L'UNIONE SARDA - 23/11/2001
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L’eterna insidia del dottor Stranamore

 
Un buontempone ha pensato di scherzarci su, diffondendo in internet un manuale satirico dal titolo Come farsi l’atomica in casa in dieci facili operazioni. Ingredienti: plutonio in primo luogo; poi plastilina e pongo per incollare il tutto. Risultato garantito, un’esplosione da dieci megatoni. Tipo Hiroshima, per intenderci. Il macabro ricettario deve essere piaciuto a qualche talebano che, poco prima della fuga da Kabul, hanno factto credere a un paio di inviati inglesi che in un covo abbandonato di Al Quaeda ci si trastullasse ad accozzare ordigni nucleari di squisita fattura artigianale seguendo le indicazioni di un manuale delle giovani marmotte. Una burla, evidentemente. Costruire un’arma al plutonio non è cosetta da nulla. E il mondo ha tirato il classico sospiro di sollievo.
Ma se invece del plutonio si provasse ad usare dell’uranio arricchito con isotopo 235? Facile: «Si può realizzare un rudimentale ordigno atomico in garage».
Francesco Calogero però non è un tipo goliardico: il fisico italiano ha ricevuto il premio Nobel per la pace nel 1995 assieme a Joseph Rotblat, grazie all’attività del Pugwash Council, un’organizzazione mondiale di scienziati che si propone di sensibilizzare i governi sulle tematiche del disarmo. Da trent’anni si occupa di armamenti nucleari, ha svolto numerose ricerche, scritto articoli e tenuto conferenze allo scopo di divulgare tra studenti e cittadini comuni la cultura scientifica, con chiarezza ma rifuggendo dalle banalità. A Cagliari ha inaugurato ieri la seconda edizione di “Scienza società scienza”, una manifestazione organizzata da varie associazioni di insegnanti con il patrocinio dell’Università cagliaritana. In calendario, fino a giovedì prossimo, mostre e dibattiti su temi di grande attualità: cibi transgenici e biologici, gli effetti dei campi elettromagnetici, ma anche la chimica delle patatine fritte e, appunto, le armi atomiche.
«Sì, costruire un rudimentale ordigno nucleare capace di provocare un’esplosione da dieci chilotoni, equivalenti a dieci milioni di tonnellate di tritolo, può essere un gioco da ragazzi», spiega il professor Calogero. «Non occorre essere degli scienziati, basta avere qualche cognizione e soprattutto essere bravi nel bricolage». Condizione essenziale: possedere l’uranio arricchito, costosissimo da produrre ma reperibile in grandissima quantità nell’ex Unione Sovietica, colossale supermarket mortifero dove se ne trovano sparse qua e là più di mille tonnellate inutilizzate, cioè un milione di chilogrammi. Una quantità sufficiente a mettere insieme diecimila aggeggi forieri di altrettante potenziali catastrofi, le Hiroshima del terzo millennio che non vorremmo mai scrivere sui libri di storia e sulle nostre coscienze.
Il pericolo è, secondo Calogero, il venir meno della forza morale del popolo russo, duramente provato da una crisi economica che diventa sempre più insostenibile: il bisogno di uomini e donne che percepiscono, quando va bene, stipendi inferiori ai cento dollari al mese, gioca a favore di chi intravede illecite possibilità di guadagno nella vendita di una merce molto richiesta sul mercato dei seminatori di morte. Un mercato nero dell’uranio arricchito non sarebbe, per ora, una realtà. Ma sicuramente, avverte Calogero, occorre vigilare. Esiste in proposito un “programma per la diminuzione del rischio”, elaborato congiuntamente da Stati Uniti e Russia.
«Ma è ovvio che gli investimenti per garantire la sicurezza di questi materiali funzionano fino a un certo punto quando sono fatti nel contesto di una società in crisi. È preferibile allora eliminare l’uranio altamente arricchito, un procedimento semplice dal punto di vista tecnologico. Si tratta di de-arricchire l’uranio scendendo sotto la soglia del venti per cento di isotopo 235. A quel punto non è più utilizzabile a scopi bellici, è buono solo per produrre energia. E non è più arricchibile una seconda volta».
Un accordo in tal senso stipulato dalle due parti nel 1993 non ha dato i risultati sperati: la Russia avrebbe dovuto de-arricchire cinquecentomila tonnellate di uranio per poi rivenderlo agli Stati Uniti. «I soldi investiti, dodici miliardi di dollari, sarebbero stati recuperati vendendo il materiale alle società che producono energia. Poi ci si è accorti che importare uranio non è conveniente», spiega Calogero, che da tempo ha lanciato la proposta di offrire alla Russia un compenso pari a dieci dollari per ogni grammo di uranio de-arricchito, una forma di prestito senza interessi: «Dovrebbero contribuirvi tutti i paesi ricchi». E in fretta: perché se un conflitto nucleare fra Stati è - secondo il fisico italiano - assolutamente improbabile, non si può sottovalutare la minaccia rappresentata dai gruppi terroristici, di non esclusiva matrice islamica. Scienziati fanatici o spinti dal bisogno di soldi esistono e sono sempre pronti a vestire i panni del dottor Stranamore.
«Occorrono degli accordi fra Stati e fra governi. Gli scienziati non possono essere in grado di arrestare da soli questi processi. Ci sono scienziati in buona o cattiva fede, è evidente. Questi ultimi possono essere dei veri e propri mercenari spinti da una situazione economica disperata, penso a coloro che provengono dall’ex Unione Sovietica. Bisogna controllarli e incentivarli affinché non vadano in giro per il mondo a vendere le loro conoscenze. Poi ci sono i fanatici, uomini razionalissimi nell’esercizio delle loro competenze che servono movimenti estremistici di carattere terroristico».
Professore, anche lei è sceso in piazza con le bandiera a stelle e strisce?
«No, anche perché non mi trovavo a Roma. Ma personalmente sono favorevole all’intervento proprio perché il terrorismo va combattuto ed eliminato. Allo stesso tempo trovo del tutto rispettabile la posizione contraria, trovo positivo ed auspicabile che ci siano persone che reagiscono automaticamente contro la guerra. Un paese in cui ci fosse la tendenza all’approvazione incondizionata delle misure di guerra mi spaventerebbe molto di più».
Lei si è più volte espresso polemicamente a proposito dello scudo antimissilistico tanto caro a George Bush junior.
«È un programma dissennato che non ha alcuna prospettiva di funzionamento, vorrebbe cautelarsi da una minaccia di gran lunga secondaria rispetto ad altre ben più pericolose. Il rischio per gli Stati Uniti di essere colpiti da un missile è inesistente. La verità è che questa è diventata una crociata ideologica del partito repubblicano, e c’è da rallegrarsi che la Russia non faccia a sua volta una contro-crociata. Un ritorno alla guerra fredda sarebbe catastrofico per l’equilibrio mondiale».
Nel corso della sua conferenza ha negato l’eventualità di un conflitto nucleare tra Stati. È davvero così ottimista?
«Sì. Gli unici focolai a rischio potrebbero essere individuati nei rapporti fra India e Pakistan, o nel teatro medio-orientale dove ci sono le armi di Israele. Escludo invece un intervento di tipo nucleare in Afghanistan e trovo irresponsabile anche solo formulare questa ipotesi».
 

Bruno Ghiglieri