire un rudimentale ordigno nucleare capace di provocare un’esplosione
da dieci chilotoni, equivalenti a dieci milioni di tonnellate di tritolo,
può essere un gioco da ragazzi», spiega il professor Calogero.
«Non occorre essere degli scienziati, basta avere qualche cognizione
e soprattutto essere bravi nel bricolage». Condizione
essenziale: possedere l’uranio arricchito, costosissimo da produrre ma
reperibile in grandissima quantità nell’ex Unione Sovietica, colossale
supermarket mortifero dove se ne trovano sparse qua e là più
di mille tonnellate inutilizzate, cioè un milione di chilogrammi.
Una quantità sufficiente a mettere insieme diecimila aggeggi forieri
di altrettante potenziali catastrofi, le Hiroshima del terzo millennio
che non vorremmo mai scrivere sui libri di storia e sulle nostre coscienze.
Il
pericolo è, secondo Calogero, il venir meno della forza morale del
popolo russo, duramente provato da una crisi economica che diventa sempre
più insostenibile: il bisogno di uomini e donne che percepiscono,
quando va bene, stipendi inferiori ai cento dollari al mese, gioca a favore
di chi intravede illecite possibilità di guadagno nella vendita
di una merce molto richiesta sul mercato dei seminatori di morte.
Un mercato nero dell’uranio arricchito non sarebbe, per ora, una realtà.
Ma sicuramente, avverte Calogero, occorre vigilare. Esiste in proposito
un “programma per la diminuzione del rischio”, elaborato congiuntamente
da Stati Uniti e Russia.
«Ma è ovvio
che gli investimenti per garantire la sicurezza di questi materiali funzionano
fino a un certo punto quando sono fatti nel contesto di una società
in crisi. È preferibile allora eliminare l’uranio altamente arricchito,
un procedimento semplice dal punto di vista tecnologico. Si tratta di de-arricchire
l’uranio scendendo sotto la soglia del venti per cento di isotopo 235.
A quel punto non è più utilizzabile a scopi bellici, è
buono solo per produrre energia. E non è più arricchibile
una seconda volta».
Un accordo in tal senso
stipulato dalle due parti nel 1993 non ha dato i risultati sperati: la
Russia avrebbe dovuto de-arricchire cinquecentomila tonnellate di uranio
per poi rivenderlo agli Stati Uniti. «I soldi investiti, dodici miliardi
di dollari, sarebbero stati recuperati vendendo il materiale alle società
che producono energia. Poi ci si è accorti che importare uranio
non è conveniente», spiega Calogero, che da tempo ha lanciato
la proposta di offrire alla Russia un compenso pari a dieci dollari per
ogni grammo di uranio de-arricchito, una forma di prestito senza interessi:
«Dovrebbero contribuirvi tutti i paesi ricchi». E in fretta:
perché se un conflitto nucleare fra Stati è - secondo il
fisico italiano - assolutamente improbabile, non si può sottovalutare
la minaccia rappresentata dai gruppi terroristici, di non esclusiva matrice
islamica. Scienziati fanatici o spinti dal bisogno di soldi esistono e
sono sempre pronti a vestire i panni del dottor Stranamore.
«Occorrono degli accordi
fra Stati e fra governi. Gli scienziati non possono essere in grado di
arrestare da soli questi processi. Ci sono scienziati in buona o cattiva
fede, è evidente. Questi ultimi possono essere dei veri e propri
mercenari spinti da una situazione economica disperata, penso a coloro
che provengono dall’ex Unione Sovietica. Bisogna controllarli e incentivarli
affinché non vadano in giro per il mondo a vendere le loro conoscenze.
Poi ci sono i fanatici, uomini razionalissimi nell’esercizio delle loro
competenze che servono movimenti estremistici di carattere terroristico».
Professore, anche lei è
sceso in piazza con le bandiera a stelle e strisce?
«No, anche perché
non mi trovavo a Roma. Ma personalmente sono favorevole all’intervento
proprio perché il terrorismo va combattuto ed eliminato. Allo stesso
tempo trovo del tutto rispettabile la posizione contraria, trovo positivo
ed auspicabile che ci siano persone che reagiscono automaticamente contro
la guerra. Un paese in cui ci fosse la tendenza all’approvazione incondizionata
delle misure di guerra mi spaventerebbe molto di più».
Lei si è più
volte espresso polemicamente a proposito dello scudo antimissilistico tanto
caro a George Bush junior.
«È un programma
dissennato che non ha alcuna prospettiva di funzionamento, vorrebbe cautelarsi
da una minaccia di gran lunga secondaria rispetto ad altre ben più
pericolose. Il rischio per gli Stati Uniti di essere colpiti da un missile
è inesistente. La verità è che questa è diventata
una crociata ideologica del partito repubblicano, e c’è da rallegrarsi
che la Russia non faccia a sua volta una contro-crociata. Un ritorno alla
guerra fredda sarebbe catastrofico per l’equilibrio mondiale».
Nel corso della sua conferenza
ha negato l’eventualità di un conflitto nucleare tra Stati. È
davvero così ottimista?
«Sì. Gli unici
focolai a rischio potrebbero essere individuati nei rapporti fra India
e Pakistan, o nel teatro medio-orientale dove ci sono le armi di Israele.
Escludo invece un intervento di tipo nucleare in Afghanistan e trovo irresponsabile
anche solo formulare questa ipotesi».
Bruno Ghiglieri